Medicina del territorio al centro del PNRR. Le richieste dei pazienti oncologici

Espandere la telemedicina potenziando le reti oncologiche regionali e il Fascicolo Sanitario Elettronico; coinvolgere medici di medicina generale, farmacisti e infermieri di comunità per realizzare il collegamento e la continuità tra ospedale e territorio; assicurare l’accesso in tutto il Paese a marker tumorali, test genomici e dispositivi medici e diagnostici di ultima generazione; promuovere la formazione dei caregiver.

Sono queste le richieste emerse da una indagine su Medicina del territorio e Oncologia promossa dal gruppo di 39 Associazioni pazienti “La salute: bene da difendere, diritto da promuovere”, condotta in collaborazione con AstraRicerche, cui hanno aderito oltre 800 tra pazienti e caregiver di persone oncologiche o emato-oncologiche.

«Nonostante in Italia vi siano i maggiori tassi di sopravvivenza in Europa a cinque anni, i malati oncologici – dichiara Annamaria Mancuso, presidente Salute Donna Onlus – sono lasciati spesso soli e senza un’adeguata assistenza di prossimità, demandando agli ospedali specialistici».

Affermazione che è sintesi delle tante criticità ancora presenti sul territorio e che potrebbero essere in parte sanate approfittando degli oltre 7 miliardi stanziati dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) nell’ambito della “Missione Sanità”, e dagli ulteriori 4 miliardi circa destinati dalla Commissione Europea ai programmi sull’Oncologia. Le associazioni e in pazienti oncologici chiedono nel concreto:

un modello di assistenza territoriale, che promuova e implementi l’uso della telemedicina: secondo il 55,3% dei pazienti rappresenta una risorsa fondamentale per integrare la visita tradizionale, facilitare la comunicazione con l’oncologo (43,5%) e ridurre ove possibile gli spostamenti da un’area all’altra del Paese (40,2%).
«La distanza dal luogo di cura può influenzare l’adeguatezza delle cure sia la sopravvivenza e l’assistenza da remoto, pertanto la telemedicina rappresenta una risorsa importante, rivelatasi preziosa e unico ‘strumento’ per raggiungere il paziente in epoca di pandemia – precisa Luigi Cavanna, presidente Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri (CIPOMO) – la quale deve tuttavia inserirsi in un confronto già attivo tra medico e paziente perché il rapporto umano, la relazione, la visita medica, la conoscenza del caregiver, dei familiari e del contesto sociale sono imprescindibili per poter proseguire con la visita a distanza».

il completamento e potenziamento delle Reti oncologiche regionali (46,5%) per consentire il dialogo tra le Regioni con un’infrastruttura informatica adeguata, e l’implementazione del Fascicolo sanitario elettronico in tutto il Paese (40,9%) per farne il vero e proprio punto di accesso dei cittadini e fruire di tutte le prestazioni del Sistema Sanitario Nazionale (SSN).

la definizione di percorsi di accesso alle terapie, all’innovazione e il pieno coinvolgimento dei medici di medicina generale, farmacisti e infermieri di comunità per rispondere al bisogno di continuità tra ospedale e territorio. Fondamentali, secondo l’indagine, sono ritenuti la formazione del medico di medicina generale per un impiego efficace della telemedicina (33,4%), il supporto di farmacista e infermieri di comunità nella consegna a domicilio delle terapie (54%) e l’assunzione della terapia oncologica, sotto la supervisione dell’oncologo.

l’equità di accesso su tutto il territorio nazionale ai test genomici e alla medicina personalizzata/predittiva per individuare le terapie appropriate (46,9%), a dispositivi medici e diagnostici di ultima generazione resi disponibili su ampia scala e su tutto il territorio (42,5%) come a piani di medicina personalizzata a misura del singolo paziente (40,1%) secondo la medicina di precisione.

l’adeguata formazione e supporto ai care-giver (parenti/amici, badanti/tutor) in tema di assistenza, terapie e dispositivi (49,8%) e quanto comportano, destinando il Fondo triennale per le attività di cura non professionale.

«L’accesso ai test genomici, alla diagnostica di ultima generazione e ai dispositivi medici è un diritto dei pazienti affetti da cancro – sottolinea Antonio Delvino, già Direttore Generale dell’Istituto Tumori Giovanni Paolo II di Bari – come è una priorità la formazione dei caregiver di cui dovrebbero farsi carico i Centri di eccellenza oncologici e onco-ematologici presenti a livello regionale».
Le associazioni chiedono, in definitiva, di essere ascoltate in occasione della stesura degli strumenti di programmazione che riguardano i pazienti, quali il PNRR, il Piano oncologico nazionale, il Piano nazionale della Cronicità e il “Dm 71” di riordino dell’assistenza territoriale. Ovvero di essere includse in ogni Tavolo decisionale: l’esperienza diretta del malato onco-ematoncologico offre un apporto indispensabile per una reale modernizzazione del SSN.

Francesca Morelli