Negli ultimi anni la sanità ha puntato molto sull’umanizzazione delle cure, il che implica personalizzare i trattamenti, dare spazio anche alle esigenze psicologiche dei pazienti e coinvolgerli nei percorsi di cura.
In questo contesto si inseriscono anche le pianificazioni sanitarie anticipate (ACP, advance care planning), il cui obiettivo è intercettare i desideri dei pazienti, dei loro famigliari e dei loro caregiver rispetto al proprio futuro sanitario, incluso il fine vita.

Si tratta di una procedura utile quando si tratta di pazienti affetti da patologie gravi o di anziani.
In questo secondo caso, qualora il paziente non fosse nelle condizioni di esprimere il proprio volere, questa pianificazione sanitaria può essere svolta con i famigliari o con un tutore legale.
Nel 2018 l’inglese Royal College of Physicians ha citato le ACP tra le proprie raccomandazioni.

Uno studio firmato Barnet Hospital – ospedale situano nel nord dell’Inghilterra e gestito dal Royal Free London NHS Foundation Trust – ha verificato l’utilità pratica delle ACP, sottolineandone il ruolo positivo nel consentire ai pazienti di vivere meglio la propria esperienza sanitaria e, al contempo, nel ridurre il tasso di riospedalizzazione (Steel A, Bertfield D. Increasing advance care planning in the secondary care setting: A quality improvement project. Future Healthc J. 2020;7(2):137-142. doi:10.7861/fhj.2019-0040).

Il primo passo è stato definire le modalità per riconoscere i pazienti con i quali sviluppare una ACP.
Il secondo è stato istruire i medici sulle modalità con le quali effettuare questa programmazione.

Lo studio è stato quindi condotto in ambito geriatrico e ha permesso di verificare che quando in reparto c’è un medico esperto di ACP, questa pratica viene utilizzata di più e anche comunicata ai medici di medicina generale, che devono essere informati sui desideri degli assistiti.

I pazienti sono stati seguiti per 6 mesi, durante i quali il team ha registrato tutti i dati a loro relativi, anche dopo le dimissioni.
Lo studio ha dimostrato che, grazie alla formazione e informazione, la programmazione sanitaria anticipata può diventare una parte del percorso di cura dei pazienti in un contesto ospedaliero, estendendosi poi alla medicina di territorio.

Stefania Somaré