Frost & Sullivan ha rilasciato la ricerca “Digital Hospitals: Creating Growth Opportunities in Patient Care during the Covid-19 Pandemic and Beyond”.
L’intento del report è mostrare come l’uso di sistemi di intelligenza artificiale, robotica e telemedicina possa contribuire fortemente a elevare il livello qualitativo del servizio che ospedali e centri di cura offrono ai pazienti, durante la pandemia.
Contestualmente, il documento vuol mettere in luce come la digitalizzazione di alcune operazioni possa fornire al personale degli strumenti di supporto decisionale aggiuntivi e preziosi.

A fronte dell’incrementato afflusso di pazienti causato dall’emergenza sanitaria gli ospedali stanno infatti lottando su due fronti. Da un lato, sono chiamati a garantire la continuità delle cure a 360 gradi preservando e migliorando la loro produttività.
Dall’altro, debbono assicurare che medici e operatori in genere lavorino in ambienti e condizioni il più possibile protette.
L’attesa è che perciò l’adozione di tecnologie innovative possa aumentare significativamente di qui al prossimo biennio.

Cartelle cliniche elettroniche e design

Secondo il technical insights senior research analyst di Frost & Sullivan Neeraj Nitin Jadhav gli ospedali digitalizzati possono superare le limitazioni tipiche delle strutture tradizionali, date «dalla centralizzazione delle cure in sistemi chiusi», introducendo una strategia innovativa. Basata, quindi, sulla decentralizzazione e su piattaforme interoperabili, oltre che su un approccio proattivo e guidato dai risultati.

«Perché la soddisfazione degli utenti in sede di ospedalizzazione e trattamento migliori», ha osservato Neeraj Nitin Jadhav, «si stanno utilizzando risorse quali le soluzioni di imaging intelligente, la robotica medicale, la telemedicina e i tool di comunicazione, le cartelle cliniche elettroniche e le applicazioni di gestione dei farmaci o di supporto clinico decisionale».

Condizione necessaria per il successo di tali policy è che gli stessi ambienti ospedalieri rispondano ai criteri dello Evidence based design o EBD il cui presupposto è l’idea che il buon andamento delle terapie dipenda anche dalla tipologia degli spazi che ospitano i pazienti e dove i medici lavorano.

Per esempio, si sostiene nel rapporto che con postazioni di lavoro decentralizzate e posizionate immediatamente al di fuori delle stanze il personale possa intervenire più prontamente in soccorso dei degenti riducendo le distanze e necessità di spostamento che caratterizzano le strutture classiche.

Possibilità di sviluppo

Secondo gli analisti, una più ampia diffusione delle tecnologie digitali può generare opportunità a cascata per tutti gli attori coinvolti, inclusi naturalmente i fornitori di tecnologie.
Si prevede non a caso un’ascesa della richiesta di sistemi di tracciamento intelligente dei pazienti, per amministrarne il flusso, l’accettazione e dimissione, le procedure che li interessano.
La disponibilità di sistemi di intelligenza artificiale e di elaborazione dei big data ospedalieri risulterebbe inoltre utile non solo a fronteggiare l’emergenza presente, bensì pure, se non soprattutto, a identificare tendenze e sviluppi futuri, sempre nel segno di una superiore efficienza e qualità del servizio.

Infine, IT e artificial intelligence possono giocare un ruolo importante nell’integrazione delle informazioni raccolte da più centri di cura e dipartimenti, così da potenziare le risorse a disposizione dei team medici locali.
Sugli esiti virtuosi dell’incontro fra le esigenze del paziente e quelle della sanità nell’era del Covid-19 si è soffermata anche McKinsey & Company, altro colosso della consulenza manageriale.

Un suo recente studio relativo ai soli Stati Uniti ha riportato che negli ultimi mesi il numero dei soggetti sottopostisi a visite in remoto è cresciuto di 50-175 volte.
E altrettanto notevole è il fatto che siano gli stessi assistiti, posti di fronte a una possibilità di scelta, a optare per il teleconsulto e l’utilizzo di dispositivi Internet-enabled adeguati.
Analogamente a Frost & Sullivan, il centro per la ricerca e l’educazione in economia, governo e politica estera Brookings Institution ha sottolineato i benefici effetti che una più massiccia fruizione della telemedicina apporterebbe da un punto di vista sociale.

Più equi, più tempestivi

Agevolerebbe cioè l’accesso alle cure a una parte della popolazione che ne è attualmente esclusa, di fatto, e che più patisce gli impatti nefasti della SARS-CoV-2.
Basti pensare che proprio per via della difficoltà di godere di prestazioni sanitarie all’altezza, negli States i cittadini afroamericani denotano un tasso di mortalità da coronavirus più che doppio rispetto a quello di altre etnie.

Tornando poi al boom di investimenti (e conseguenti revenue) che la medicina a distanza sarebbe in grado di favorire, i fornitori di connettività potrebbero senz’altro esserne fra i protagonisti, visto che uno dei vincoli alla popolarità della e-health è dato dalla carenza di collegamenti web a banda larga.

Ne sono sprovvisti addirittura 18 milioni di americani, benché qualcosa si sia mosso con lo stanziamento governativo da 200 milioni di dollari a favore della connected care inserito nel Coronavirus Aid, Relief, and Economic Security Act (CARES).
Poi, ci sono startup come Qventus, capitanata dal 36enne amministratore delegato Mudit Garg e già fornitrice di tecnologie di processo del M-Health Fairview, fra i più grandi ospedali dello Stato del Minnesota.

Insieme al socio Ian Christopher, di cinque anni più giovane, e quasi presentendo l’ingresso del sistema sanitario in un territorio sconosciuto, Garg ha sviluppato e consegnato in 72 ore una suite AI integrata e versatile.
Come ha raccontato Forbes, il nodo da sciogliere per l’odierno panorama della Salute non coincide secondo Garg con la carenza di informazioni in sé, quanto piuttosto con la difficoltà di sintetizzare e rendere disponibili i dati clinici (e critici) in forma intuitiva, con immediatezza.

In gioco, nella fattispecie, la gestione dei ventilatori polmonari e dei referti, di ricoveri e dimissioni, della gerarchizzazione degli interventi.
Essa è facilitata ora dal software Qventus mission control che distribuisce le informazioni al personale elaborando velocemente il contenuto delle cartelle cliniche e dei registri ospedalieri.

Il fatturato di Qventus ha toccato quest’anno i 18 milioni di dollari con un incremento del 50% rispetto al 2019 e sono 40 i clienti acquisiti solamente nel 2020. In più, la società ha messo a punto un applicativo gratuito già adottato da oltre 1.100 organizzazioni e basato su una varietà di modelli epidemiologici.
È di aiuto alle municipalità e alle amministrazioni statali nell’allocazione delle risorse cruciali per il contrasto del Covid-19, dai ventilatori polmonari ai Dpi.

Roberto Carminati