I ritardi diagnostici delle malattie tumorali portano un progressivo aumento delle denunce per malasanità da parte dei pazienti. È quanto emerso dall’evento di studio per medici legali e avvocati dal titolo “Medicina legale e oncologia. Danno biologico e perdita di chances: scenari valutativi della colpa medica e il ruolo dell’avvocato”, svoltosi in a Roma e curato dall’Istituto Medico Legale con la collaborazione dell’Associazione Italiana Giovani Avvocati.
Negli ultimi anni, i casi di tumore in Italia sono aumentati: alla riduzione dei programmi di screening durante la pandemia è seguito un aumento dei casi diagnosticati una volta che le visite sono gradualmente tornate alla normalità.
I dati sono stati ricordati, nel corso del convegno, da Niccolò Maria Sposimo, medico legale di direzione di Istituto Medico Legale: “Secondo Aiom, Associazione italiana oncologia medica, nel 2023 sono stimate 395.000 nuove diagnosi di tumore: 208.000 negli uomini e 187.000 nelle donne. Dal 2020 al 2023, in tre anni, l’incremento è di oltre 18 mila casi“.
La stessa Aiom stima, però, che in Italia, nel periodo 2007-2019 si siano potute evitare 268.471 morti per tumore, rispetto al numero atteso nel 2003-2006. Questo vuol dire che, grazie ai progressi della medicina, in molti casi il cancro è una malattia curabile, a condizione di una diagnosi tempestiva.
Da questo scenario nasce la preoccupazione degli esperti, perché, insieme al ritardo diagnostico dovuto alla mancanza di controlli nel periodo Covid, c’è anche la casistica degli errori medici. Può trattarsi di un mancato approfondimento, di una sottostima del sintomo riferito dal paziente, di un difetto di lettura degli esami di radiografia, persino di un problema tecnico nell’esecuzione degli esami.
Spiega Niccolò Sposimo: “A oggi, non abbiamo dati statistici sul numero di denunce per ritardo diagnostico oncologico, anche se la nostra esperienza sul campo suggerisce che i casi sono in aumento. Una fonte su cui riflettere è il bollettino statistico di marzo 2024 a cura di Ivass, Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni, sui rischi da responsabilità civile generale e sanitaria. Ivass scrive che, in ambito responsabilità sanitaria, un sinistro su quattro (25,7%) tra quelli gestiti tra il 2011 e il 2022 è finito in contenzioso, con differenze rilevanti tra le strutture sanitarie private (14,8%) e le strutture pubbliche (30,6%)”.
A fronte di questo scenario, si aggiungono casi di giurisprudenza, secondo i quali un ritardo diagnostico dovuto a un controllo superficiale o a un mancato approfondimento, da parte del medico, può portare a una condanna. Un esempio è la sentenza 23252/2019 della Cassazione che ha dichiarato colpevole un medico oncologo per non aver prescritto, dopo un’ecografia, una mammografia di approfondimento. L’ecografia, in questo caso, non aveva mostrato focalità sospette; eppure, la paziente lamentava sintomi che proseguivano anche dopo la cura consigliata. Solo cinque mesi dopo, un successivo controllo aveva evidenziato la presenza di un carcinoma, in stato più avanzato.
Del resto, dagli interventi del convegno del 6 giugno è emerso che “la denuncia per ritardo diagnostico oncologico non sempre si conclude in un giudizio di colpevolezza”, osserva Sposimo. “Non è detto che il ritardo diagnostico sia davvero dovuto a un errore medico. Nella lettura degli esami radiologici, per esempio, può accadere una distorsione cognitiva, nel senso che è più facile, in seguito, vedere i segni di un tumore sapendo che esiste”. Sfiduciati dalla loro esperienza nelle strutture sanitarie, spesso i pazienti sporgono denuncia senza affidarsi a una pre-perizia, che potrebbe esaminare in anticipo le possibilità di sviluppo dell’iter giudiziario.