La medicina territoriale che verrà, il tavolo congiunto Fiaso-Fnomceo

I fondi in arrivo con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per la medicina dovrebbero consentire un’evoluzione del SSN, riportando in auge i suoi tre principi fondanti: universalità, uguaglianza ed equità.
Perché ciò sia possibile, questa trasformazione non può che dare importanza alla medicina di territorio e prossimità, capace d’intercettare i bisogni di salute e di soddisfarli, direttamente, se possibile, o interpellando altri attori della sanità. Il tutto in una reale continuità ospedale-territorio.

Su queste tematiche è incentrato il tavolo di lavoro congiunto tra Fiaso e Fnomceo, del quale fanno parte: per Fiaso, Luca Baldino, direttore dell’Ausl di Piacenza, Massimo Lombardo degli Spedali Civili di Brescia e Ciro Verdoliva dell’Asl Napoli 1 Centro; per Fnomceo, Guido Marinoni, componente del Comitato Centrale e Presidente dell’Ordine dei Medici di Bergamo, Paola David, componente del Comitato Centrale e vicepresidente dell’Ordine dei Medici di Pistoia, e Mariateresa Gallea, revisore dei Conti supplente di Fnomceo.

L’idea è creare un confronto costruttivo sull’evoluzione della medicina generale, offrendo un contributo concreto al tema della prossimità di cura e presa in carico integrata del paziente, oltre a perpetrare un obiettivo comune alle realtà ospedaliere e territoriali, ovvero “sostenere la trasformazione della sanità territoriale e ospedaliera attraverso un approccio condiviso volto all’innovazione e inserito in una logica di sistema”.

Il primo passo è stato interrogarsi sui nuovi bisogni di salute della nostra società, sempre più pregna di cronicità legate all’invecchiamento, per le quali occorre lavorare di prevenzione prima e cura prolungata poi.
In questo, la medicina generale ha il vantaggio di creare relazioni lunghe medico/paziente, dettate non dalla malattia ma dalla fiducia, fiducia che però ha bisogno di essere rinnovata.

“Fiducia e continuità”, infatti, sono le prime due parole messe in evidenza dal team di lavoro, da tenere sempre in mente quando si progetta l’evoluzione del nostro SSN.
La fiducia medico/paziente aumenta quando la continuità assistenziale è concreta, il medico intesse relazione anche con i famigliari dei pazienti più fragili e anziani e mette in atto processi e risorse per migliorarne la condizione.

Dalla qualità di queste relazioni di fiducia dipende anche la fiducia dei cittadini nel SSN stesso. Vediamo quali sono le altre parole individuate come essenziali: “formazione e competenze”. È noto che i medici di medicina generale sono insufficienti a coprire le richieste dei cittadini, un problema che presto diverrà ancora maggiore con i pensionamenti in arrivo.

Per contrastare questo problema occorre aumentare i numeri d’accesso alle scuole di formazione in medicina generale e formare nuovi medici di territorio già improntati alla modernità e alle azioni previste dal PNRR.
Secondo i membri del tavolo di lavoro, si può pensare di aprire delle scuole universitarie, tipo quelle di specialità, per la formazione dei nuovi medici di famiglia.
Altri due concetti sono poi “lavoro in team e processi di cura”: è importante spronare i medici di medicina generale a collaborare tra loro, nel rispetto delle rispettive unicità e competenze, ma comunque in team.

La medicina generale soffre, per ragioni organizzative, di isolamento: questo non è proficuo. Si è visto che medici che operano insieme in uno stesso spazio condividono risorse e informazioni e lavorano meglio, potendosi inoltre permettere di dotare gli studi di tecnologie più o meno all’avanguardia. Essenziali sono poi i concetti di “capillarità e informatizzazione”: la seconda è strumento per consentire la prima.
Per favorire la capillarità occorre, secondo gli esperti, stimolare in tutte le Regioni la formazione di reti di medicina generale messe in connessione proprio dalle risorse informatiche. Le ultime tre parole sono assistenza integrata, tecnologia e governance.

Nel primo caso è essenziale definire il ruolo del medico all’interno dell’assistenza integrata, ruolo per il momento ancora fumoso. Per “tecnologia” si intende non solo il rinnovo delle apparecchiature diagnostiche presenti negli studi medici, ma anche l’introduzione di sistemi per il monitoraggio a distanza e le televisite, pensando alla realizzazione di piattaforme apposite di telemedicina nei quali i medici di territorio possano essere protagonisti.

Infine, c’è la questione della gestione del territorio, o governance, che deve essere migliorata “consolidando i processi di cambiamento organizzativo già in atto, ridefinendo il ruolo dei medici di Medicina Generale all’interno di un unico sistema integrato, e realizzando l’assistenza di prossimità attraverso l’infermiere di comunità, operante in modo proattivo all’interno del Distretto sanitario”.

Inoltre, si ritiene opportuno che i medici di medicina generale partecipino ai momenti decisionali del Distretto. Un punto, che forse, si intreccia con la discussione in atto rispetto alla necessità o meno di far diventare i medici di medicina generale dipendenti delle ASL.

Stefania Somaré