La legge 24 luglio Liste d’Attesa non piace alle Regioni, Lazio escluso, e solleva alcuni dubbi anche da parte dell’Osservatorio Nazionale Welfare & Salute. Recenti perplessità anche da Fondazione GIMBE.
Quello delle liste d’attesa è un problema che attanaglia i nostri SSR, anche i più virtuosi, costringendo molti cittadini a rivolgersi alla sanità privata per ricevere esami diagnostici e/o visite specialistiche. Il DL Liste d’Attesa è il contributo del Governo al problema: pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 7 giugno 2024 con il titolo “Misure urgenti per la riduzione dei tempi delle liste di attesa delle prestazioni sanitarie”, e convertito in legge il 24 luglio, non manca di alzare malumori.
Regioni esclude dal controllo del sistema
Tra le misure contenute nel testo vi è l’istituzione di un ente di controllo, l’Organismo di verifica e controllo sull’assistenza sanitaria, alle dipendenze dirette del Ministero della Salute.
L’ente ha diritto di accesso diretto, eventualmente con il supporto dei Carabinieri, in tutte le strutture del Sistema Sanitario Nazionale, compresi Irccs e Fondazioni, per verificare che vengano applicati i suggerimento governativi, scelta che non piace alla maggior parte delle Regioni, per le quali “l’attuale formulazione sarebbe lesiva del principio di leale collaborazione”, come indicato dalla Conferenza Stato-Regioni, che sottolinea “si prevede che a fronte delle segnalazioni di cittadini, enti locali e associazioni di categoria, che dovrebbero essere anzitutto trasmesse alle Regioni interessate), l’organismo di verifica e controllo sull’assistenza sanitaria possa accedere presso le aziende sanitarie, scavalcando le Regioni e le Province Autonome, anche avvalendosi del supporto del comando Carabinieri per la tutela della salute”.
Al momento del voto in Conferenza, solo Regione Lazio ha dato parere positivo; tutte le altre si sono dette contrarie al Decreto. C’è almeno un altro aspetto che non piace: il documento non prevede alcun finanziamento aggiuntivo per mettere in atto i cambiamenti richiesti, il che ne rende difficile l’attuazione da parte delle Regioni, già in difficoltà economica. Infine, la Conferenza sottolinea la necessità, quantomeno, di abbattere il tetto di spesa per l’assunzione di nuovo personale sanitario.
Includere la sanità integrativa nel sistema
Dall’Osservatorio Nazionale Welfare & Salute (ONWS) arriva poi un altro appunto al documento di legge, che riguarda la sanità integrativa. Ivano Russo, presidente di ONWS, dichiara: “ho ritenuto utile e opportuno segnalare al Parlamento la necessità che il decreto in discussione contenga misure e proposte per includere anche la sanità integrativa, il cosiddetto secondo pilastro, nella strategia più complessiva di riduzione delle liste d’attesa.
Come è noto, la Sanità Integrativa svolge funzione di supporto al sistema Sanitario Nazionale e tale funzione può essere resa ancora più forte allargandone il perimetro di azione e riformandone alcune dinamiche di funzionamento.
Ho segnalato quindi ai senatori e al presidente Zaffini la necessità che, oltre a una maggior collaborazione tra il primo pilastro e il terzo – la sanità privata, in particolare quella convenzionata – al fine di alleggerire la pressione su liste d’attesa e sul SSN, appare indispensabile includere i servizi e le prestazioni erogate agli oltre 16 milioni di italiani assistiti dalle forme di sanità integrative nelle dinamiche di razionalizzazione delle prenotazioni che il Governo ha inteso porre in essere con l’emanazione di questo decreto.
Mi auguro e ci auguriamo che tali istanze vengano accolte nello spirito di una sanità integrativa sempre più complementare alle necessità del SSN e sempre più strumentale alla reale soddisfazione dei diritti e dei bisogni di cure dei cittadini che devono restare la stella polare di ogni decisone e di ogni iniziativa che si intende assumere a proposito di riforma della sanità”. Vediamo se il Governo terrà conto dei pareri delle Regioni e dell’ONWS, modificando o integrando il testo di legge.