Malattie neurodegenerative, la presa in cura delle fragilità

L’invecchiamento della popolazione e previsioni di crescita costante di malattie neurodegenerative come Alzheimer e demenza nei prossimi anni, costringono a una riflessione concreta sulla gestione del percorso terapeutico assistenziale di questi soggetti e sull’impatto che questo determina sul nostro SSN.

Un tema al centro dell’evento “La presa in cura delle fragilità. Malattie neurodegenerative e demenze: impatto sociale e sanitario” promosso da Fondazione Roche e da Cooperativa Meridiana, che si è svolto al Paese Ritrovato, il villaggio alle porte di Monza che accoglie persone con Alzheimer e dà loro la possibilità di sentirsi nuovamente parte di un sistema e di una comunità.

Si stima che nell’arco della vita una persona su tre sia destinata a sviluppare una malattia neurologica, che negli ultimi 30 anni il numero di decessi correlati a queste patologie sia incrementato del 39% e che sia destinato a un ulteriore aumento nel prossimo 15ennio, complice il progressivo invecchiamento della popolazione.

Basti guardare alle previsioni relative alla malattia di Alzheimer, demenza che oggi colpisce 600 mila persone e la cui incidenza passerà dai 204.584 nuovi casi all’anno del 2020 ai 288.788 del 2040.

Ripensare la gestione del percorso terapeutico assistenziale di persone con patologie neurodegenerative, che a oggi risulta ancora estremamente frammentata, e l’impatto che questa determina sul nostro sistema sanitario nazionale risulta ormai necessario e urgente.

Una priorità per Fondazione Roche che, insieme a Cooperativa La Meridiana, ha organizzato il 23 febbraio un momento di incontro, dal titolo: “La presa in cura delle fragilità. Malattie neurodegenerative e demenze: impatto sociale e sanitario”, volto a individuare nuove direttrici che rendano questi percorsi più sostenibili.

Coniugare to cure e to care

Al centro dell’evento, il Paese Ritrovato – che ha ospitato l’iniziativa nel proprio teatro – un progetto rivoluzionario, nato nel 2018 per volere della Cooperativa La Meridiana alle porte di Monza e realizzato anche grazie alle donazioni di alcune famiglie di Monza e Brianza.

Il borgo si presenta come una vera e propria cittadina con piazze, vie, cinema, teatro, bar, parrucchiere, negozi, laboratori, orto e giardini, puntando a far tornare i propri ospiti (fino a 64) affetti da malattia di Alzheimer, a essere parte di una comunità. Ed è proprio partendo da questa esperienza che ha preso le mosse l’evento che ha sottolineato l’importanza di puntare a un nuovo modello di assistenza alla fragilità, frutto di un connubio tra cura – intesa come scienza medica – e care – intesa come dimensione umana, etica, affettiva – che miri al recupero della centralità della dignità della persona come valore assoluto, con le sue abitudini, hobby, socialità, affetti.

«Il tema della presa in cura delle fragilità mi sta molto a cuore perché interseca vari problemi che riguardano l’attuale situazione del SSN», ha commentato Mariapia Garavaglia, presidente della Fondazione Roche.
«Le Missioni 5 e 6 del PNRR avevano creato aspettative, che ora mi permetto di definire illusioni, perché i molti finanziamenti messi a disposizione sono destinati principalmente alle strutture e non all’organizzazione di servizi innovativi, fatta eccezione per la digitalizzazione. In particolare, emerge una totale assenza di servizi dedicati alle grandi disabilità dovute alla malattia di Alzheimer e alle demenze.

Le statistiche e la sociologia indicano con chiarezza come dovrà cambiare la presa in carico delle fragilità, intesa tanto come “cure” quanto come “care”. E quindi non solo pura preparazione professionale, ma anche una proposta qualificata di atteggiamenti psicologici verso le persone fragili: dolcezza, attenzione, pazienza. Non solo virtù personali e volontaristiche, bensì scelte terapeutiche che possono restituire ai pazienti la pienezza della dignità che appartiene a ogni essere umano, anche nella sofferenza più profonda e imperscrutabile».

«Coniugare l’aspetto medico scientifico della cura alla relazione umana e culturale è un aspetto fondamentale affinché si possa sempre più migliorare la qualità della vita delle persone malate e di chi lavora con loro», ha commentato Roberto Mauri, presidente della Cooperativa La Meridiana.
«La nostra Cooperativa è da anni impegnata nel contribuire a rinnovare la cultura della cura (…). Riteniamo che la fragilità debba essere assistita e curata, ma al tempo stesso valorizzata. Serve abbandonare lo stigma della malattia, uscire dai luoghi comuni che generano solitudine ed emarginazione.

I malati promuovono percorsi spirituali, propongono rielaborazioni interiori del dolore e della sofferenza, acquisiscono intuizioni che rappresentano ricchezze per la comunità e sfidano la cultura dominante che concepisce la vita come se fosse infinita, senza limiti e immortale. Un’illusione che presto s’infrange sugli scogli della realtà dell’esistenza».

L’importanza della ricerca per le malattie neurodegenerative

L’Italia è insieme al Giappone il Paese con il più alto tasso di longevità. L’invecchiamento della popolazione pone tuttavia di fronte all’aumento di patologie neurodegenerative, di cui è previsto un ulteriore, importante incremento nei prossimi anni.
La ricerca in questo settore rappresenta un elemento insostituibile, anche se è molto costosa e soggetta a numerosi fallimenti, per i benefici che apporta non solo a vantaggio del paziente, ma anche dei suoi caregiver, che di solito sperimentano una qualità di vita ridotta e sono più esposti a malattie.

«Incidenza e prevalenza di demenza sono crescenti all’avanzare dell’età», ha dichiarato Lorenzo Mantovani, direttore del Centro Dipartimentale di Studio sulla Sanità Pubblica dell’Università Bicocca di Milano, «e l’Italia è già oggi uno dei Paesi con la struttura della popolazione più anziana, tanto che la Global Burden of Disease Collaboration identifica il nostro quale uno dei Paesi con il maggior impatto delle demenze. Le previsioni demografiche indicano che la nostra popolazione è destinata a invecchiare ulteriormente e questo è un successo del nostro sistema sanitario.

Un successo che renderà, però, l’entità epidemiologica ancora maggiore. Va ricordato che le demenze, così come tutte le malattie neurodegenerative, non sono malattie solo dell’individuo ma spesso investono la famiglia, generando notevoli costi sia economici, sia sociali, sia umani, inclusa la riduzione della qualità di vita dei caregiver. Se il carico delle malattie neurodegenerative crescerà, questo dipenderà dalla disponibilità di strumenti di prevenzione, diagnosi, trattamento e riabilitazione sempre più efficaci. Per questo sono necessari notevoli investimenti in ricerca».

«Ringrazio Fondazione Roche e Cooperativa La Meridiana per l’impegno quotidiano e per le iniziative di sensibilizzazione e di riflessione che promuovono», ha commentato il ministro per la Disabilità Alessandra Locatelli. «È fondamentale mettere la persona al centro di tutte le azioni e dei servizi, in modo da garantire percorsi mirati e una vita autonoma e indipendente (…). Ognuno ha bisogno di essere al centro di un progetto di vita che contempli aspetti sociali, sanitari e sociosanitari, è questa la strada giusta».