Individuare patologie genetiche a esordio infantile prima che queste diano i primi sintomi, così da avviare percorsi di monitoraggio e/o terapeutici precoci: questo l’obiettivo dello screening neonatale esteso, già effettuato di routine in tutti i punti nascita italiani.

Oggi lo screening copre 49 malattie rare di origine metabolica, ma se fosse possibile ampliare questo numero e, magari, valutare anche patologie di diversa origine? Uno strumento utile al raggiungimento di questo traguardo potrebbe essere il “Whole Genome Sequencing” (WGS), già indicato come efficace da alcuni studi presenti in letteratura per facilitare il processo diagnostico di neonati che presentano già una sintomatologia.

Forte di queste indicazioni, nel 2021 Regione Lombardia ha commissionato uno studio ad hoc per valutare l’impatto della tecnica su neonati asintomatici, con l’idea di sviluppare eventualmente uno screening neonatale di massa.

È nato così lo studio RINGS, acronimo per “sequenziamento del genoma del neonato: fattibilità ed implicazioni cliniche, etiche, psicologiche ed economiche”. Lo studio è stato gestito dalla Fondazione Regionale per la Ricerca Biomedica, coordinato da Fondazione Telethon ETS e realizzato in partnership con UNIAMO Federazione Italiana Malattie Rare e ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo, con il supporto di un finanziamento concesso proprio dalla Fondazione all’ASST bergamasca per la raccolta dei dati clinici.

L’uso del WGS è al momento prematuro

Come si evince dal nome completo dello studio, RINGS non ha solo l’obiettivo di capire se la tecnica WGS può funzionare dal punto di vista clinico, ma vuole anche esplorarne l’impatto etico, psicologico ed economico.

Conferma Francesca Pasinelli, consigliere delegato di Fondazione Telethon: «con il sequenziamento del genoma neonatale siamo oggi in grado di anticipare l’individuazione di un ampio spettro di malattie genetiche rare e quindi di intervenire precocemente e in modo mirato.

Il Progetto RINGS è stato impostato come processo aperto e partecipativo per approfondire tutte le implicazioni di un potenziale screening neonatale di massa. Fondazione Telethon ritiene sia necessario avere un dialogo costante con tutti i portatori di interesse dalle istituzioni regionali e nazionali e internazionali, medici, ricercatori e famiglie perché questa tematica è di importanza vitale e ha effetti di lungo periodo sulla medicina preventiva pubblica, sul sistema sanitario e sulla salute delle prossime generazioni».

Dallo studio emerge chiaramente che al momento utilizzare il WGS per uno screening neonatale di massa sarebbe prematuro, perché non si conoscono ancora tutti i significati clinici delle varianti genetiche che si potrebbero evidenziare. Anche l’idea di circoscrivere solo ad alcune patologie l’uso del WGS pone dei dubbi di carattere etico, dato che avere una indicazione non significa che la malattia di presenterà davvero, se lo farà in età infantile e che conseguenze cliniche potrebbe avere.

Il rischio è di mettere in allarme la famiglia e i piccoli pazienti senza ragione concreta. Ma non solo. I rischi etici possono essere anche più pericolosi, come raccontato dal film di fantascienza “Gattaca” (1997, Andrew Niccol), dove ogni bambino riceveva una mappa genetica completa alla nascita, usata poi dal Governo per stabilire che tipo di vita avrebbe potuto fare da adulto, che lavoro e così via, anche in virtù del rischio di sviluppare l’una o l’altra patologia. Eppure RINGS porta anche buone notizie.

Importante usare WGS per diagnosi secondarie

Come già indicato dalla Letteratura, se si è in presenza di un neonato con sintomatologia compatibile con patologie genetiche o con screening metabolico alterato, allora il WGS può facilitare la diagnosi definitiva.

La dottoressa Maria Iascone, responsabile del Laboratorio di Genetica medica della ASST Papa Giovanni XXIII, sottolinea: «nonostante le scarse evidenze sulla fattibilità di uno screening genetico di massa, dallo studio RINGS emerge l’indicazione sull’opportunità di avvalersi più spesso del sequenziamento dell’intero genoma su pazienti con malattia già conclamata.

Questo in futuro permetterà di risparmiare a molti pazienti e ai loro caregiver lunghe ed estenuanti odissee diagnostiche». Questi primi risultati non spengono il dibattito, che a livello nazionale e internazionale resta acceso.

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