Dalla proposta progettuale al confronto con le preesistenze, dalle soluzioni tecnologiche all’immagine architettonica: il percorso che ha condotto al potenziamento del Policlinico G. B. Rossi visto da uno dei principali protagonisti.
«Il progetto della nuova Clinica Outpatients», spiega l’ing. Francesco Viero, amministratore delegato di Studio Altieri, «nasce all’interno di una più ampia operazione che ha interessato anche l’ampliamento dell’Ospedale Borgo Trento, nel contesto di un project financing al quale abbiamo partecipato assieme ad altre aziende.
Trattandosi di interventi diversi in siti differenti, il gruppo di progettazione è stato articolato in modo da poter affrontare tutte le varie specializzazioni, mantenendo in capo a Studio Altieri sia il coordinamento generale – e, di conseguenza, i rapporti con il committente – sia gli incarichi connessi alla progettazione architettonica e funzionale».
Le idee vincenti
Quali sono stati gli aspetti più significativi del progetto della Clinica Outpatients?
«Rispetto alle previsioni originarie, che contemplavano la realizzazione di un ampliamento posto a lato del preesistente edificio a corte, la proposta progettuale – rivelatasi vincente in sede di gara – si caratterizza per due idee principali:
– innanzitutto la costruzione del nuovo edificio in posizione centrale rispetto al fronte principale del complesso ospedaliero, a costituire un avancorpo destinato prevalentemente alle attività ambulatoriali, in grado di intercettare buona parte dei flussi in ingresso al policlinico;
– non meno importante, la creazione di un anello dei percorsi interni in grado, proprio grazie alla posizione dell’avancorpo, di permettere a personale e ai pazienti interni di spostarsi da un capo all’altro dell’edificio a corte con tragitti molto più brevi e senza la necessità di attraversare i reparti.
Il nuovo assetto plani-volumetrico definisce perciò un vero e proprio nuovo fronte edificato vocato all’accoglienza del pubblico, all’erogazione delle prestazioni a ridotta intensità di cure e alla razionale organizzazione dei percorsi interni, che costituisce una sorta di filtro nei confronti delle aree a maggiore intensità di cure situate nella zona più interna dell’ospedale.
Nel dettaglio, il progetto prevede una zona a vocazione pubblica molto ampia, dotata di servizi generali e commerciali coerenti con gli obiettivi generali del project financing. Per il resto, nonostante lievi modifiche coerenti con l’evoluzione fisiologica del progetto in rapporto alle necessità del committente, la dotazione funzionale del nuovo edificio rispecchia sostanzialmente le richieste poste alla base del bando di gara».
Fiducia e collaborazione
Quali sono state le principali difficoltà affrontate e come sono state risolte?
«In generale, il rapporto di estrema efficacia creatosi fra progettisti, imprese e committente è fra gli aspetti più qualificanti del percorso progettuale. Durante la progettazione definitiva ed esecutiva, una serie di incontri tematici ha permesso la condivisione delle esigenze del committente e delle proposte utili alla ricerca delle migliori soluzioni, facilitando l’instaurazione di un clima di estrema fiducia e collaborazione fra tutti i soggetti coinvolti.
Questo ha consentito lo sviluppo e l’approfondimento concreto del tema progettuale, ponendo le basi per un percorso virtuoso che, evidenziando e risolvendo con anticipo le potenziali criticità, ha anche agevolato la gestione ottimale da parte di tutti gli attori della più complessa fase costruttiva.
Quanto all’ambito prettamente tecnico-progettuale, è opportuno sottolineare due fattori determinanti per lo sviluppo del progetto.
Anzitutto, per ragioni intuibili in sede di gara non era stato possibile indagare con la necessaria precisione tutti i vincoli e le possibili interferenze esistenti fra l’ospedale esistente e l’edificio da progettare. Mi riferisco non solo all’impatto volumetrico della nuova clinica, ma anche alla consistenza delle strutture portanti esistenti e delle reti impiantistiche che si sviluppano nei livelli interrati del policlinico, in corrispondenza dell’area d’intervento.
Anche in questo caso è stata operata una scelta strategica determinante, condivisa con tutti gli attori. Rispetto alle previsioni l’edificio in progettazione è stato leggermente traslato in direzione nord, ottimizzando così la sua posizione anche in rapporto alle esigenze connesse all’attività costruttiva.
In secondo luogo, dovendo creare una continuità all’anello dei percorsi, nella nuova clinica è stato necessario rispettare la scansione verticale dell’edificio esistente, mantenendo la complanarietà dei livelli. Questo vincolo è stato risolto nonostante la presenza, nella nuova clinica, di funzioni ad alta tecnologia che richiedono spazi tecnici di dimensioni più generose, operando sia sullo spessore delle strutture orizzontali, sia prevedendo un interpiano tecnico che occupa due livelli.
Nel primo caso sono stati previsti solai in calcestruzzo armato di tipo post teso, in modo da contenerne lo spessore strutturale in soli 25 cm nonostante l’adozione di una maglia strutturale caratterizzata da luci notevoli – requisito, quest’ultimo, molto importante ai fini della flessibilità spazio-funzionale e della versatilità d’uso degli ambienti.
L’interpiano tecnico si trova in posizione mediana fra i due livelli sottostanti (piani primo e secondo) – le cui aree interventistiche a maggiore contenuto tecnologico sono servite dall’impianto di ventilazione con adeguate portate d’aria – e i livelli soprastanti (piani dal quinto all’ottavo) occupati dalle degenze afferenti ai day service.
La presenza di quest’area “franca” ha inoltre permesso di reindirizzare opportunamente le reti impiantistiche a caduta gravitazionale (pluviali, scarichi ecc.) evitando qualsiasi interferenza fra livelli soprastanti e sottostanti, caratterizzati da un assetto spazio-funzionale molto differente.
Una volta superate queste criticità non abbiamo riscontrato ulteriori difficoltà, anzi tutti gli aspetti più sensibili del cantiere (gestione delle aree e dei percorsi, rumore, vibrazioni, polveri ecc.) sono stati affrontati con modalità ordinarie, senza pregiudizio per il funzionamento dell’ospedale e delle attività universitarie».
Il nuovo volto dell’ospedale
Quali sono gli aspetti caratterizzanti della Clinica Outpatients dal punto di vista architettonico?
«Il trattamento delle facciate costituisce un elemento di rilievo al contempo tecnico ed estetico, in grado di rinnovare profondamente l’immagine dell’ospedale.
Abbiamo optato per un trattamento del volume del basamento secondo linee orizzontali, per conferire continuità rispetto al paesaggio circostante sul quale si proiettano con il corpo del ristorante e la pensilina d’ingresso. Sopra la fascia cieca dell’interpiano tecnico, la parte sommitale del prospetto principale è invece prevalentemente trasparente, con un’alternanza di superfici piane e di elementi sporgenti che ne enfatizzano lo sviluppo verticale.
La facciata è costituita da elementi modulari, rivestiti con vetrate serigrafate alternate a pannelli opachi tamponati con vetrate smaltate che, per effetto delle diverse inclinazioni, assumono riflessi e tonalità cangianti, modificando la percezione complessiva del prospetto al mutare della prospettiva dalla quale si osserva il nuovo edificio».
Come è stata gestita la fase di allestimento degli ambienti successiva alla costruzione?
«Questo aspetto del progetto è stato affrontato già a partire dalla progettazione definitiva, in stretta collaborazione con il committente, definendo sia la dotazione di arredi e apparecchiature, sia i requisiti delle principali apparecchiature fisse quali, per esempio, le travi testaletto.
Il progetto è stato perciò sviluppato puntando alla perfetta integrazione fra le diverse discipline, consentendo poi ai professionisti specializzati incaricati dall’impresa – che si è occupata della fornitura degli arredi e di parte delle apparecchiature – di operare secondo linee guida chiare e condivise, anch’esse frutto di quel clima di fiducia e collaborazione che – è opportuno ribadirlo – ha distinto l’intero percorso progettuale».
Giuseppe La Franca, architetto