I dati del PNE hanno rivelato che il 27% degli ospedali esegue più di 70 operazioni l’anno per carcinoma al polmone e il 23% almeno 20 interventi di tumore allo stomaco. Questo significa che non tutti i pazienti affetti da questi tumori riescono a essere trattati in centri che rispettano gli standard minimi richiesti dal Ministero della Salute.
Va meglio con il carcinoma alla mammella, ma per essere certi che il paziente si rivolga al centro giusto lo strumento più adeguato è la mappa di Fondazione AIOM – Associazione Italiana Oncologia Medica, che ha dedicato due sezioni del suo sito a “Dove mi curo” e “Come mi curo”.
Occorre ricordare anche che esistono molte differenze nella “qualità” della cura anche all’interno di una stessa Regione.
Fabrizio Nicolis, presidente di Fondazione AIOM, ha dichiarato: «nel 2018 in Italia sono stati stimati 373.300 nuovi casi di tumore. Sempre più spesso i pazienti richiedono informazioni sui luoghi di assistenza adeguati, spinti dalla necessità di identificare gli ospedali specializzati nel trattamento della malattia.
I dati della letteratura scientifica hanno confermato la forte associazione tra volumi di attività chirurgica più alti e migliori esiti delle cure oncologiche.
Vogliamo offrire ai cittadini una panoramica delle strutture sanitarie ad alto volume di chirurgia oncologica. Devono aumentare i centri che rispondono alla soglia minima richiesta di procedure chirurgiche.
Tuttavia, la scelta del luogo di cura deve tenere conto non solo della quantità, cioè dei volumi di attività, ma anche delle buone pratiche assistenziali prima, durante e dopo la chirurgia, obiettivo che può essere raggiunto solo grazie a team multidisciplinari, come avviene per esempio nelle Breast Unit.
È significativo anche il dato sugli interventi di ricostruzione contestuale a un’operazione chirurgica demolitiva per carcinoma della mammella, che nel tempo è migliorato passando dal 35,5% del 2010 al 50% del 2017. Questa procedura consente di semplificare il processo ricostruttivo dell’organo e di ridurre l’impatto psicologico e sociale dell’intervento demolitivo, senza modificare il percorso terapeutico della paziente».
La mappa presente sul sito di Fondazione AIOM contiene numeri presi dal PNE. I numeri sono suddivisi per Regione e per intervento chirurgico, riportando i dati degli ospedali che effettuano un numero totale di interventi superiore a una determinata soglia.
«Questo valore, per ciascuna patologia oncologica, è individuato da fonti nazionali (Decreto Ministeriale n.70 del 2 aprile 2015) e, nel caso di assenza di un riferimento normativo, si è fatto ricorso alla letteratura scientifica internazionale più recente», sottolinea Maria Chiara Corti, coordinatore delle Attività del Programma Nazionale Esiti di Agenas.
«I dati della letteratura sono concordi nel sottolineare che il rischio post-operatorio per i pazienti diminuisce all’aumentare dei volumi di attività delle strutture e dei reparti. Le conoscenze scientifiche, da sole, non consentono di identificare per gli indicatori di volume un preciso e puntuale valore soglia, minimo o massimo, ma è possibile stabilire un intervallo, al di sotto del quale il rischio di esiti negativi aumenta notevolmente».
È dimostrato che la mortalità a 30 giorni dopo l’intervento chirurgico diminuisce decisamente nei centri con almeno 50-70 interventi all’anno per tumore del polmone, nei centri con almeno 50 interventi per carcinoma del pancreas e nei centri con 20-30 interventi per tumore dello stomaco».
Stefania Somaré