«Oncologia territoriale, delocalizzazione dei percorsi e digitalizzazione erano temi caldi anche prima dell’emergenza. Questa ha tuttavia determinato un’accelerazione dei processi al fine di salvaguardare l’ospedale, da una parte, e continuare a garantire la presa in carico per il paziente oncologico, dall’altra». Così Gianni Amunni, presidente ISPRO – Istituto per lo Studio, la Prevenzione e la Rete Oncologica e direttore della Rete Oncologica della Toscana.
In questo modo sono nate iniziative volte alla domiciliazione di alcune procedure a basso carico assistenziale: dalla somministrazione dei farmaci alle procedure di follow-up. Adesso occorre sfruttare l’esperienza della pandemia per declinare una nuova normalità nel percorso oncologico tra ospedale e territorio.

«Perché non pensare a recettori oncologici territoriali in stretta connessione tra ospedali e medici di medicina generale? Perché non esplorare nuovi setting assistenziali, che potrebbero rappresentare opportunità per il paziente oncologico? Diversi trattamenti a basso impatto assistenziale potrebbero essere infatti effettuati a domicilio. Per far questo è necessario prevedere una struttura telematica forte insieme a una cartella clinica del paziente oncologico che deve essere “di percorso”, alimentata da tutti gli attori coinvolti», ha proseguito il presidente ISPRO.

Dunque è necessario ridisegnare i percorsi diagnostico-terapeutici con nuove declinazioni e un maggior numero di setting assistenziali.
«Ospedale e territorio sono due facce della stessa medaglia, due aspetti dello stesso servizio sanitario nazionale di cui tutti facciamo parte», ha sottolineato Claudio Cricelli, presidente della Società Italiana di Medicina Generale e delle cure primarie.

Centralizzazione come parola chiave per rispondere all’emergenza

L’ingegner Andrea Belardinelli, responsabile del settore Sanità Digitale e Innovazione della Regione Toscana, ha sottolineato l’importanza, in un momento come quello che stiamo vivendo, della centralizzazione, il che consentirebbe l’adozione della stessa metodica da parte di tutti, fatto questo che favorirebbe l’interazione e una più agevole comunicazione tra tutti gli attori coinvolti.

«In Toscana sono state spedite 6,5 milioni di ricette tramite l’utilizzo di sms; quanto alla televisita, la Regione, a inizio pandemia, ha fatto una delibera regionale accentrando il sistema su di un’unica piattaforma e organizzando degli empori, ovvero dei punti gestiti per lo più da associazioni di volontari, per consentire un accesso rapido – e guidato – anche a coloro che non disponevano di computer o di connessione internet».

Francesco Gabbrielli, direttore del Centro Nazionale per la Telemedicina e le Nuove Tecnologie Assistenziali dell’Istituto Superiore di Sanità, ha esordito sostenendo che «se la telemedicina si limitasse alle televisite non varrebbe la pena parlarne. Esiste tuttavia molto altro, soprattutto per quanto riguarda i pazienti cronici tra cui anche gli oncologici. Esiste il bisogno di arrivare al domicilio del paziente monitorandolo nei diversi aspetti. Con le terapie digitali è possibile raccogliere e mettere a sistema dati anche molto diversi tra loro, facendo un quadro della patologia estremamente puntuale e individualizzato».

Telemedicina, regole e modelli uguali per tutti

Impostare un efficace sistema di telemedicina vuol dire cambiare radicalmente l’organizzazione del lavoro e predisporre un sistema unitario a livello nazionale con regole, normative e modelli uguali per tutti. Inoltre, appare indispensabile adottare un’unica tariffazione, sistemi duraturi nel tempo e adeguati al nostro sistema sanitario nazionale, snellire gli iter burocratici, istituire un sistema unico per lo scambio dei dati tra diverse strutture e Regioni.

A favore di soluzioni tecnologiche semplici, alla portata di tutti i cittadini, si è espresso Giovanni Gorgoni, direttore generale dell’Agenzia Regionale strategica per la Salute e il Sociale della Regione Puglia, il quale ritiene che l’evoluzione debba evolvere nel segno della semplicità, in modo da consentire un accesso agevole ai nuovi servizi a tutti i cittadini. Gorgoni non crede che una piattaforma sia preferibile a un’altra; tuttavia, è indispensabile adottarne una che possa avere un’architettura logica e strutture condivise.

«Occorre inoltre puntare su team multidisciplinari di cura e a un’armonizzazione a livello nazionale. Va soprattutto scongiurato il rischio di tornare indietro».

Ilaria Massa, della Direzione Sanitaria IRST – Istituto Scientifico Romagnolo per lo Studio e la Cura dei Tumori, ha illustrato il progetto di oncologia territoriale che è in fase di elaborazione.

«Stiamo definendo i paletti entro cui muoverci per dare gambe a questo progetto. Per fare questa integrazione, appare indispensabile una piattaforma digitale efficace ed evoluta. I pazienti oncologici sono pazienti fragili che il Covid espone a rischi maggiori. Il progetto si basa proprio sulla delocalizzazione di prossimità per il paziente, che vuol dire scelta del miglior setting assistenziale di erogazione della prestazione, case della salute e figure professionali che possano raggiungere il paziente anche presso il proprio domicilio».

Digitalizzazione e umanizzazione

«L’intervento non può e non deve essere soltanto tecnologico, ma anche culturale, sia per i medici sia per i pazienti», ha sottolineato Giuseppa Musumeci, presidente di Toscana Donna. La digitalizzazione deve essere una leva per una revisione organizzativa della medicina tra ospedale e territorio e per una semplificazione dei processi e della comunicazione.
La sanità del futuro, è stato infine ribadito da numerosi relatori, sarà il frutto di un lavoro di squadra che prevede il pieno coinvolgimento del paziente, anche perché i processi di digitalizzazione non possono prescindere dall’umanizzazione dei percorsi di cura.

Elena D’Alessandri