Il Gruppo Multimedica e la continuità assistenziale

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Vediamo ora come si comporta il Gruppo nella Cardiologia: «la nostra esperienza è legata alla patologia dello scompenso cardiaco e ai pazienti post cardiochirurgici dove le riammissioni sono generalmente legate alla fragilità del paziente e alla cronicità della patologia stessa. In questo contesto», interviene Andrea Capponi, consulente NOC interno Gruppo Multimedica. «Stiamo agendo migliorando e rendendo più comprensibile la lettera di dimissione soprattutto riguardo alle terapie da assumere, con tabelle chiare e semplici e a misura di paziente, alle visite successive di follow-up all’educazione sanitaria fornendo indicazioni su comportamenti e accorgimenti adeguati in relazione alle specifiche patologie, come dieta, introito liquido, misura dei parametri vitali e peso corporeo; effettuando la stessa formazione e informazione non solo ai pazienti ma anche ai loro familiari o a chi li accudisce a casa, insegnando loro a riconoscere anzitempo particolari “campanelli d’allarme”; coinvolgendo il più possibile i medici curanti sia durante la degenza che dopo la dimissione, informandoli anche dei contenuti più significativi della lettera di dimissione e del follow-up dei pazienti stessi; utilizzando la telemedicina e/o il cardiologo di riferimento per il monitoraggio domiciliare della terapia impostata, di eventuali complicanze iatrogene e/o la titolazione di farmaci impostati, tra cui diuretici e Tao. Al momento affrontiamo la continuità assistenziale selezionando i pazienti da avviare a un follow-up più stretto e attento. La selezione è rivolta ai pazienti affetti da labilità del compenso cardiaco. La frequenza del follow-up è decisa, di volta in volta, con accordi presi direttamente con il paziente. Il nostro obiettivo è evitare riammissioni inutili, che possono comportare ulteriori aggravamenti del paziente, insorgenza di nuove patologie, come infezioni nosocomiali talvolta letali, necessità di procedure interventistiche e/o manovre invasive».

Per la Nefrologia si osserva un aumento dell’età media dei pazienti ricoverati in reparto, «che si aggira sui 75-80 anni. Si tratta di pazienti fragili, con numerose comorbilità, e, di conseguenza, terapie complesse. Per evitare inutili riammissioni», sottolinea Sommese, «facciamo sì che al momento delle dimissioni siano fornite al paziente e ai familiari informazioni chiare sulla somministrazione della terapia a domicilio, in particolare relativi a tempi e modalità di assunzione, nonché sugli stili di vita corretti e le abitudini sbagliate. Sempre nell’ottica di ridurre il numero di ricoveri ripetuti comunichiamo, quando opportuno, con il medico di Medicina Generale (MMG) condividendo le scelte terapeutiche in modo da portare al domicilio un supporto specialistico. Nel nostro Centro Dialisi, all’ingresso in terapia emodialitica, il personale medico e infermieristico effettua l’educazione sanitaria del paziente, illustrandogli come gestire l’accesso vascolare per emodialisi, la corretta alimentazione e gli errori che possono determinare ricoveri ripetuti, come per esempio un eccessivo introito di liquidi. Alla dimissione dei pazienti ricoverati più complessi o in caso di comparsa di patologie durante il trattamento emodialitico ambulatoriale, il medico che ha in carico il paziente contatta il MMG per concordare la gestione del paziente al domicilio, soprattutto in caso di presenza di lesioni ischemiche agli arti inferiori, lesioni da decubito o malnutrizione. Sempre con il curante curiamo eventuale necessità di attivazione dell’ADI».

Per concludere, vediamo come viene affrontato il tema nel reparto di Chirurgia Vascolare: «per evitare riammissioni inutili e pericolose in Chirurgia Vascolare bisogna eseguire:

un corretto follow-up, programmato al momento della dimissione mediante visite specialistiche e soprattutto esami non invasivi (ecolordoppler);

un controllo dei fattori di rischio, tra cui diabete mellito, dislipidemia, ipertensione arteriosa e fumo di sigaretta;

un’adeguata terapia farmacologica alla dimissione;

un numero di interventi all’anno da parte del chirurgo vascolare che permette di ottenere un’adeguata esperienza e capacità operativa».

«Se si ha un lieve aggravamento», continua Capponi, «si può gestirlo a livello ambulatoriale. Inoltre, visite e controlli vengono stabiliti progressivamente all’ultimo controllo, con la possibilità di prenotarsi direttamente. Il primo anno il follow-up avviene a 2, 6 e 12 mesi, per poi continuare ogni 6 mesi. In casi necessari si riduce il tempo di follow-up. Utile comunicare con il medico di base mediante e-mail. Ovviamente, in ognuno dei punti sopra descritti, un ruolo di primo livello lo ha l’uso di tutte le possibilità tecnologiche».

Con questo focus abbiamo riassunto: l’importanza della formazione del paziente e dei caregiver per affrontare al meglio il periodo del post dimissioni; la necessità di decidere dei follow-up che siano anche calibrati sulla persona; l’uso della telemedicina e delle tecnologie ogni volta che sia possibile; la collaborazione con specialisti per costruire percorsi di ADI; l’essenziale rapporto e dialogo con il MMG che assiste il paziente.

Questi sono gli ingredienti. Poi, ovviamente e come si è capito, le ricette devono essere formulate di volta in volta mettendo al centro il paziente. In Italia c’è ancora grande disomogeneità in fatto di continuità assistenziale. Le Regioni ci stanno lavorando, qualcuna di più, qualcuna di meno. Questo resta comunque uno dei primi obiettivi della sanità italiana e regionale.

Stefania Somaré