Dopo un primo appuntamento focalizzato sull’utilizzo di Anti TNF alfa e biosimilari in pazienti affetti da IMID in Toscana, svoltosi lo scorso 4 dicembre, il secondo webinar, tenutosi il 14 dicembre, ha puntato l’attenzione sull’impatto del Covid sulla qualità dell’assistenza di quei pazienti all’interno della Regione Toscana.

Anzitutto il webinar ha mostrato i risultati di un’indagine conoscitiva sull’approccio della digitalizzazione nelle cure, survey che ha coinvolto medici e operatori sanitari, mostrando come l’utilizzo del computer durante la pandemia sia incrementato per 6 operatori su 10, con un aumento preponderante dell’utilizzo di cartelle cliniche digitali.
Si è stato riscontrato un incremento significativo nell’utilizzo di sistemi digitali da remoto per mantenere il contatto con il paziente: nel 75% dei casi gli operatori hanno fatto uso di dispositivi personali. Le modalità di interazione prioritarie sono state il contatto telefonico (in oltre il 50% dei casi), email, messaggi e whatsapp.
Al contrario, con i colleghi ha prevalso il telefono, seguito da email e whattsapp. Nel 78% dei casi gli operatori non hanno fatto ricorso a piattaforme sanitarie dedicate per la telemedicina, utilizzate solo nel 22% dei casi, nei quali è stato pressoché esclusivo l’uso della piattaforma regionale. Benché la maggior parte degli operatori abbia confermato che un maggiore utilizzo delle tecnologie apporterebbe benefici anche al paziente, in realtà sono minoritari gli operatori realmente pronti a una “svolta digitale”.

Il sistema informativo unico regionale

Andrea Belardinelli, direttore del Settore Sanità Digitale e Innovazione della Regione Toscana, ha mostrato come la Regione abbia risposto all’emergenza con una piattaforma regionale in grado di mostrare una situazione real-time che aiutasse a fare scelte consapevoli.
«La prima fase dei tamponi è stata caotica, quindi si è proceduto a un’implementazione a livello regionale che, attraverso sistemi di compilazione automatica, mostrasse dati e statistiche dei Covid positivi per area. Ulteriori interventi sono stati messi in atto a partire dalla dematerializzazione della ricetta farmaceutica, con invio (finora) di oltre 7 milioni di codici via sms».
La Toscana ha inoltre regolamentato le televisite a livello regionale anche in termini di compartecipazione alla spesa. Da inizio giugno a fine ottobre sono state erogate 3.387 tele-visite, relative a 1.084 pazienti, con una media di 14 minuti per visita. Per riattivare le visite in presenza è stato messo a punto il sistema “zero code” in base al quale, inserendo i dati anagrafici a sistema unitamente a giorno e orario, al paziente viene comunicato via sms, luogo e orario dell’appuntamento.
Dal Covid sono state acquisite due lezioni: centralizzare e dare visibilità ai dati, cruciali per capire da che parte si stia andando. L’emergenza è stata monitorata sul territorio in modo estremamente puntuale, ed è importante non disperdere quanto acquisito per il futuro.

L’erogazione dei farmaci durante l’emergenza

Claudio Marinai, del Settore Politiche del Farmaco e Dispositivi della Regione Toscana, ha ricordato come durante l’emergenza sia stata consentita la somministrazione domiciliare dei farmaci anche laddove prima era previsto un accesso ospedaliero. Inoltre sono state consegnate forniture di farmaci presso le farmacie ospedaliere volte a soddisfare il fabbisogno per un periodo prolungato.

«L’erogazione di alcuni farmaci attraverso le farmacie ospedaliere ha riscontrato alcuni problemi in piena emergenza», ha dichiarato Fabio Lena, direttore della U.O.C. Politiche del Farmaco Azienda USL 9 Grosseto, «dovuta alle difficoltà di accesso alle strutture. Per facilitare le procedure, la ricetta di alcuni farmaci, che prima doveva essere di esclusiva competenza dello specialista, in fase pandemica è stata consentita anche ai medici di medicina generale».

Riccardo Cecchetti, direttore della UOC Medicina Interna presso il Presidio Ospedaliero di Portoferraio (LI), ha ricordato come le malattie reumatiche, seconde per incidenza solo alle malattie cardiologiche, determinino il 27% delle pensioni di invalidità. Nello specifico l’artrite reumatoide coinvolge circa 300mila soggetti di età compresa tra i 40 e i 60 anni, con una ridotta aspettativa di vita che va dai 3 ai 10 anni. A fronte di questo, e di costi sociali diretti e indiretti notevolissimi, solo il 40% dei pazienti segue in modo corretto le terapie.

«Le innovazioni farmacologiche degli ultimi 20 anni hanno cambiato la vita a questi malati, ma è emersa sempre più l’importanza di modelli organizzativi ospedale-territorio, come ci ha ribadito l’esperienza pandemica».

Modifiche nella presa in carico dei pazienti tra I e II ondata Covid

Molto interessanti i dati della survey presentata dalla Dottoressa Rosaria Iardino della Fondazione The Bridge, che ha puntato ad analizzare eventuali punti di miglioramento nella presa in carico dei pazienti tra prima e seconda ondata Covid
Il campione ha analizzato 5 categorie di pazienti: quelli con patologie cardio-vascolari, diabetici, con fragilità mentali, oncologici e reumatologici.
Nella prima fase pandemica il 58% del campione ha riscontrato problemi di accesso a cure e terapie, il 60% ha riscontrato difficoltà di accesso alle visite ambulatoriali e il rinvio degli interventi chirurgici ha pesato per il 67% degli intervistati. Seppure con una concentrazione marcata in alcune Regioni, le conseguenze della pandemia hanno colpito il 79% dei pazienti no Covid, in alcuni casi in maniera molto grave con un aumento stimato del tasso di mortalità del 16% e un peggioramento delle condizioni di salute per il 39%.
Gli strumenti alternativi finalizzati alla continuità della presa in carico sono risultati inadeguati per il 76% dei rispondenti perchè, insufficienti (25%) o implementati solo in poche regioni (51%).
Nella seconda fase della pandemia le difficoltà nell’accesso alle cure hanno subito un miglioramento, tuttavia è emersa con forza la necessità di un ripensamento radicale dei modelli organizzativi che devono guardare ad almeno 10/15 anni, considerando le professionalità necessarie a supportarli.

Alcune conclusioni

La pandemia ha avuto l’indiscusso vantaggio di produrre un enorme balzo in avanti a livello organizzativo; «l’innovazione tecnologica e la telemedicina si sono dimostrate risorse cruciali ma alcune categorie di pazienti necessitano di essere visitati. Va bene il rinnovo del piano terapeutico a distanza, ma è necessario comprendere se un farmaco vada proseguito o no», ha sostenuto con convinzione Serena Guiducci, professore associato di Reumatologia presso l’Università di Firenze.
I big data sono emersi con tutta la loro importanza in questi mesi, è stato il parere di Marco Matucci Cerinic, Professore Ordinario di Reumatologia presso il Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica dell’Università di Firenze, perché ci consentono di comprendere cosa accade in tempo reale. «Tuttavia, guardando al futuro, la digitalizzazione deve permetterci sempre più di dialogare con i pazienti e migliorare la loro qualità della vita».

Elena D’Alessandri