Il ruolo dei dati nella sfera salute delle persone, una ricerca sui cittadini europei

L’adozione rapida e a tratti forzata della tecnologia nel settore sanitario avvenuta negli ultimi due anni è stata accettata da parte dei consumatori, solitamente resistenti al cambiamento? Stando ai numeri della ricerca VMware Digital Frontiers 4.0, sondaggio annuale sui consumatori europei, si direbbe di sì.
La ricerca ha rivelato che oltre la metà (56%) dei consumatori (il 57% in Italia) si sente a proprio agio o, addirittura, si dichiara entusiasta dei videoconsulti medici come primo contatto.

Il 43% si dice propenso all’idea che un membro della famiglia affetto da una malattia cronica, per esempio, che richiedesse un apparecchio per la respirazione, abbia la libertà di vivere più lontano da una struttura medica, perché i sensori e il monitoraggio dei dati possono prevedere in tempo reale quando avrà bisogno di assistenza medica.

In un’ottica più ampia, la ricerca ha anche evidenziato una certa inclinazione da parte dei consumatori ad adottare un maggior numero di applicazioni digitali e di condivisione dei dati.

Quasi la metà (46%, percentuale che tocca il 62% in Italia) si sente a proprio agio o è entusiasta se un medico più qualificato esegue un intervento chirurgico invasivo attraverso la robotica a distanza rispetto a un medico meno qualificato che lo esegue di persona.

Il 61% (72% in Italia), inoltre, si sente a proprio agio o è entusiasta nel disporre di sensori e di un monitoraggio dei dati in tempo reale per consentire a un familiare di prevedere quando e se avrà bisogno di assistenza medica.

«La fiducia è il motore principale di tutto questo. In ambito sanitario, molto più che nel settore retail o finanziario», sostiene Rodolfo Rotondo, Business Solutions Strategy director EMEA, «ci fidiamo quasi ciecamente dei medici che dispongono dei nostri dati perché, come pazienti, permane una chiara demarcazione delle competenze, congiuntamente alla volontà – praticamente scontata – di fornire loro tutto ciò che è necessario alla cura.
Questa inclinazione permane nonostante violazioni dei dati di alto profilo come l’attacco WannaCry del 2017, che ha colpito più di un terzo delle strutture del sistema sanitario nazionale del Regno Unito.
Secondo le ricerche, nel 2021 sono state segnalate in media 1,95 violazioni di dati sanitari al giorno su 500 o più record».

Da un lato, quindi, si potrà prevedere un aumento delle pervasività della tecnologia e dall’altro una riduzione dell’intervento umano, come insegna l’esperienza di diversi ospedali che hanno già utilizzato ampiamente l’intelligenza artificiale.
Un esempio per tutti è quello olandese.
Roel Sijstermans, responsabile IT del Netherlands Cancer Institute, ha dichiarato: «Che si tratti di analisi delle cellule tumorali o di scansioni dei pazienti, siamo fermamente convinti che innovazioni come l’IA svolgeranno un ruolo sempre più cruciale nel futuro della ricerca, della diagnostica e del trattamento del cancro».

«Il futuro dell’healthcare», conclude Rotondo, «dipende dalla capacità delle organizzazioni di liberare il potenziale dei dati, trasformandoli in conoscenza e utilizzandoli per ottenere i migliori risultati per i pazienti.
È questa la nuova frontiera digitale del settore sanitario, che negli ultimi tempi ha fatto passi da gigante non solo per quanto riguarda l’utilizzo dei dati, ma anche per le modalità con cui vengono estratti, archiviati, condivisi e salvaguardati».

Link su VMare Digital Frontiers 4.0 https://www.vmware.com/learn/digital-frontier-4-exec-summary-will-technology-progress-be-stifled-by-data-mistrust.html

Link su WannaCry del 2017: https://www.england.nhs.uk/wp-content/uploads/2018/02/lessons-learned-review-wannacry-ransomware-cyber-attack-cio-review.pdf

Chiara Cominoli