Necessaria una visione collaborativa per la sanità post pandemica

Aleksandra Torbica

Gli ultimi due decenni hanno dimostrato con forza che quanto accade in un Paese si riverbera immancabilmente su altri Stati, mettendo in evidenza che non si può più pensare di fare ognuno per sé. Questo vale per la geopolitica, per i cambiamenti climatici e anche per la gestione della salute. Mai come in questo ventennio l’“effetto farfalla” si è dimostrato reale. La pandemia che stiamo ancora vivendo è solo l’ultimo tassello di un puzzle che richiede di essere guardato da un punto di vista differente per individuare nuove strategie di intervento. Ma cosa ci ha insegnato il Covid-19? Anzitutto, sottolinea un recente Report della Commissione Pan-Europea sulla Salute e lo Sviluppo Sostenibile, che i Governi non erano preparati a far fronte a un evento di queste proporzioni, nonostante fosse stato “previsto” da tempo.

La seconda lezione è che non si può pensare a compartimenti stagni: il Sars-CoV-2 sembrerebbe essere passato da animali selvatici all’uomo a causa di un continuo sfruttamento del pianeta e delle sue risorse, comportamento che riduce gli ambienti selvatici in favore di aree antropizzate e facilita contatti che una volta erano più difficili. Terzo, il comportamento di una Nazione inevitabilmente riverbera sulle altre, perché il mondo in cui viviamo è interconnesso e veloce e molte delle barriere che limitavano la diffusione di epidemia sono cadute. Quarto, se si vuole uscire dalla pandemia, dicono gli autori, è necessario uscire dalle logiche di solo profitto e permettere al vaccino di raggiungere anche i Paesi più poveri, ma anche le aree sociali nascoste nei Paesi più ricchi… in altre parole, gli svantaggiati. Uno è quindi il concetto richiamato con forza dal Rapporto, quello di “One Health”, lo stesso che dovrebbe consentire di gestire al meglio anche l’antibiotico resistenza.

Il Rapporto si focalizza su 7 obiettivi, per ognuno dei quali propone delle azioni ben precise che, sperano gli autori, vengano prese in considerazione almeno dai Governi dei 53 Stati che operano sotto l’area di influenza dell’OMS. Tra i punti presi in considerazione dal Rapporto vi è anche la necessità di sanare le divisioni sociali che sono state esacerbate dalla pandemia, sempre perché si vince meglio se si è uniti invece che divisi, e quella di investire in Sistemi Sanitari forti, resilienti e inclusivi, in grado di tenersi la forza lavoro e di gratificarla e di avere le strutture adeguate per rispondere a eventuali nuove pandemia in futuro… un evento tutt’altro che improbabile… ma anche capaci di attrarre investimenti in sanità.

Viene poi richiesto un cambio di visione, ovvero passare da una gestione solo locale della sanità a un management che sia globale e che guardi in avanti. Ma come è possibile raggiungere questi obiettivi che sono decisamente alti? D’altronde, i Governi si riuniscono da parecchi decenni oramai, firmano trattati e piani strategici, ma poi, quando è il momento di metterli in pratica, spesso non ne sono in grado o prevalgono gli interessi di pochi. Gli autori forniscono ai lettori una serie di consigli pratici e di linee strategiche, con tanto di livello di coinvolgimento (locale, sovranazionale) e di tempistiche entro cui realizzare i vari aspetti. Quindi non ci sono scuse. Tra i firmatari del documento ci sono anche Mario Monti e Aleksandra Torbica, rispettivamente presidente della Bocconi e direttore del CERGAS Bocconi.

Stefania Somaré