Healthcare Summit 2022: territorio, sostenibilità, innovazione

Lo scorso 1° dicembre il ministro della Sanità Orazio Schillaci, aprendo i lavori dell’undicesima edizione di Healthcare Summit de Il Sole 24 Ore, ha sottolineato che – nonostante la situazione complicata delineata dal post pandemia, dalla guerra in Ucraina e dalla crisi energetica – il Governo ha stanziato per la sanità 2,2 miliardi di euro in più per il 2023.

L’obiettivo del Governo è rimettere la sanità al centro dell’attenzione, puntando in primis a rafforzare della rete territoriale, emersa in pandemia come anello debole ed elemento di maggiore fragilità del SSN.

Il ministro ha quindi sottolineato l’importanza di far funzionare le strutture territoriali, anche di fronte agli aumentati costi, facendo in modo che i cittadini possano vederle come strutture sicure.
Un altro punto affrontato è stato quello relativo al personale del servizio sanitario nazionale; il primo impegno assunto è quello di rivalutare il trattamento economico, in modo che il SSN possa tornare attrattivo.

I temi portanti del dibattito

L’intensa mattinata di lavori ha quindi toccato i tanti temi caldi ancora irrisolti: dalla carenza di personale alle spese Covid non ancora coperte all’importante aumento dei prezzi che hanno fatto lievitare i costi per la costruzione delle case e ospedali di comunità al centro del progetto di sanità territoriale previsto dalla Missione 6 del PNRR.
Una levata di scudi si è alzata dalle industrie del farmaco, strozzate da tetti di spesa e un insostenibile payback.

L’aumento dei costi per la realizzazione delle strutture territoriali

A preoccupare particolarmente è oggi la situazione complessiva in cui versa il SSN che, nonostante l’ulteriore iniezione di 2,2 miliardi di euro per il 2023 (di cui 1,4 miliardi andranno in costi energetici) si trova in una condizione in cui i fondi sono insufficienti a mantenere la situazione in attivo. Con il rischio che, dopo due anni di pandemia, la sanità torni di nuovo Cenerentola. Rispetto alla media OCSE, per un riallineamento del nostro Paese servirebbero infatti 12,5 miliardi di euro.

Non esente da timori anche la concretizzazione e l’avvio dei progetti previsti dal PNRR con l’esplosione dei costi e con uno sforamento del 30% che andrà a determinare la scelta inevitabile di ridurre il numero di strutture da realizzare sul territorio (case e ospedali di comunità) di quasi un terzo, ovvero recuperare altre risorse per portare a compimento una riforma così significativa.

Superare tetti di spesa e payback

A chiedere un intervento radicale è anche la filiera del farmaco, imbrigliata in tetti di spesa e un insostenibile payback che sarà di 4 miliardi nei prossimi 2 anni – con il rischio di mettere in ginocchio la filiera ed essere costretti ad un abbassamento del livello tecnologico dei dispositivi medici e quindi della qualità delle cure – a fronte di 3,1 miliardi inutilizzati della spesa convenzionata.
Con il risultato di penalizzare l’attrattività: già oggi l’Europa sta perdendo terreno in ambito farmaceutico, basti pensare che su 10 farmaci approvati dall’Ema almeno 5 sono americani e 2 giapponesi.
L’industria del farmaco ha bisogno di maggiori incentivi all’innovazione e di una visione strategica in ottica di sistema.

Cruciale anche il superamento del tetto di spesa sul personale sanitario, ormai anacronistico. Anche perché, come è stato più volte ribadito, “non c’è PIL senza salute e non c’è salute senza sanità”.
Occorre promuovere nuove competenze di fronte ad un SSN che sta cambiando pelle nella direzione della prossimità e del domicilio come primo luogo di cura.

Bisogna rilanciare la professione infermieristica che oggi ha perso attrattività, mettendo a punto nuovi ambiti e nuove specializzazioni. Importante definire quindi un modello territoriale basato su studi organizzati e medicine di gruppo che agiscano a livello di spoke territoriale in quanto non è ipotizzabile pensare che i medici di medicina generale – di cui si riscontra peraltro una forte carenza, ma che rappresentano il perno cruciale delle cure primarie – possano andare a lavorare nelle case di comunità.

Ricerca e innovazione

Un altro tema portante della mattinata è stato quello degli investimenti in ricerca e innovazione, settori cruciali sui quali occorre cambiare approccio. L’Italia è difatti uno dei paesi con il più alto tasso di longevità ma nel quale gli ultimi 10 anni vengono vissuti peggio per via delle scarse risorse assegnate alla sanità.

La ricerca negli ultimi 10 anni ha fatto passi da gigante, in primis a livello oncologico e onco-ematologico, ma anche nell’immunologia – emersa come area da attenzionare con la pandemia Covid-19 – e la cardiologia. Importante poi l’introduzione di terapie geniche, cellulari sempre più nell’ottica di trattamenti personalizzati. E numerose sono le novità in pipeline.
Si tratta di trattamenti che hanno migliorato l’aspettativa e la qualità di vita dei pazienti, che richiedono importanti investimenti ma che necessitano di una maggiore spinta e di un quadro regolatorio più incoraggiante.

Elena D’Alessandri