PNRR e sanità territoriale, una visione in prospettiva

Come stanno operando aziende sanitarie pubbliche nell’ottica del miglioramento della sanità territoriale? Una survey di FIASO ha fatto il punto della situazione sul grado di attuazione del PNRR e del DM 77.

Le recenti modifiche al PNRR hanno comportato un ridimensionamento del programma di realizzazione e riqualificazione di ospedali e di altre strutture sanitarie territoriali (ospedali e case di comunità, centri operativi territoriali ecc.) previsto in origine.

Le consistenze del patrimonio strutturale è solo un aspetto del possibile assetto della sanità territoriale italiana al 2026. Ne abbiamo parlato con il dott. Giovanni Migliore, presidente della FIASO.

Scenari differenziati e in evoluzione

«Partiamo da alcuni punti fermi. Il primo. La pandemia ha chiarito definitivamente che la debolezza del territorio, la conseguente mancanza di integrazione tra i diversi setting assistenziali e la frammentazione dei percorsi di presa in cura ed assistenza depotenziano il SSN e lo rendono più fragile. Tutto ciò pesa, e abbiamo avuto modo di toccarlo con mano, nel corso di un evento complesso come una pandemia, ma incide soprattutto sulla qualità ed efficacia della nostra offerta nella ordinarietà.

Un secondo punto fermo riguarda le soluzioni da mettere in campo, che non possono che basarsi sull’innovazione. E se vogliamo innovare non possiamo attendere un modello unico e uniforme che verrà, e che probabilmente non arriverà, perché è assai più ragionevole che si consolidino progressivamente più modelli, legati alle differenti realtà e ai diversi modelli organizzativi dei SSR. Dobbiamo guardare pragmaticamente a ciò che PNRR e DM 77 mettono a nostra disposizione, qui e ora.

Quindi, per tornare alla domanda, è piuttosto difficile ipotizzare uno scenario più probabile, se si intende fare riferimento al dettaglio del modello organizzativo. Sappiamo per certo, però, che questo scenario ruoterà intorno ai temi dell’integrazione e della continuità delle cure, alla centralità di prevenzione e presa in cura delle cronicità – cruciali per la tenuta e l’evoluzione del SSN – e alle strutture territoriali, che dovrebbero concentrare una parte consistente di queste funzioni.

È per questa ragione che FIASO ha ritenuto utile verificare sul campo a che punto siamo, attraverso una survey che ha monitorato il grado di attuazione del PNRR e del DM 77 in 74 aziende sanitarie di tutto il territorio nazionale.

Tra i risultati vorrei citare quelli che riguardano, per l’appunto, le strutture territoriali sulle quali stiamo investendo. Il 58% delle aziende che hanno partecipato alla survey ha attivato almeno una Casa della Comunità, 282 in tutto. Quanto alle funzioni attribuite loro, sembra ben avviata l’integrazione con l’assistenza specialistica e con i servizi sociali. Positiva anche l’attenzione per la prevenzione.

C’è ancora molto da fare, invece, per lo sviluppo del monitoraggio da remoto a supporto dell’assistenza a domicilio. Nel complesso, siamo ancora lontani dagli standard previsti dal DM 77, con differenze marcate nello stato di attuazione tra le diverse regioni, a volte anche all’interno della stessa Regione.

Organizzazione dell’assistenza territoriale offerta da Ospedali di Comunità, Case di Comunità e Centrali Operative Territoriali (credit: AGENAS: “Documento di indirizzo per il metaprogetto dell’ospedale di comunità”, supplemento a Quaderni di Monitor)

Sono 90, invece, gli Ospedali di Comunità attivati nell’ambito delle aziende monitorate. Emilia-Romagna, Lombardia e Toscana sembrano più avanti nella messa a punto di queste strutture, mentre nessuna esperienza è stata rilevata a Bolzano, nel Lazio, in Calabria e Sicilia.

Quanto alle Centrali Operative Territoriali, la maggior parte delle aziende non le ha ancora istituite, ma più del 90% dichiara di avere attivato strutture con funzioni analoghe.

Solo in 10 delle aziende che hanno partecipato alla survey si registrano progetti di telemedicina a supporto della assistenza territoriale. La tecnologia sembra molto diffusa, non altrettanto le esperienze per il controllo dei pazienti da remoto a supporto dell’assistenza a domicilio. Risultati incoraggianti per il teleconsulto fra professionisti del territorio e fra questi e gli ospedalieri, un passo in avanti nei processi di integrazione.

Esistono profili epidemiologici del rischio dei cittadini assistiti nel 42% delle aziende monitorate. I PDTA attivati sono numerosissimi (in totale 523) e riguardano non solo patologie come la BPCO o il diabete, o lo scompenso cardiaco, ma anche molte neoplasie.

Quasi tutte le aziende sanitarie interpellate stanno provvedendo ad armonizzare le nuove strutture territoriali, con particolare attenzione per la formazione degli operatori e la collaborazione con i medici di medicina generale.

Nel complesso, riguardo all’applicazione di quanto previsto da PNRR e DM 77, l’11% delle Aziende dichiara di essere in fase di avanzata realizzazione, il 18% in fase di prima sperimentazione, il 27% in fase di avvio. Il 18% sta programmando e il 27% è impegnato nella trasformazione di altre strutture esistenti. Un quadro composito, quindi, che rende conto di un lavoro avviato ma, ovviamente, ancora in evoluzione».

Risorse e complessità

Quali risorse saranno necessarie per sostenere il futuro assetto della sanità territoriale?

«Quando parliamo di risorse, per quanto ci riguarda, il nostro primo pensiero è per le risorse umane, che consideriamo la questione più critica. Il ministro della Salute Orazio Schillaci, aprendo la recente convention di FIASO, ha dichiarato che la legge di bilancio prevede risorse dedicate all’assunzione di personale per le strutture della sanità territoriale, e si tratta certamente di una buona notizia.

Le preoccupazioni maggiori riguardano, al momento, medici e infermieri. La survey condotta da FIASO rivela che il 70% delle aziende monitorate dispone già di infermieri di famiglia e di comunità, con differenze tra Nord (95%), Centro (70%) e Sud (30%).

PNRR Missione 6 – Salute: Tabella di sintesi degli interventi di competenza del Ministero della Salute (credit: www.salute.gov.it)

Il problema più importante resta il reperimento delle figure professionali necessarie a raggiungere gli standard previsti. A questo scopo la maggior parte delle aziende prefigura la riorganizzazione e la riallocazione del personale del quale dispone.

Si renderanno necessari, poi, anche altri profili professionali. In questo caso le nostre previsioni si fanno più incerte, fatta eccezione per la convinzione che la gran parte di essi richiederà competenze di tipo ibrido, arricchite da skill evolute di tipo digitale, comunicativo, relazionale, nella gestione delle reti.

Tutti elementi che ci rafforzano nella convinzione che sia necessario restituire autonomia al management della sanità su questo terreno, a partire dal superamento del tetto alla spesa per il personale, uno strumento anacronistico che da venti anni condiziona il nostro operato. Siamo inoltre convinti di dover lavorare intensamente per valorizzare le risorse professionali delle quali disponiamo, motivarle e aumentare l’attrattività del SSN, soprattutto in un momento caratterizzato, come sappiamo, da abbandoni e fughe verso il privato».

Quali saranno le complessità da affrontare e le possibili soluzioni?

«Ne incontreremo molte: alcune le abbiamo già citate, altre emergeranno strada facendo. Probabilmente la complessità di maggior rilievo risiederà nello spostamento efficace ed efficiente del baricentro della presa in cura verso il territorio e la sanità di iniziativa. Si tratta di una strada obbligata per garantire una tutela della salute in linea con i mutati bisogni di cura e assistenza dei cittadini, ma anche per la sostenibilità del sistema sanitario pubblico, attraverso la rottura definitiva dei circoli viziosi all’origine del ricorso inappropriato a pronto soccorso, ospedali e strutture specialistiche.

La strada è ancora lunga. In questa delicata fase di transizione servono idee, organizzazione, risorse e una governance adeguata a raggiungere i risultati auspicati. E molte riflessioni, dibattiti, confronti, e capacità di coinvolgimento di tutti gli stakeholder. Il management della sanità italiana farà come sempre, e fino in fondo, la sua parte».