OMS: la rivoluzione digitale non porti disuguaglianze

La sanità si appresta a essere investita da una rivoluzione digitale, ma milioni di persone (es. anziani, disabili, comunità rurali) rischiano di restare escluse o indietro. È la preoccupazione manifestata dell’Ufficio europeo dell’Oms nell’ambito del “Symposium on the Future of Health Systems in a Digital Era in the European Region”, svoltosi a Porto con focus sul futuro dei sistemi sanitari nell’era digitale.

Nell’ambito del summit – coinvolti i 53 Paesi della regione europea dell’OMS (inclusa anche l’Asia centrale) – è stato rilasciato un report da cui emerge che solo la metà dei Paesi del vecchio continente ha messo in atto politiche volte a superare il “digital divide”, la cui persistenza può porre a rischio il diritto alla salute. Solo un Paese su due, dunque, “ha adottato politiche volte a migliorare l’alfabetizzazione digitale in sanità”. Ma “ciò significa che milioni di persone in tutta la regione non sono ancora in grado di beneficiare della tecnologia sanitaria digitale”.

Negli ultimi anni l’adozione di soluzioni digitali nel settore sanitario è aumentata in tutta la regione europea dell’OMS. Le soluzioni digitali stanno trasformando il modo in cui vengono diagnosticate e trattate condizioni che vanno dal cancro al diabete alla salute mentale.

Ciò nonostante, “sebbene in molti Paesi la pandemia di Covid-19 abbia accelerato lo sviluppo e l’adozione di strumenti e politiche sanitarie digitali in risposta ai lockdown e al distanziamento sociale”, il report evidenzia che “c’è ancora molto lavoro da fare”. Dall’analisi dell’OMS Europa affiora poi che “la stragrande maggioranza dei Paesi della regione, 44, hanno una strategia nazionale per la salute digitale”.

A tale proposito, risultano sempre più diffuse pratiche come la telemedicina oppure il monitoraggio da remoto dei pazienti (nel 77% degli Stati), la prescrizione elettronica (82%), i sistemi di valutazione degli esami da remoto (teleradiologia) – e “tutti i 53 Stati membri dispongono di una legislazione che tutela la privacy dei dati personali”. 

Al contempo, come anticipato il rapporto rimarca “lacune significative e aree di miglioramento”. Un esempio su tutti, “solo 19 Paesi hanno sviluppato linee guida su come valutare gli interventi di sanità digitale, elemento fondamentale per accertarsi che siano sicuri ed efficaci; poco più della metà ha sviluppato politiche per l’alfabetizzazione sanitaria digitale e ha implementato un piano di inclusione digitale”, e “molti non dispongono ancora di un’entità dedicata responsabile della supervisione delle app per la salute in termini di qualità, sicurezza e affidabilità”.

L’Agenzia ha rilevato che nella sfida della Digital Health, uno dei pericoli fondanti “è il divario sanitario che si crea a causa di un’implementazione e di un’adozione non uniformi delle soluzioni digitali”.

Ritenendo altresì che “questa disuguaglianza deve essere affrontata urgentemente attraverso investimenti mirati in tecnologia, sviluppando competenze e capacità anche fra gli operatori sanitari, in modo che tutti possano accedere e utilizzare con sicurezza gli strumenti della sanità digitale.

In particolare, le persone che hanno maggiori probabilità di trarne beneficio” e che per “una triste ironia” – sottolinea il direttore regionale europeo dell’OMS, Hans Kluge – sono spesso le medesime “con competenze digitali limitate o assenti, come gli anziani o gli abitanti delle comunità rurali”. 

Quindi Kluge – che si è espresso sull’uso, sempre più massiccio, dell’Intelligenza Artificiale ammettendo che nell’assistenza sanitaria la vera minaccia legata alla presenza dell’IA è la “mancanza di regolamentazione” – ha ammonito in merito alla corsa collettiva verso il futuro digitale (“mentre corriamo dobbiamo porci alcune domande importanti: se i suoi benefici saranno inclusivi, se i nostri dati saranno sicuri e protetti, quale impatto avrà sul personale sanitario”).

Infine, le raccomandazioni più importanti dell’Agenzia, che – per voce di Natasha Azzopardi-Muscat, direttrice OMS Europa per le politiche e i sistemi sanitari nazionali – spaziano da fornire a ogni famiglia e comunità l’accesso a una banda larga affidabile e a basso costo a garantire che i dati sanitari siano sicuri e protetti”, da “rendere interoperabili gli strumenti sanitari digitali, comprese le cartelle cliniche elettroniche, nei Paesi e fra Paesi diversi a colmare il divario di genere nelle competenze digitali.