Gli sviluppatori sono ricercatori dell’Istituto di Fotonica e Nanotecnologie e dell’Istituto di Ricerca Genetica e Biomedica del CNR, del Politecnico di Milano e di Humanitas. Lo studio è pubblicato su Nature Communication.
Un filtro che, se applicato alla spettroscopia Brillouin, consente di misurare l’elasticità di strutture sub-cellulari, come per esempio i tessuti ossei. Un’innovazione importante perché promette di ampliare le applicazioni della spettroscopia Brillouin in ambito biomedico: questa è una tecnica ottica avanzata che, senza contatto fisico e in modo del tutto non invasivo, permette di analizzare le caratteristiche di strutture sub-cellulari.
La tecnica presenta, però, una limitazione: rileva segnali ottici così deboli da venire facilmente sovrastati dai disturbi del campo, tanto che la stessa luce utilizzata per eccitare il campione da analizzare diventa un disturbo.
La situazione peggiora ulteriormente se il campione da analizzare è torbido, come per esempio i tessuti ossei. Queste caratteristiche riducono sensibilmente i campi d’azione della tecnica. Grazie al nuovo filtro, birifrangente, si possono abbattere i disturbi luminosi, rendendo la spettroscopia di Brillouin più efficace.
Lo sviluppo del filtro è stato effettuato da un team di ricerca milanese, afferente al Politecnico, al Consiglio nazionale delle ricerche con l’Istituto di fotonica e nanotecnologie (CNR-IFN) e l’Istituto di Ricerca Genetica e Biomedica (CNR-IRGB), a Humanitas e alla startup Specto Photonics.
L’importanza del nuovo filtro
Spiega Cristian Manzoni, ricercatore del CNR-IFN tra gli autori del lavoro: «questo filtro, estremamente compatto, è in grado di sopprimere con un livello di attenuazione senza precedenti i forti disturbi dovuti alla luce di eccitazione. Grazie al filtro, è stato possibile finalmente acquisire immagini ad alta risoluzione delle proprietà elastiche di vari campioni dove i disturbi ottici sono solitamente dominanti, come per esempio i tessuti ossei».
Il filtro si chiama Birefringence-Induced Phase Delay (BIPD) ed è stato testato su un modello sperimentale di una rara malattia genetica che interessa le ossa, l’osteopetrosi, nella quale la densità ossea è maggiore rispetto alla norma. I ricercatori hanno studiato il campione applicando alla spettrometria di Brillouin il nuovo filtro, riuscendo finalmente a osservare le alterazioni delle proprietà meccaniche tipiche della patologia, su scala micrometrica.
Ciò porta nuove possibilità alla ricerca biomedica, perché apre la porta a uno studio pi approfondito delle patologie ossee, e non solo. Il filtro può essere usato su campioni istologici o patologici di altra natura.
Giulio Cerullo, professore ordinario presso il Dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano e tra gli autori del lavoro, spiega: «si è trattato di un importante passo avanti verso l’uso sempre più diffuso della spettroscopia Brillouin in applicazioni cliniche e diagnostiche». Lo studio, pubblicato su Nature Communication, è estremamente dettagliato e fornisce tutte le caratteristiche tecniche del filtro.