One Days, giornate dedicate all’Oncoematologia

La due giorni dedicata all’ematologia e all’oncoematologia si è tenuta in concomitanza con la Giornata Nazionale per la lotta contro leucemie, i linfomi e i mielomi, nel corso della prima giornata, insieme ad AIL, sono stati organizzati una serie di seminari, tavoli di lavoro e altre iniziative su queste patologie affrontate sotto molteplici profili: terapie, organizzazioni, tecnologie, digitalizzazione, ricerca, PNRR e sviluppo del territorio, progetti, percorsi, reti e ecosistemi, partnership con un confronto di tutti gli stakeholder coinvolti. Grande importanza è stata assegnata allo stato dell’arte e agli avanzamenti terapeutici per mieloma, linfomi, leucemia e alle CAR-T.

La città di Firenze ha ospitato, il 21 e 22 giugno scorsi, la due giorni di One Days – le giornate dedicate all’ematologia e l’oncoematologia.
Nella prima giornata di lavori, che ha ospitato numerosi seminari e tavoli di lavoro organizzati in collaborazione con AIL, è stata posta grande importanza alle malattie del sangue, allo stato dell’arte e alle prospettive a due anni dall’avvento della pandemia da Covid-19.

I temi affrontati sono stati molteplici: la ricerca, l’innovazione, la digitalizzazione, ma anche le nuove terapie, lo sviluppo delle reti territoriali e di come i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza possano contribuire al miglioramento organizzativo e gestionale di queste patologie e della qualità di vita dei pazienti.

Carenze di farmaci, di risorse e di professionalità

Si è posta particolare attenzione al tema delle carenze: di risorse, di farmaci, ma anche di professionalità, che hanno contribuito ad aggravare il problema delle liste di attesa.

«La Toscana», ha ricordato in apertura Gianni Amunni, coordinatore della Rete Oncologica della Regione Toscana e responsabile scientifico di One Days, «ha avviato 3 progetti di sperimentazione di oncologia territoriale: in uno non si è riusciti a partire a causa dell’assenza dell’oncologo e di infermieri territoriali. Un episodio, questo, che evidenzia la centralità del tema delle professioni sanitarie, cruciale nell’ottica di un ammodernamento si sistema».

La qualità di vita dei pazienti

Un altro punto cardine discusso è stato quello della qualità della vita dei pazienti, un argomento che oggi diventa sempre più stringente grazie a trattamenti e terapie in grado di assicurare una lunga sopravvivenza o addirittura la cronicizzazione di molte patologie oncologiche e oncoematologiche.

«Si deve pensare anche ai lungo sopravviventi che, guariti da linfoma o leucemia acuta possono essere esposti a complicanze nel lungo periodo frutto dei trattamenti cui si sono sottoposti, e che possono esporli a nuovi rischi, tumori secondari o altro. Per loro occorre creare percorsi dedicati, vanno allocate risorse, ambulatori», ha ricordato Alberto Bosi, professore ordinario onorario di Malattie del Sangue presso l’Università degli Studi di Firenze, presidente AIL Firenze e presidente Adoces – Federazione Associazioni Donatori Cellule Staminali Emopoietiche.
Infine, la prevenzione e la diagnosi precoce rimangono imprescindibili: basti pensare che il 95% delle diagnosi di tumore al seno in fase di screening hanno garantito alle pazienti una sopravvivenza a 5 anni.

Il mieloma multiplo, numeri, trattamenti e prospettive

Il prof. Giuseppe Turchetti, economista della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa ha parlato del mieloma multiplo, una patologia che ha fatto registrare negli ultimi anni 114 mila nuove diagnosi annue a livello globale e 39 mila a livello europeo, con un aumento di incidenza del 29% rispetto agli anni ’90, ma un miglioramento significativo nella sopravvivenza. In Italia, il mieloma multiplo rappresenta l’1,3% di tutti i tumori della donna e l’1,2% di quelli dell’uomo, con un’incidenza di 8,1 e 9,5 casi rispettivamente su 100 mila abitanti. L’età media alla diagnosi è di 68 anni. La sopravvivenza ad un anno è del 76%, quella a 5 anni scende al 42%.

Si tratta di una malattia ad alto impatto sia fisico che emotivo; sono soprattutto le ricadute a impattare fortemente sulla qualità della vita, perché sconfortano, creano ansia, incertezza… e tutto questo si traduce in cambiamenti organizzativi e in ricadute anche economiche sul paziente e sulla sua famiglia.

«Di certo negli anni si è allungata la sopravvivenza così come la qualità di vita, tuttavia valutare le ricadute, anche economiche, sui pazienti, le famiglie e il sistema sanitario, permette di mettere in campo strumenti di sia di policy che manageriali che possano migliorare la situazione.
Per questo abbiamo in corso da tempo un progetto che ha proprio questo obiettivo: valutare nel modo più ampio e completo possibile, attraverso la definizione di un modello di analisi di impatto, tenendo conto non solo della dimensione clinica ed economica ma anche quella organizzativa e sociale della malattia».

In questo modo sarà possibile cogliere implicazioni sia di policy che manageriali utili a definire modelli organizzativi e meccanismi innovativi di finanziamento dei costi connessi alla malattia che consentano di coniugare efficacia clinica, qualità della vita e sostenibilità economica.

«Il lavoro è in corso da tempo e spero potremo presto arrivare a presentarlo, potendo così evidenziare il valore vero di un’innovazione potendo inserire delle variabili nei modelli di validazione futura delle innovazioni terapeutiche», ha concluso Turchetti.

Nuove prospettive terapeutiche per il mieloma multiplo

Per quanto attiene alle terapie, la professoressa Elisabetta Antonioli, dirigente medico UOC Ematologia di Careggi, ha evidenziato la profonda innovazione degli ultimi anni che ha portato dalla chemio terapia a terapie personalizzate. Agli immuno-modulatori e inibitori di proteasoma si sono aggiunte, negli ultimi anni, anticorpi monoclonali, nuove molecole e, per fine anno, sono attesi farmaci basati sull’immunoterapia.

Anche l’associazione di triplette e quadruplette di farmaci ha dimostrato una grande efficacia, cambiando le caratteristiche della risposta, e spesso il corso di malattia. Per il futuro, in primis l’immunoterapia, con gli Anti CD38 e anti SLAMF7, con anticorpi coniugati a farmaci citotossici, anticorpi bispecifici e le CAR-T.

«Nel tempo è cambiato il target dell’immunoterapia: mentre prima targettizzavano antigeni di superficie, tutta la nuova immunoterapia tende adorientarsi contro il BCMA, particolarmente espresso nelle cellule malate», ha sottolineato la dott.ssa Antonioli.
«Belantamab mafodotin rappresenta il primo esempio di anticorpo coniugato con farmaco citotossico. Questo farmaco è già disponibile per pazienti dalla quarta linea di terapia, con mieloma recidivante e refrattario, ma sono in corso studi in cui viene utilizzato in linee precedenti di terapia.
Tra le altre terapie disponibili, gli anticorpi bispecifici, di cui teclistamab sarà quello disponibile prima. I primi dati di efficacia sono stati riportati dallo studio Majestec 1, che ha dimostrato un buon tasso di risposta di questo farmaco – in infusione sottocutanea settimanale – anche con pazienti triplo o penta refrattari.

Un altro farmaco di questo tipo è Talquetamab, un bite anch’esso ma orientato verso un antigene diverso. I risultati disponibili sono quelli dello studio di fase 1 Montumental, che ha mostrato una overall response rate del 75% in pazienti che avevano già seguito diverse linee terapeutiche».

Entro la fine del 2022 sono attesi da AIFA l’approvazione di terapie di nuova generazione come gli anticorpi bispecifici e le CAR-T.

I linfomi, l’importanza della diagnosi

I linfomi si presentano prevalentemente nell’uomo di giovane età, ma numerosi sono i casi che interessano anche le donne.

«Molto importante per una corretta terapia è la giusta diagnosi, non sempre facile. L’emolinfopatologo appare oggi una figura sempre più necessaria, unitamente a una centralizzazione delle strutture utile a far fronte a diagnosi vieppiù complesse», ha sostenuto il Professor Luigi Rigacci, direttore della UOC Ematologia del San Camillo-Forlanini di Roma.

Un altro tassello fondamentale è quello della stadiazione, per la quale tac e pet si integrano perfettamente. Per il futuro è fondamentale il coinvolgimento di medici nucleari e radiologi per avere referti strutturati e condivisi.

Le nuove offerte terapeutiche

Per quanto attiene alle terapie, nell’ultimo quinquennio si è assistito a uno stravolgimento enorme.

«I linfomi rispondono molto bene alle terapie, ma non tutti” ha ricordato Rigacci “Grazie alla genetica sarà possibile clusterizzare i linfomi sulla base delle alterazioni presenti. Ciascuna via del metabolismo alterata potrà essere targettizzata.
I pazienti che non ottengono la remissione o recidivano, hanno una sopravvivenza del 15-20% a due anni, con una mediana di 6 mesi. Con le CAR-T, cellule T del paziente cui viene insegnato in laboratorio a combattere le cellule malate, la sopravvivenza dei pazienti riscontrata è del 47% a 4 anni, oltre il doppio di quello che era stato osservato a due anni dalla diagnosi con le altre terapie».

Oltre le CAR-T, tra i nuovi trattamenti ci sono gli anticorpi bispecifici, gli anticorpi coniugati e gli inibitori del check point.

«I linfomi sono a oggi malattie curabili ma la diagnosi istologica è una base imprescindibile per una cura efficace ed adeguata. Target therapy e CAR-T rappresentano il futuro, anche se occorre sempre volgere lo sguardo alla sostenibilità economica, considerando i loro costi molto elevati – 300-350 mila euro a paziente», ha concluso il direttore dell’Ematologia del San Camillo Forlanini.

Leucemia linfatica cronica: terapie e avanzamenti diagnostici

La leucemia linfatica cronica presenta un’insorgenza di 2500-3000 casi l’anno, pari a 5 nuovi casi ogni 100mila abitanti. Si presenta prevalentemente in soggetti adulti e anziani; occorre pertanto considerare le diverse comorbidità che affliggono sovente il paziente anziano, e proporre loro trattamenti che siano meno tossici possibile.

«Dei pazienti che presentano leucemia linfatica cronica, circa un terzo non dovrà mai fare terapia, un terzo forse dovrà sottoporsi a terapia in futuro, mentre il terzo restante dovrà sottoporsi immediatamente a terapie. Il decorso della malattia è difatti variabile e in buona sostanza è il paziente a fare la differenza.

Occorre seguire i pazienti con un follow-up assiduo e lo studio della tipologia di malattia appare essenziale per definire il trattamento più idoneo da seguire», ha sottolineato Antonio Cuneo, ordinario di ematologia all’Università degli Studi di Ferrara.

«Fino a pochi anni fa (2013-2014)», ha proseguito l’ordinario di Ematologia , «si procedeva con chemio e immunoterapia, con il rischio di esporre il paziente a neoplasie secondarie. Dal 2014 è stato possibile utilizzare farmaci a bersaglio chemio-free che spengono i segnali e mandano a morte la cellula. In genere occorre decidere per un farmaco continuativo – scelta che viene effettuata nei pazienti anziani – o una terapia a tempo, preferita per i più giovani. Oggi fortunatamente numerose sono le opzioni chemio e radio free».

Le CAR-T nel mieloma multiplo

Le cellule CAR-T – cellule prelevate dal paziente modificate in laboratorio per riconoscere l’antigene target – hanno questo meccanismo di azione: nel momento in cui il linfocita T riconosce l’antigene target rilascia le citochine funzionali all’uccisione della cellula malata.

«Al momento ci sono due Car-T di seconda generazione, Aldecel e Ciltacel, approvate dall’FDA e dall’EMA sulla base di due studi registrativi, KarMMA fase 2 e Cartitude 1. Entrambi hanno mostrato una overall response rate centrando l’obiettivo primario.
I pazienti pretrattati con 6 precedenti linee terapeutiche, doppio o triplo refrattari alle 3 principali classi di farmaci, hanno raggiunto nel mieloma multiplo una remissione completa con un range variabile di circa il 40%.
Inoltre queste CAR-T presentano una tossicità neurologica bassa», ha sostenuto Michele Cavo, professore ordinario e direttore della Scuola di Specializzazione in Ematologia dell’Università di Bologna.

I risultati raggiunti con le CAR-T in altre patologie ematologiche

Dati consolidati mostrano che i pazienti che vengono trattati con queste cellule sono altrimenti inguaribili: a due anni circa il 40% è libero dalla malattia, mentre altrettanti sono quelli comunque in vita. Rispetto ai risultati raggiunti con le terapie convenzionali, con le CAR-T sono raddoppiati i pazienti sopravvissuti.

Anche per quanto riguarda i linfomi si è assistito a risultati mai visti in precedenza: nel linfoma primitivo del mediastino, che colpisce in prevalenza pazienti giovani, l’85% risponde bene alla chemioterapia, mentre il 15% risulta refrattario e non ha mai avuto una opportunità terapeutica di seconda linea. Anche qui i risultati con le CAR-T sono stati straordinari, con una remissione duratura superiore al 60%. Stesso discorso per il linfoma mantellare, laddove dopo 2-3 linee di terapia, la guarigione era auspicabile solo grazie al trapianto.

Nella leucemia acuta linfoblastica vengono trattati con le CAR-T solo i pazienti pediatrici e i giovani adulti entro i 25 anni di età. Si tratta di una malattia molto aggressiva e di pazienti che hanno fallito le precedenti linee terapeutiche. Anche in questo caso, circa il 60% dei pazienti con le CAR-T guarisce o ottiene una remissione.

I risultati migliori sono quelli che si ottengono in pazienti con quota minima di malattia pre-infusione. Oggi è importante combinare le terapie innovative a oggi disponibili anche perché è necessario fare i conti con costi molto sfidanti e un concetto di sostenibilità, anche economica, da non dimenticare.
Tuttavia la ricerca è molto attiva in questo ambito anche nel nostro Paese, tanto che si profilano all’orizzonte prospettive interessanti anche per i tumori solidi.

Elena D’Alessandri