Sono stati presentati a Roma i dati del primo report sulle batteriemie da enterobatteri resistenti ai carbapenemi. Lo studio è stato coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità. Sono 2000 i casi di batteriemie che si verificano in media ogni anno e ne vengono colpiti in particolare pazienti in età tra 65 e 80 anni. Il reparto più colpito è la Terapia Intensiva, seguito da Medicina Generale e Chirurgia. Un altro dato emerso è che la mortalità associata a queste infezioni è di circa il 30% e che l’Italia è il secondo Paese europeo (il primo è la Grecia) con il più alto numero di infezioni per giorni di ricovero.
La resistenza ai carbapenemi è spesso associata a resistenza ad altre classi di antibiotici, compresa la colistina, un vecchio antibiotico utilizzato come rimedio estremo contro questi batteri resistenti a quasi tutti gli antibiotici. «Grazie a questo sistema di sorveglianza abbiamo una dimensione molto più vicina alla realtà relativamente al fenomeno della diffusione di questo patogeno nelle corsie ospedaliere», dichiara Walter Ricciardi (nella foto), presidente dell’Iss. Disponiamo oggi di un’evidenza che ci impone di farne una priorità di salute pubblica e di mettere in campo tutte le risorse disponibili, economiche e non, in tutti gli ospedali per contrastare questo fenomeno: dall’osservazione puntuale del lavaggio delle mani fino all’istituzione di personale sanitario dedicato al controllo delle infezioni e di figure professionali per guidare un appropriato utilizzo di queste molecole. «Essenziale resta il contributo delle Regioni», secondo Ricciardi, «nella segnalazione puntuale del fenomeno per avere un quadro sempre più preciso che ci consenta di fare interventi mirati e comprenderne l’efficacia».
Stefania Somaré