Una migliore comprensione delle esigenze degli utenti, anche in sanità

I sistemi di intelligenza artificiale applicati al settore sanitario sono attesi a una crescita in doppia cifra per il prossimo quinquennio, quando secondo le stime di Frost & Sullivan saranno in grado di supportare i processi decisionali degli staff medici e migliorare la qualità delle diagnosi e delle cure.

Ne parla a Tecnica Ospedaliera Lawrence Lundy, artificial intelligence and Internet of things analyst di Frost & Sullivan.

Quali soluzioni di Ai guideranno il mercato sul breve e sul lungo periodo?
«In realtà, utilizziamo l’intelligenza artificiale ogni giorno, perché è alla base di un vasto numero di servizi e software di uso comune. Gli stessi Netflix, Google e Facebook ricorrono ad algoritmi di apprendimento artificiale per fornire segnalazioni e informazioni pubblicitarie in modo più mirato e per gestire le foto. Gli sviluppi recenti di maggiore rilievo hanno avuto luogo in un’area dell’Ai e dell’apprendimento automatico (machine learning, ndr) detta deep learning, con sistemi che utilizzando data-set molto ampi e ambienti di cloud computing estremamente potenti permettono ai computer di comprendere il linguaggio umano e interpretare i dati visivi. Queste innovazioni sono il fondamento dello sviluppo dei veicoli senza guidatore e ci consentono di dialogare con smartphone o dispositivi indossabili così come faremmo con un amico. Nel medio periodo si arriverà a robot capaci di muoversi agilmente nel mondo circostante e si vedranno droni e robot indirizzati alla gestione della salute dei singoli, o ad attività di vendita al dettaglio, guidati da complessi e sofisticati sistemi di intelligenza artificiale».

Quale sarà il possibile ruolo degli avatar menzionati nel nuovo report di Frost & Sullivan?
«Sono i nostri alter ego digitali e acquisiranno importanza crescente, anche a fronte delle considerazioni di ordine etico e legale che ne caratterizzeranno la diffusione. Ci costringeranno anche a riflettere su cosa significhi essere umani, oggi. Nel breve termine gli smart assistant come Google Now o Siri ricorreranno a tecniche di intelligenza artificiale per acquistare ulteriore intelligenza, appunto, o maggiore sensibilità ai contesti. Poiché tutti ci troviamo ad amministrare carichi crescenti di informazioni e poiché queste moli di dati si riflettono sugli assistenti virtuali, questi si tramuteranno in proiezioni digitali del sé di ogni utente, in grado di capirne le abitudini, i comportamenti, i desideri e i bisogni. Gli avatar agiranno su nostro mandato nei mondi del virtuale e del digitale, magari rispondendo alle e-mail nel modo in cui avremmo risposto noi stessi, di persona. O, conoscendo la nostra agenda, si preoccuperanno di ordinare quello che serve per cena».

Può darci un’idea di quali Regioni o Paesi saranno in prima linea nello sviluppo di sistemi Ai?
«I sistemi di intelligenza artificiale richiedono lo sforzo di sviluppatori talentuosi in sede di realizzazione e hanno bisogno di grandi quantitativi di dati per funzionare in modo accurato. Per questo i servizi di Ai potranno essere messi a punto solo da società che posseggono competenze di apprendimento automatico e dispongono di ingenti set di dati, come le già citate Google e Facebook o come Baidu in Cina. Prevedo la nascita di cluster di laboratori specializzati nell’intelligenza artificiale in tutto il mondo e vicini geograficamente alle migliori facoltà di informatica, specie negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, in Israele e nella Repubblica Popolare Cinese. Ma altre aree beneficeranno dell’opportunità di sfruttare gli strumenti di Ai per applicarli a problematiche molto specifiche. L’esempio viene dalla Nuova Zelanda dove un gruppo agricolo, Pasture Meter, usa i big data e l’intelligenza artificiale per ottimizzare la fornitura di erba per l’alimentazione delle mucche. Ci saranno aziende dotate della stazza e delle risorse adeguate per lo sviluppo di piattaforme di Ai complesse ma l’innovazione procederà anche dal basso verso l’alto con problematiche locali risolte da tecnici locali. I sistemi di artificial intelligence distribuiti, con il supporto di tecnologie come il peer-to-peer e lo Internet delle cose eroderanno progressivamente la tradizionale posizione dominante delle industrie, dei marketplace e delle organizzazioni politiche di stampo classico».

Crede che in ambito medico i professionisti dovranno formarsi una nuova cultura ex novo?
«In realtà, l’intelligenza artificiale aiuta gli esseri umani a relazionarsi con le tecnologie in modo più intuitivo. Con i passi in avanti dell’intelligenza artificiale nell’elaborazione del linguaggio naturale e della visione digitale gli utenti riusciranno a interagire meglio con i computer e a guidarli tramite la comunicazione verbale e gestuale. Il processo di apprendimento sarà perciò più breve di quello imposto dai software più comuni e la comprensione dei bisogni dell’utenza migliorerà molto».

Quali prerogative dell’intelligenza artificiale possono portare alla sanità i maggiori benefici?
«I sistemi di intelligenza artificiale creano valore in tutti i casi di business in cui il dato è in primo piano. Perché quando le informazioni raccolte sono molte, i database e i software tradizionali non possono fornire una corretta analisi dei dati né una loro interpretazione efficace. L’apprendimento automatico è in grado di raccogliere i dati e imparare quel che è davvero utile; per creare dei modelli e ipotizzare delle soluzioni, fare previsioni. Quindi le tecnologie di Ai sono utili per gestire il ritorno sugli investimenti e le performance della forza lavoro, per esempio, e tanto più cresce la quantità dei dati digitalizzati e ospitati su piattaforme cloud, registrati tramite sensori e device, quanto più i sistemi Ai diverranno il solo modo efficiente per amministrare un business».

Roberto Carminati