Nasce l’Osservatorio indipendente sull’accesso alle cure

È stato presentato a Roma l’Osservatorio Indipendente sull’Accesso alle Cure di Fondazione The Bridge – Healthcare Insight, uno strumento che, finita l’emergenza Covid, intende monitorare la trasparenza e l’equa accessibilità ai servizi erogati dal SSN.
Il primo rapporto sulle liste d’attesa ha messo in luce una forte disomogeneità nella raccolta dati tra le diverse Regioni e la mancata interoperabilità.

Con la fine dello stato d’emergenza Covid-19 al 31 marzo 2022, l’Italia va incontro a una nuova stagione sanitaria.
Una stagione in cui i driver principali della sanità saranno: le nuove tecnologie e il digitale, grazie a una efficiente condivisione dei dati sanitari.

«Con l’obiettivo di monitorare le modalità e le possibilità di accesso dei cittadini al SSN, l’Osservatorio indipendente sull’accesso alle cure di Fondazione The Bridge – Healthcare Insights è frutto di un impegno durato 18 mesi, reso possibile grazie a un ampio lavoro di squadra», ha sostenuto la presidente di Fondazione The Bridge, Rosaria Iardino, in occasione della conferenza stampa di presentazione del progetto.

Un’iniziativa che ha coinvolto l’Accademia e numerose Associazioni dei pazienti e che è stata realizzata grazie al sostegno di Banca d’Italia e dell’Unione Buddhista italiana.

«Un progetto», ha sottolineato ancora Iardino, «a disposizione dei cittadini, per consentire loro il diritto a un’informazione verificata, trasparente e comprensibile in ambito sanitario».

L’osservatorio è a disposizione di tutti, in un formato aperto (open data) sul portale online, che ospita, a oggi, circa 1 milione di dati purtroppo ancora disomogenei e per questo non comparabili.

Probabilmente, dopo due anni di emergenza Covid, la fine dell’emergenza pandemica segnerà l’inizio di un nuovo tsunami in conseguenza della prevedibile esplosione di richieste di assistenza di cure non Covid.

È per questo che mettere in evidenza le criticità del sistema sanitario nazionale rappresenta un primo step per poter proporre un confronto con le Istituzioni al fine di trovare soluzioni condivise quanto a raccolta, uso e pubblicazione dei dati.

L’osservatorio sulle liste di attesa: la metodologia

Sulla base di un’analisi delle informazioni reperibili sulle liste d’attesa gestite dalle Regioni in base al Piano Nazionale di Governo delle Liste di Attesa 2019-2021, ed esercitando il diritto di accesso alle informazioni della Pubblica Amministrazione, l’Osservatorio ha inviato alle Regioni delle richieste informative sui tempi medi di attesa per ogni mese del 2019 e del 2020, per ciascuna prestazione ambulatoriale e per ciascuna prestazione di ricovero soggetta a monitoraggio.

I parametri di valutazione adottati sono stati 3: accessibilità, usabilità e completezza, analizzati attraverso indicatori di performance.

L’Osservatorio ha quindi lavorato sui dati al fine di omogeneizzarli tra loro per poter procedere con delle comparazioni.
L’analisi ha considerato i dati dal punto di vista qualitativo, al fine di valutare sia il grado di trasparenza e di accessibilità alle informazioni delle Regioni che il grado di completezza, leggibilità per il cittadino, usabilità e interoperabilità per il tecnico, dei dati forniti.

Inoltre, ha analizzato i dati dal punto di vista quantitativo al fine di ottenere un quadro esaustivo sui tempi d’attesa in Italia.

Infine, ha reso accessibili i dati su un portale online dedicato in formato aperto, secondo una logica di data federation tale da essere utilizzabili da chiunque.

Forti disomogeneità regionali

L’osservatorio restituisce una fotografia caratterizzata da forte disomogeneità nella raccolta dei dati, elemento questo che impedisce una loro confrontabilità facendo venir meno la possibilità di programmazione e pianificazione sanitaria.

«Quello che emerge dal primo monitoraggio dell’osservatorio è abbastanza sconfortante», ha sostenuto Alessandro Venturi, professore di Diritto Amministrativo e Diritto Regionale e degli Enti Locali presso Il Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università di Pavia, nonché responsabile dell’Osservatorio.

«Nel nostro Paese, nonostante sia previsto per il cittadino un sistema di accesso alle informazioni, né il Ministero né le regioni si sono adeguate alla normativa.

Non esiste a oggi una base di dati accessibili e certi che consenta al cittadino di avere una chiara evidenza di quali sono i tempi per accedere alle cure sanitarie, né esiste uno standard di raccolta o di restituzione delle informazioni».

Il rapporto ha evidenziato un Centro debolissimo, ma anche Regioni che non hanno trovato la loro vera identità.

«Perché le cose funzionino bene è necessario uno Stato centrale forte coadiuvato da regioni altrettanto determinate», ha proseguito Venturi.

Non a caso, è emersa anche una incongruenza tra le diverse aziende sanitarie. I diversi enti hanno fornito due tipologie di risposte: il tempo di attesa medio; la percentuale di prestazioni erogate nei tempi prescritti.

Accountability e medicina digitale

Un altro elemento sottolineato è stato quello dell’accountability del SSN. In assenza di evidenze e di trasparenza sui tempi di attesa e di accesso alle cure, molti cittadini stanno virando su una sanità privata pura, elemento questo che rischia di mettere in pericolo l’esistenza stessa del SSN futuro.

Inoltre, la telemedicina oggi rappresenta un concetto molto diffuso ma già estremamente obsoleto. Il futuro risiede nella medicina digitale, un’infrastruttura di prestazioni e di servizi che vanno dalla diagnosi alla cura del paziente. La medicina digitale, però, si nutre di dati. Ne consegue che, in assenza di un’inversione di tendenza, non sarà possibile sfruttare questa importante occasione.

Indicatori di monitoraggio e datalake

I dati rappresentano il core perché possa esserci programmazione e pianificazione sanitaria. Per il futuro occorre superare i tetti di spesa e il modello a silos.

«Perché ci sia integrazione, territorialità, prossimità, telemedicina, interoperabilità e sostenibilità», ha sottolineato Francesco Saverio Mennini, professore di Economia Sanitaria presso l’Università di Roma Tor Vergata, è fondamentale contestualizzare linee guida e PDTA nel sistema sanitario nazionale nell’ottica dell’HTA.
Occorre quindi individuare indicatori di monitoraggio. Tra le criticità: la scarsa tracciabilità dei dispositivi, l’assenza di un database linkage oltre alla succitata disomogeneità di raccolta.

A oggi ogni macrostruttura ha i suoi database senza alcuna interoperabilità con gli altri. Per il futuro occorre creare un datalake in cui i dati possano dialogare tra tutti gli attori presenti».

La necessità di trovare modalità condivise

«Il quadro rilevato dall’Osservatorio si riflette direttamente sulla possibilità per i decisori di pianificare politiche sanitarie coerenti con le effettive necessità del SSN», ha dichiarato ancora Rosaria Iardino. «È responsabilità del sistema centrale far sì che le modalità di raccolta e pubblicazione dei dati avvengano in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale.

Se si considera che la gestione dei tempi di attesa rappresenta uno dei criteri per garantire l’accesso al nostro sistema universalistico, una tale disomogeneità non consente di valutare le performance del sistema stesso e riduce l’opportunità di produrre informazioni indispensabili per attuare una programmazione sanitaria efficiente».

Dalla ricerca emerge l’urgenza di un dialogo tra livello centrale e periferico volto a individuare modalità condivise per rilevare e rendere accessibili e utilizzabili i dati al fine di garantire, da un lato, ai cittadini il diritto a essere correttamente informati, dall’altro, alle Istituzioni di migliorare il sistema di accesso alle cure.

Un progetto a lungo termine

Con l’obiettivo di evidenziare lacune e criticità presenti nel sistema, che determinano difficoltà di accesso al sistema sanitario pubblico, l’Osservatorio si prefigge di monitorare nel medio lungo periodo alcuni macrotemi, con specifiche ricerche, sulle più pressanti urgenze.

«Il lavoro dell’Osservatorio», ha concluso la presidente di Fondazione The Bridge, «rappresenta un punto di partenza per un confronto con le istituzioni affinché si individuino delle modalità condivise per la raccolta, l’uso e la pubblicazione dei dati, poiché solo attraverso un’analisi comparata dei dati regionali e nazionali è possibile comprendere meglio tendenze e prospettive da cui derivare riflessioni e implicazioni per un efficace policy making».

Elena D’Alessandri