Malati rari e cronici, visite e controlli rimandate a data da destinarsi

Le prestazioni sanitarie sono di nuovo a rischio e a farne le spese sono soprattutto i più fragili. Da lunedì 10 gennaio è scattato lo stop ai ricoveri programmati e alle attività di specialistica ambulatoriale non urgenti nelle strutture sanitarie pubbliche della Regione Campania (formalizzata da una nota dell’Unità di Crisi regionale del 7 gennaio).

In Piemonte già da fine dicembre diverse ASL si erano trovate costrette a sospendere le viste non urgenti. Campania e Piemonte sono solo però le regioni che hanno ufficializzato l’emergenza (pur formalmente dichiarando che le prestazioni relative alle malattie rare e croniche e alle disabilità gravi non saranno differite): la verità è che all’Osservatorio Malattie Rare giungono continuamente segnalazioni di disagio provenienti da tutto il territorio nazionale.

«Le denunce dei ritardi a danno dei pazienti sono tante, troppe», spiega Ilaria Ciancaleoni Bartoli, direttrice dell’Osservatorio Malattie Rare, «e sembra che nessuna regione italiana sia risparmiata. Il Governo ha stanziato 500 milioni ad agosto e altri 500 milioni sono approvati dalla legge di bilancio, ma i malati rari e cronici non hanno tempo di aspettare, rischiano che la propria situazione si aggravi irreversibilmente, rischiano di morire nell’attesa. È tempo che le risorse siano riallocate in maniera definitiva, creando percorsi dedicati in tutti i presidi. L’emergenza ormai dura da troppo tempo, non è più una questione differibile».

«Le segnalazioni che arrivano alla nostra associazione», spiega Massimo Chiaramonte, presidente dell’Associazione Nazionale Porpora Trombotica (ANPTT), «testimoniano che i pazienti stanno riscontrando difficoltà di accesso alle visite di follow-up, a macchia di leopardo, su tutto il territorio nazionale. Parliamo di ritardi delle visite programmate, ma anche dell’impossibilità di accedere a prestazioni in convenzione, di liste d’attesa infinite, di disagi di varia natura che si susseguono dalla Lombardia alla Sicilia».

«Stiamo riscontrando fortissime difficoltà da parte delle circa 1000 famiglie con disabilità gravissima che rappresentiamo», spiega Fortunato Nicoletti, vicepresidente dell’associazione Nessuno è Escluso, attiva prevalentemente (ma non solo) sul territorio lombardo, «per i nostri bambini anche un controllo sta diventando impossibile. La disabilità gravissima necessita di risorse straordinarie anche per la gestione dei controlli di routine. Considerate che per fare una Tac a una persona con disabilità gravissima è necessario il ricovero in Terapia Sub-Intensiva per almeno una notte, ma i reparti sono stati riconvertiti per la gestione dei pazienti Covid. Di conseguenza i controlli per i nostri bambini e ragazzi sono rimandati a data da destinarsi. Ma le nostre indifferibilità sono diverse da quelle generali, i nostri ragazzi non hanno tempo, non possiamo aspettare».

«Anche dalla Sardegna arrivano notizie pessime», riporta Giorgia Tartaglia, vicepresidente VIPS Onlus e direttivo Coordinamento Lazio Malattie Rare, «parliamo di liste d’attesa lunghissime anche per pazienti oncologici, di attese di quattro o cinque mesi per una visita specialistica dopo la diagnosi. Quando sappiamo bene che nella lotta al cancro il tempismo è tutto. Parliamo però anche della carenza ormai endemica di specialisti, ma anche di medici di medicina generale e pediatri di base, ci sono intere comunità prive di continuità assistenziale. Si tratta di una tragica generale carenza di presa in carico che sta aggravando le condizioni di salute dei pazienti sardi. Le segnalazioni che abbiamo ricevuto sono davvero numerose, tra i molti disservizi abbiamo appreso che lo sportello malattie rare di Sassari di fatto non riesce a garantire attività continuativa. Anche in questo caso non per mancanza di buona volontà ma perché i pochi medici che ci sono devono compensare la carenza generale».

Una denuncia importante arriva anche dai malati reumatologici piemontesi, relativa proprio alle recenti disposizioni della Regione in tema di emergenza Covid-19 relative alla riprogrammazione delle attività ospedaliere e di specialistica ambulatoriale.

«Così si escludono di fatto tutte le attività di assistenza ai malati reumatologici creando disuguaglianza nella assistenza a malati cronici e con disabilità spesso gravissime», si legge nella lettera firmata dal CReI Collegio Reumatologi Italiani e dalla SIR Società Italiana di Reumatologia e da una lunga serie di specialisti e Associazioni dedicate a patologie reumatologiche immunologiche e rare coordinate da Silvia Tonolo e Maddalena Pelagalli.

«Siamo consapevoli della necessità di intervenire, prontamente e con grande forza, per assistere le persone colpite da Covid 19 e per tentare di ridurre la curva dei contagi ma al contempo va presa consapevolezza che tale necessità va avanti ormai da due anni e ha di fatto comportato delle scelte che hanno messo da parte i soggetti affetti da patologie croniche come quelle reumatologiche. Tali scelte hanno generato un’importante lacuna nella gestione e nel trattamento dei cittadini-pazienti affetti da patologie reumatologiche, che hanno visto e subito, il venir meno del diritto alla salute garantito dalla nostra Costituzione, dobbiamo far si che non vengano ulteriormente dimenticati. [….] La sospensione delle attività specialistiche nella prima ondata di infezione ha determinato un ulteriore aumento delle tempistiche delle liste d’attesa per i pazienti reumatologici con danno grave nella loro assistenza. L’adeguata gestione delle cronicità è fondamentale per contenere l’impatto della pandemia. Pertanto chiediamo l’inserimento delle prestazioni di assistenza reumatologica tra le prestazioni necessarie al pari di quelle oncologiche e nefrologiche».

Secondo uno studio di Cittadinanzattiva, pubblicato a ottobre 2021, sono 13 milioni le visite specialistiche sospese a causa del Covid-19, 300 mila i ricoveri non effettuati, 500 mila gli interventi chirurgici rimandati e ben 4 milioni gli screening oncologici posticipati. Una situazione di ritardo endemico ormai non più accettabile.