La genetica è sempre più importante in ambito oncologico, perché consente di profilare al meglio il paziente e il suo tumore specifico, dando indicazioni rispetto a quali saranno i trattamenti più efficaci, quale la prognosi, quale il rischio di recidive e così via. Uno degli ambiti oncologici in cui la profilazione genetica è più affinata è certamente quello del tumore al seno. Tra i carcinomi della mammella c’è il tipo istologico lobulare che tende a recidivare più tardi del tumore duttale, colpendo anche organi differenti dal seno o il seno controlaterale.
Questo tumore rappresenta il 10-20% di tutti i tumori al seno. Ovviamente, individuare per tempo le donne con tumore lobulare a rischio di recidiva tarda è importante per stabilire il miglior percorso di follow up possibile. Ecco, quindi, che l’Istituto Europeo di Oncologia di Milano ha avviato una sperimentazione offrendo a tutte le proprie pazienti, e ai loro famigliari donna, la possibilità di effettuare un test genetico specifico, chiamato LobularCard, che analizza 113 geni, offrendo una valutazione del rischio oncologico più affidabile rispetto ai test genetici standard che ne analizzano invece solo 29. Il tutto attraverso un semplice prelievo di sangue. Il materiale raccolto, oltre a favorire il trattamento a lungo termine di queste pazienti e a individuare eventuali famigliari con rischio oncologico, permetterà anche di sviluppare nel tempo terapie molecolari focalizzare sulle mutazioni tipiche di questi tumori.
Spiega Giovanni Corso, responsabile scientifico del progetto di ricerca, finanziato dalla Fondazione Umberto Veronesi: «il mondo della ricerca oncologica pone una grande attenzione a questo tipo di tumore nella convinzione condivisa che una migliore caratterizzazione molecolare porterebbe a progressi importanti nella personalizzazione della gestione terapeutica delle pazienti. Il test LobularCard è un passo avanti in questa direzione perché offre lo studio del più ampio pannello di geni disponibile a livello internazionale».
Paolo Veronesi, direttore del programma Senologia IEO e professore all’Università La Statale di Milano, aggiunge: «LobularCard è una pietra miliare per la cura delle pazienti con tumore lobulare non solo perché identifica quelle ad alto rischio di recidiva, che diventano immediatamente osservate speciali, ma anche perché apre nuovi fronti per trovare farmaci più efficaci, mirati a specifici geni. Per questo le pazienti sottoposte al test partecipano a un ampio progetto di ricerca, che prevede di coinvolgere 1.000 donne in 3 anni. In realtà credo che chiuderemo lo studio molto prima perché da poche settimane abbiamo iniziato ad eseguire il test e le richieste da parte delle pazienti sono già molto numerose. Una conferma in più che le donne credono nell’innovazione e hanno fiducia nella ricerca».
D’altronde, senza la partecipazione di pazienti alle sperimentazioni cliniche e scientifiche non è possibile fare alcun avanzamento in ambito medico: qualunque studio che risulti efficace prima in vitro e poi in animale deve passare anche per l’essere umano.
Stefania Somaré