La penuria di risorse destinate al settore sanitario degli ultimi anni, con i suoi conseguenti tagli orizzontali, ha avuto gravi ripercussioni sull’offerta sanitaria nel nostro Paese. La gravità di ciò è emersa in tutta la sua evidenza nel corso di questi mesi, nel contrasto all’emergenza pandemica.

Una situazione questa che si presentava già difficile nella fase pre-Covid a causa dell’invecchiamento progressivo della popolazione, la qual cosa, unitamente all’aumento consistente di pazienti cronici, stava modificando le modalità e i tempi di erogazione dei servizi. Situazione quest’ultima che aveva già evidenziato l’importanza della gestione efficace delle poche risorse umane a disposizione come cruciale per risolvere i problemi organizzativi e non solo quelli relativi alla delivery del servizio.
Le politiche per lo sviluppo e la valorizzazione delle risorse umane sono state dunque il tema portante della terza sessione del Forum sul Risk Management 2020 organizzato da FIASO – Federazione italiana delle Aziende Sanitarie e Ospedaliere – nella giornata di giovedì 17 dicembre.

Il ruolo centrale del personale

«Il Covid», ha esordito Chiara Serpieri, direttore generale Asl Verbano Cusio Ossola, «ha scompaginato l’organizzazione delle attività, soprattutto rispetto all’approvvigionamento di personale e beni, con un progressivo allentamento delle ‘barriere’ tra profili di professionalità diversi e un crescente senso motivazionale e di appartenenza. È cruciale oggi cogliere questa opportunità prima di un re-freezig».

Nella gestione dell’emergenza, mission e capacità sostanziali hanno prevalso sui meccanismi formali di governo dell’azienda. La forte pressione esterna è stata in grado di diluire i meccanismi formali e le forme di resistenza interna e sindacale, soprattutto laddove lo shock ha avuto impatti significativi. In questo contesto si sono distinte le capacità di leadership del top e de middle management di alcune aziende.
«Il personale è una risorsa cruciale e va gestito al meglio. Le sfide principali da fronteggiare oggi sono: la semplificazione dei processi, la personalizzazione dei percorsi unitamente a maggiore flessibilità, operatività e tempestività».

Come sono cambiati i modelli con l’emergenza

Sergio Castiglioni, dirigente responsabile del Servizio Risorse Umane dell’ASST Ovest Milanese, ha presentato un approfondimento dell’osservatorio Fiaso per confrontare le azioni poste in essere dalle diverse aziende per far fronte all’emergenza, raggruppandole essenzialmente in 7 fattori: il reclutamento, le forme di inserimento e formazione specialistica, gli strumenti di flessibilità nell’impiego del personale, i sistemi di finanziamento, la ridefinizione dei sistemi retributivi, la gestione di conoscenze e competenze, la gestione del rischio e il governo delle relazioni sindacali. Ciascuno di questi fattori è stato analizzato in tre momenti: fase pre-Covid, fase Covid e fase post Covid, momento quest’ultimo utile a raccogliere gli insegnamenti e a comprendere i miglioramenti da introdurre per l’efficientamento del sistema sanitario del futuro. Il sistema di reclutamento nella fase pre-emergenza seguiva procedure complesse e datate che programmavano le assunzioni legandole al concetto di pianta organica e non ai fabbisogni reali.

Nella fase Covid si è registrato un incremento di assunzioni avvenute con modalità rapidissime e con l’attribuzione di incarichi disposti anche in deroga a precedenti divieti. Si è assistito quindi a una semplificazione delle normative e ad assunzioni atte a rispondere ai fabbisogni immediati. Per il post Covid ci si aspetta una semplificazione delle regole di reclutamento, l’introduzione di regole agili e flessibili per l’assegnazione di incarichi, la creazione di percorsi aggiuntivi di formazione specialistica anche al di fuori delle università, il riequilibrio dell’attrattività delle aziende con la creazione di ospedali di insegnamento, il rendere permanenti le procedure di assunzione degli specializzandi e la stabilizzazione del personale sanitario assunto durante l’emergenza. È emerso inoltre come centrale lo sviluppo di percorsi multi-competenze, la necessità di normare gli spostamenti del personale sanitario all’interno della Regione, puntare sullo smart working, allentare i vincoli economici eccessivamente rigidi rispetto ai sistemi di finanziamento. Per quanto attiene alla retribuzione, occorre incentivare il personale delle aree più svantaggiate o delle isole, incrementare la remunerazione per incarichi di funzione o dirigenziali sulla base di più criteri meritocratici oltre che all’anzianità.

«Le persone hanno dimostrato che quando avvertono un senso condiviso per il proprio lavoro sono in grado di spostare il mondo», ha sostenuto Marco Rotondi, Ingegnere e psicologo, Presidente dell’Istituto Europeo di Neurosistemica. «Occorre quindi promuovere un nuovo umanesimo in Sanità che riporti le risorse umane al centro».
Riconoscere il merito al personale è il solo modo per dar loro fiducia e ottenere il massimo dell’impegno e della dedizione.
È per questo che la sanità del futuro deve puntare ad un wellness organizzativo in grado di assicurare benessere fisico e psicologico al personale sanitario, ma anche una migliore organizzazione e gestione delle relazioni.

I tre punti chiave per il post Covid

Tra i molti temi affrontati nel corso della sessione, sono emerse tre direttrici sulle quali la sanità deve puntare una volta terminata l’emergenza: infrastrutture, tecnologie e risorse umane, unitamente ad una profonda riflessione sui modelli organizzativi e sulla stabilizzazione del personale assunto durante l’emergenza. Altro capitolo importante che ha caratterizzato questi mesi è stato quello delle USCA – le Unità Speciali di Continuità Assistenziale – che hanno segnato, a detta di molti, una “rivoluzione copernicana”: per la prima volta i dipartimenti di cure primarie si sono dotati di risorse proprie, affiancando le USCA al lavoro dei medici di medicina generale. Ma quale ruolo potranno avere queste Unità speciali nel post Covid?

Accanto alla semplificazione dei processi, i diversi relatori si sono soffermati a lungo sull’importanza della programmazione nazionale per far fronte comune contro le emergenze sanitarie, senza tralasciare il tema importantissimo della telemedicina, quest’ultimo, un argomento sempre auspicato negli ultimi anni ma mai realmente concretizzatosi. È solo in questa fase pandemica, infatti, che si è assistito ad un suo incremento significativo tra i professionisti del settore: dal 13% al 57% in soli tre mesi.

Elena D’Alessandri