Nuovo risk score poligenetico per le dislipidemie

Le dislipidemie possono avere una base genetica, la ricerca medica le ha più volte analizzate tramite studi di associazione a livello di genoma per individuare nuovi target farmaceutici da utilizzare in clinica.
Nel tempo la nostra capacità di ridurre i livelli di colesterolo a bassa densità è cresciuta notevolmente ma, nonostante ciò, le malattie cardiovascolari causate dalle dislipidemie sono ancora la prima causa di morte al mondo.

Ecco perché occorre continuare a studiarne le associazioni genetiche. Dal momento che la maggior parte degli studi di questo genere è stata condotta su popolazioni di origine europea, è possibile che si sia persa una serie di informazioni utili a stabilire percorsi di cura efficaci.

Themistocles Assimes, professore associato di medicina cardiovascolare presso la Stanford University School of Medicine, spiega una possibile conseguenza di questa mancanza: «è possibile che gli score di rischio clinico sviluppati sin qui non facciano che esacerbare le disuguaglianze sanitarie, essendo molto più efficienti nei bianchi che in soggetti di altre etnie, come per esempio gli americani africani».

Per colmare le lacune esistenti e confermare questa ipotesi è stato condotto un ampio studio internazionale che ha coinvolto più di 600 autori e i dati genomici di oltre 1 milione e 65 mila soggetti, derivati da 201 studi primari.

Sono sette i gruppi ancestrali coinvolti, tra i quali quelli africano, europeo, ispanico, asiatico del sud e asiatico dell’est. I dati sono stati prima organizzati dal Global Lipids Genetics Consortium, gruppo internazionale che studia le influenze genetiche dei tratti lipidici, e poi sono stati sottoposti a una serie di metanalisi.

Quando si cercano correlazioni tra particolari mutazioni genetiche e una patologia è raro che il percorso sia semplice: nella maggior parte dei casi, il maggiore o minore rischio di sviluppare una malattia è determinato da una serie di geni mutati.
Trovarli tutti richiede tempo, pazienza e database molto ampi, come appunto quello usato in questo studio.

Gli autori hanno infatti ottenuto risultati interessanti, in primis la realizzazione di uno score di rischio poligenetico in grado di funzionare con appartenenti a differenti etnie. A detta degli autori, non importa se i dati non europei sono ancora pochi: sono comunque sufficienti ad aumentare la complessità della ricerca e a migliorarne gli esiti. Lo studio è utile non solo per quanto riguarda le dislipidemie: lo stesso approccio potrebbe essere utile anche per altre malattie, sebbene l’ipotesi debba essere associata.

(Lo studio: Graham, S.E., Clarke, S.L., Wu, KH.H. et al. The power of genetic diversity in genome-wide association studies of lipids. Nature (2021). https://doi.org/10.1038/s41586-021-04064-3)

Stefania Somaré