Il monitoraggio a distanza consente di ridurre del 20% le ospedalizzazioni in pazienti post acuti con scompenso cardiaco, broncopneumopatia cronica e diabete mellito. Lo sottolineano i dati di una sperimentazione comparativa da poco conclusa nell’ambito del progetto europeo SmartCare, che ha visto tra i protagonisti la Regione Friuli Venezia Giulia.
Il monitoraggio a distanza, la teleassistenza dei pazienti con l’obiettivo di ridurre le ospedalizzazioni e contribuire così al contenimento della spesa sanitaria raccoglie sempre più interesse nei diversi Sistemi Sanitari Nazionali. Un’esigenza alla quale l’Unione Europea ha dato voce attraverso il progetto sperimentale SmartCare avviato nel 2013, ora concluso, che ha coinvolto oltre 40 partner nei diversi Stati membri e 10 centri pilota, con l’obiettivo di creare un nuovo sistema che consentisse il monitoraggio a distanza e la teleassistenza dei pazienti anziani affetti da patologie complesse o croniche.
Regione virtuosa nel panorama sanitario nazionale, con una lunga storia d’integrazione e innovazione nei servizi socio-sanitari, il Friuli Venezia Giulia è stata capofila di questo progetto per l’Italia, che ha ricevuto nei giorni scorsi il Premio Innovazione in occasione di Smau a Milano. La fase sperimentale in Italia è iniziata a fine 2014 e ha coinvolto oltre 200 pazienti.
Lo studio comparativo
«I pazienti arruolati con criterio di causalità, metà post acuti (cioè in fase di dimissioni dall’ospedale) e metà cronici, soffrivano di scompenso cardiaco, broncopneumopatia cronica e diabete mellito», precisa il professor Andrea Di Lenarda, responsabile scientifico del Progetto SmartCare, direttore del Centro Cardiovascolare Asui – Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Trieste e presidente del Anmco – Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri. «Dei 200 pazienti complessivi, 50 casi cronici e 50 post acuti hanno potuto usufruire dei nuovi sistemi tecnologici, mentre i restanti hanno proseguito l’assistenza domiciliare tradizionale (usual care). Questo studio comparativo si è protratto per un anno per i pazienti cronicie e per 3-6 mesi per i post acuti».
Telemedicina in pratica
H&S, azienda piacentina specializzata nello sviluppo di soluzioni software e hardware con esperienza ventennale nella telemedicina, è stata partner tecnologico in Italia per il progetto SmartCare.
«Abbiamo realizzato un sistema di telemonitoraggio costituito da un hub e da diversi dispositivi deputati a misurazioni ben precise, sia parametri clinici (peso, pressione arteriosa, glicemia) sia parametri ambientali (temperatura, umidità, allagamento, uomo a terra)», spiega Giovanni Rapacioli, ad di H&S. «Questi dispositivi comunicavano all’hub i dati raccolti tramite bluetooth e l’hub, a sua volta, li trasmetteva a un cloud al quale gli operatori sanitari potevano accedere attraverso un portale web.
Alcuni di questi dispositivi potevano essere utilizzati anche fuori casa e potevano inviare i dati, una volta completata la misurazione successiva a domicilio. Il requisito di tutti questi dispositivi era la facilità d’uso e d’installazione a casa del paziente, essendo l’età media dei soggetti molto avanzata. Il telemonitoraggio deve avvenire in modo non invasivo, il paziente non deve quasi accorgersi della presenza dei dispositivi se non nel momento della misurazione, che peraltro può effettuare facilmente premendo un unico pulsante. La trasmissione dei dati avviene in modo assolutamente silenzioso».
Il monitoraggio del paziente
Le informazioni rilevate e giunte al cloud vengono gestite da un data center. «Grazie a un software certificato di secondo grado, il personale è in grado di gestire la triage, cioè il paziente più bisognoso di cure», continua Rapacioli. «Una volta ricevuto un dato anomalo, l’operatore viene allertato. Esemplificando un controllo pressorio, l’allarme può scattare sia nel caso il singolo valore superi una determinata soglia impostata, sia nel caso di un andamento anomalo ottenuto da più rilevazioni. Gli allarmi vengono gestiti da un call center che chiude quelli falsi mentre procede con quelli reali allertando il personale medico-infermieristico il quale può verificare la situazione, come detto, accedendo a un portale dedicato dalla propria scrivania o via tablet se, come nel caso del personale infermieristico, sta operando sul territorio».
Dati incoraggianti per i post acuti
I risultati di SmarCare sono incoraggianti in particolare per il braccio dei post acuti. «Per i pazienti post dimissione, lo studio ha evidenziato una riduzione significativa delle ospedalizzazioni», annuncia Di Lenarda. «Abbiamo, infatti, riscontrato un sensibile calo (oltre il 20%) dei ricoveri per recidiva a distanza di 3-6 mesi e una riduzione complessiva delle ospedalizzazioni nei pazienti in telemedicina di 6-7 giorni. Non altrettanto positivo è stato, invece, il dato per i pazienti cronici, equiparabile nei due bracci, usual care e telemedicina. Il motivo è da ascriversi all’estrema complessità clinica di questi pazienti, spesso in condizioni di comorbilità, di più patologie oltre a quelle monitorate, che possono incidere ugualmente sul rischio di nuovi ricoveri. In generale l’adozione della telemedicina non ha generato problemi nei pazienti molto anziani, i quali l’hanno accolta con particolare favore».
La telemedicina, una soluzione per il futuro?
Gli ottimi risultati nei pazienti post acuti ha convinto la Regione Friuli Venezia Giulia a lanciare un bando di gara per portare a un migliaio il numero di pazienti che potranno essere assistiti in tele monitoraggio. «La Regione si è impegnata a passare dalla fase progettuale sperimentale di SmarCare alla fornitura di un’assistenza sanitaria stabile a sistema. Sarà dedicata esclusivamente ai pazienti con recente instabilizzazione acuta, sempre nell’ambito delle patologie già studiate», conclude Di Lenarda. «La telemedicina potrà rappresentare un interessante strumento per ridurre l’ospedalizzazione e migliorare le condizioni di vita dei pazienti in futuro, come ha evidenziato SmartCare, a patto che ciò avvenga all’interno di una rete clinica organizzata integrata tra ospedale e territorio».
Aggiunge Rapacioli: «In futuro ci sarà sempre più l’esigenza di gestire al domicilio il paziente dimesso dall’ospedale più precocemente. Due, a questo proposito, sono i capisaldi da considerare: la telemedicina, per il monitoraggio del paziente a casa; la compliance terapeutica, l’effettiva adesione, cioè, del paziente alle indicazioni mediche e all’assunzione dei medicinali prescritti. A questo proposito l’Aifa denuncia in Italia una compliance terapeutica del 38,4%, questo significa che il paziente su una confezione di 10 pastiglie prescritte ne assume meno di quattro correttamente. Un dato allarmante al quale si aggiunge una seconda preoccupante statistica: il 50% delle ri-ospedalizzazioni improprie post acuzie nel nostro Paese sono causate da una mancata compliance terapeutica. Si tratta di un problema molto grave a oggi irrisolto. H&S ha realizzato un device brevettato dedicato alla compliance terapeutica del quale partirà a breve la sperimentazione. Grazie a device come questo e alle nuove tecnologie, sempre più pazienti in futuro – anche molto complessi – potranno essere gestiti a domicilio. Sono convinto che la sanità pubblica del futuro si giocherà sempre più a domicilio».
Roberto Tognella