Sono 39 gli infermieri di famiglia e comunità attualmente in formazione che, a partire dal prossimo 26 ottobre, diventeranno operativi sul territorio di competenza dell’ASST Papa Giovanni, ovvero la città di Bergamo e i comuni limitrofi, la Valle Imagna – Villa d’Almé e la Val Brembana.
Destinati ad assumere un ruolo progressivamente più ampio, per il momento questi operatori saranno dedicati al monitoraggio delle persone in isolamento domiciliare, spiegando anche come comportarsi durante l’isolamento stesso, e sosterranno il raccordo con i servizi di prevenzione e cure primarie dell’ATS, con i medici di medicina generale, con i pediatri di libera scelta, con le Unità Speciali di Continuità Assistenziale (USCA) e con le Unità Territoriali per l’Emergenza Sociale Covid-19 (UTES). Infine, contribuiranno alla campagna di vaccinazione anti-influenzale.
I 39 infermieri che stanno concludendo il percorso di formazione sono stati selezionati tra i dipendenti dell’ASST in base alla carriera professionale e a criteri formativi.
Il progetto è stato voluto dalla Direzione delle professioni sanitarie e sociali e dalla Direzione sociosanitaria dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII.
Simonetta Cesa, direttore della Direzione delle Professioni Sanitarie e Sociali dell’ASST bergamasca ha spiegato: «questa nuova funzione infermieristica a livello territoriale completa l’insieme delle figure preposte a garantire la continuità delle cure e della presa in carico assistenziale.
Sostiene, attraverso il lavoro di rete, l’integrazione tra la persona assistita, la sua famiglia e i diversi interlocutori con i sistemi che costituiscono la rete territoriale.
L’infermiere di famiglia e comunità rappresenta una figura chiave per agevolare la conoscenza e l’accesso ai servizi sanitari e sociosanitari e promuovere la salute e la tutela dei singoli individui, delle famiglie e della comunità.
La continuità assistenziale è un obiettivo perseguito costantemente nei nostri servizi attraverso modelli organizzativi e assistenziali sviluppati nel tempo: la centrale delle dimissioni protette istituita nel 2008, le figure di case manager sviluppatesi in particolare nell’ultimo decennio, periodo nel quale è stata anche completata e rafforzata l’organizzazione modulare dell’assistenza in regime di degenza che prevede un infermiere referente per ogni persona assistita.
In questa prima fase, ovviamente, rivolgeremo in particolare le nostre attenzioni alla prevenzione e al contrasto di un’eventuale recrudescenza della pandemia sul territorio, curando da vicino i bisogni sanitari dei cittadini, in piena integrazione con la rete delle figure sanitarie e sociali dei numerosi servizi già esistenti».
Una volta conclusa l’emergenza Covid-19, questi infermieri continueranno ad agire il proprio ruolo nella comunità, facilitando l’accesso ai servizi socio sanitari dei cittadini e promuoverà la salute delle famiglie e della comunità.
Il tutto con un approccio multiprofessionale.
Fabrizio Limonta, direttore sociosanitario dell’ASST Papa Giovanni XXIII, ha espresso i propri ringraziamenti per il progetto in essere. L’introduzione dell’infermiere di famiglia nel tessuto sociosanitario lombardo è stata sancita lo scorso 14 luglio con la Delibera n. XI/3377: questa ha stabilito di assumere 220 infermieri di famiglia su tutto il territorio regionale, stabilendo anche le quote per ogni ASST.
Stefania Somaré