Le infezioni nocosomiali sono un tema sempre attuale. L’utilizzo esagerato degli antibiotici che si è fatto nei decenni passati ha generato ceppi batterici ultra resistenti e difficili da debellare.
A questi ceppi si uniscono quelli che si avvantaggiano della debolezza del paziente per proliferare, un esempio sono le infezioni catetere correlate. Uno studio recente, portato avanti dal Gruppo Interdisciplinare Azienda Sanitaria Firenze/Università degli Studi di Milano e presentato la scorsa settimana a Pisa, dimostra come una “semplice” medicazione nella zona di ingresso del catetere possa ridurre del 60% questo tipo di infezioni, che inevitabilmente portano a un allungamento del ricovero.
Il Gruppo ha anche valutato l’impatto economico di questa medicazione: grazie a un risparmio di 1700 giorni di ricovero l’anno, il Ssn risparmierebbe 15 milioni di euro.
Questo è l’impatto dell’uso di un cerotto con una medicazione antimicrobica trasparente capace di ridurre l’incidenza delle infezioni del sangue. È possibile che, implementando altre buone pratiche e altri strumenti, si possano ridurre ulteriormente le infezioni catetere correlate e quindi aumentare i risparmi e i vantaggi per i pazienti.
La presentazione dello studio è avvenuta a chiusura della campagna 3M “3 a 0” per combattere le infezioni del sangue catetere correlate: per l’occasione 3M ha fatto incontrare i rappresentanti di 16 ospedali del Centro-Nord per far loro firmare una dichiarazione con la quale si impegnano a rispettare delle buone pratiche e recepire protocolli per ridurre notevolmente le infezioni ospedaliere.
Essenziale, in questo percorso, è il ruolo del clinical risk manager e del management sanitario che, insieme, devono dare le giuste indicazioni agli operatori e, al tempo stesso, metterli nelle condizioni di aderirvi fornendo la formazione e i giusti strumenti.
Stefania Somaré