Al via in Lombardia il progetto pilota sviluppato dall’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano insieme all’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano e all’ASST di Cremona con il patrocinio dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica.

In Italia, attualmente, sono 3,6 milioni circa gli italiani sopravvissuti a una diagnosi di tumore. Grazie ai continui e sorprendenti progressi della medicina ci si troverà, presto, di fronte a un numero sempre crescente di pazienti oncologici che cronicizzano la malattia o convivono con essa molto a lungo; ciò comporterà, per il servizio sanitario, un sicuro aggravio di gestione e costi.

Appare quindi necessario investire in soluzioni che vadano nella direzione di una sempre più pervasiva assistenza territoriale, soprattutto in un periodo come questo in cui l’enorme stress test rappresentato dalla pandemia da Coronavirus ha messo in luce le fragilità del nostro sistema sanitario nazionale.

Nell’ultimo anno la protezione dei pazienti oncologici – più fragili e quindi più esposti a complicanze severe dell’infezione da Sars-Cov-2 – è diventata una priorità.

È nato proprio sotto questa spinta OncoHome, «un progetto apri-pista per una modalità assistenziale diversa da attuare sul territorio», ha sottolineato Filippo de Braud, direttore del Dipartimento e della Divisione di Oncologia Medica ed Ematologia dell’INT in occasione della conferenza stampa di presentazione del Progetto tenutasi lo scorso 8 aprile. «L’obiettivo è di ridurre del 50% gli accessi in ospedale e di proteggere di conseguenza i pazienti oncologici dal rischio di infezione, fornendo loro lo stesso livello di cure che riceverebbero in ambito ospedaliero. I dati che raccoglieremo ci permetteranno di valutare la possibilità di creare un network di assistenza a livello nazionale».

Il progetto pilota

OncoHome prevede, al momento, complessivamente, il coinvolgimento di 300 pazienti, suddivisi, equamente, tra le tre strutture ospedaliere coinvolte: 100 saranno quindi seguiti da INT, 100 dall’Ospedale San Raffaele e 100 dall’Ospedale di Cremona.

I tre Centri ospedalieri coinvolti nel Progetto prevedono l’applicazione della stessa modalità operativa e di gestione del percorso di cura e di assistenza ai pazienti oncologici con tumore solido in stato avanzato o metastatico in terapia orale.

«L’analisi delle cartelle cliniche ci ha permesso di identificare i pazienti oncologici che possono essere seguiti in teleassistenza (circa i 2/3 del totale) e quelli invece che necessitano di controlli a domicilio», ha aggiunto Giuseppe Procopio, responsabile della Struttura Semplice di Oncologia Medica GenitoUrinaria presso l’INT. «Va chiarito però che non si tratta di assistenza domiciliare ai malati terminali. La differenza è sostanziale. Nell’ambito del Progetto OncoHome i pazienti non ricevono cure palliative, ma vere e proprie terapie oncologiche».

I farmaci, preparati dalla Farmacia Ospedaliera, vengono inviati a casa del paziente qualora questi venga seguito in teleassistenza ovvero consegnati direttamente laddove si tratti di pazienti che necessitano di assistenza domiciliare.

In quest’ultimo caso, gli stessi ricevono visite domiciliari a cadenza settimanale da parte di un oncologo e di un infermiere che si recano presso il suo domicilio separatamente. Per le urgenze è stato inoltre attivato un numero dedicato.

«Il progetto OncoHome rappresenta uno dei primi esempi di utilizzazione degli strumenti informatici e una nuova modalità di somministrazione dei farmaci per il paziente oncologico per limitare il numero dei suoi accessi alle strutture ospedaliere.

Si cerca così di creare una nuova realtà, l’Oncologia territoriale, in cui il paziente mantiene il contatto con la Struttura che lo ha in cura, anche attraverso l’accesso a domicilio del medico oncologo e dell’infermiere.

Il livello di innovazione di tale progetto potrebbe, nel tempo, cambiare radicalmente la modalità di gestione dei pazienti oncologici, a tutto vantaggio di una maggiore sicurezza e di una riduzione degli spostamenti», ha aggiunto Giordano Beretta, presidente Nazionale dell’AIOM – che ha patrocinato l’iniziativa – e responsabile dell’Oncologia Medica dell’Humanitas Gavazzeni di Bergamo.

Elena D’Alessandri