Infarto e fibrillazione atriale, uno score per valutare ablazione

Spesso infarto e fibrillazione atriale coesistono nello stesso paziente, peggiorandone la prognosi nel tempo. Si stima, infatti, che il 30% dei soggetti infartuati svilupperà fibrillazione atriale e, allo stesso tempo, che la fibrillazione atriale aumenti di 5 volte il rischio di avere un infarto.
Inoltre, un paziente infartuato che sviluppa fibrillazione atriale a un rischio 2 volte maggiore di morire rispetto a uno che non lo fa, mentre un paziente con fibrillazione atriale che incorre in un infarto ha un rischio 3 volte maggiore di morire rispetto a soggetti con solo fibrillazione atriale.

Un modo per rompere questo legame potrebbe essere l’ablazione atriale, ma studi in letteratura suggeriscono che questo intervento non riduca il rischio di morte in tutti i soggetti con entrambe le patologie. Occorre stratificare i pazienti e individuare quelli che possono giovare maggiormente dall’ablazione. Ma come? Durante il congresso della European Society of Cardiology (ESC) è stato presentato uno score che potrebbe aiutare i clinici in questa decisione.

Antwerp è il nome di questo strumento decisionale, che si basa su 4 parametri clinici e di imaging già a disposizione dei clinici: ampiezza del QRS, che se maggiore di 120 millisecondi conta per 2 punti; etiologia nota, che conta per 2 punti; presenza di fibrillazione atriale parossistica, pari a 1 punto; e grave dilatazione atriale, che conta 1 punto. In tutto lo score può andare, quindi, da 0 a 6 punti, dove i valori più bassi danno indicazione che il paziente gioverà dell’ablazione atriale. Ideato presso il Cardiocentro Ticino Institute – EOC di Lugano, in Svizzera, e l’Università di Anversa, in Belgio, lo score è già stato sottoposto a uno studio pilota per valutarne la capacità predittiva.

Avendo ottenuti buoni risultati, il progetto è stato esteso, prendendo il nome di Antwoord: un lavoro retrospettivo che ha visto la partecipazione di 8 centri europei. Gli autori hanno quindi individuato i soggetti con arresto cardiaco, LVEF compromessa e fibrillazione atriale sottoposti ad ablazione negli istituti partecianti: in tutto 605 pazienti, sottoposti a ecocardiografia per valutare la LVEF prima dell’ablazione e dopo 12 mesi dall’intervento. 427 di questi soggetti sono risultati essere rispondenti al trattamento di ablazione, con meno ospedalizzazioni per infarto e mortalità inferiore.
Rivalutati posteriormente con lo score, si è vista una capacità predittiva determinata da un’area sotto la curva di 0,86, con un intervallo di confidenza al 95%.

«Basandoci sui nostri risultati», spiega Marco Bergonti, primo autore dello studio, «i pazienti con un valore di score pari o inferiore a 2 hanno più del 90% di possibilità di recupero. Al contrario, i pazienti con un punteggio uguale o maggiore a 5 hanno una probabilità di recupero inferiore al 20% e, quindi, probabilmente beneficerebbero maggiormente di una diversa strategia terapeutica.
I pazienti nella zona intermedia dello score, invece, hanno una probabilità di recupero del 47% circa, il che suggerisce sia meglio sottoporli a ulteriori analisi, come risonanza magnetica cardiaca, per migliorare la loro diagnosi».
Lo score potrà supportare molti specialisti nella scelta del migliore percorso da utilizzare con i pazienti affetti contemporaneamente da infarto e fibrillazione atriale.