Primo centro europeo per il trattamento integrato aritmologico-chirurgico

Da sinistra, Gianluca Polvani e Claudio TondoI pazienti con fibrillazione atriale grave e recidivante, per i quali l’elettrofisiologia da sola non basta a riportare il cuore al suo ritmo, oggi possono rivolgersi al Centro Cardiologico Monzino di Milano, dove le équipes di Aritmologia, guidata dal prof. Claudio Tondo, e di Cardiochirurgia II, guidata dal prof. Gianluca Polvani, hanno messo a punto un intervento combinato che permette di curare con successo anche i casi considerati irrecuperabili. Sono stati trattati finora quarantacinque pazienti, che dopo un follow-up di un anno e mezzo hanno riportato una percentuale di successo del 91%. I risultati ottenuti fanno pensare che la nuova metodica diventerà il trattamento standard che chirurghi e aritmologi dovranno usare. Da qui l’idea di istituire un centro per il trattamento integrato della fibrillazione atriale cronica, che si occuperà anche del training di aritmologi e cardiochirurghi.

L’integrazione inizia nella fase di valutazione: gli specialisti stabiliscono insieme l’eleggibilità del paziente alla procedura. «Nelle forme di fibrillazione atriale più aggressive e complesse», spiega Tondo, «l’ablazione tradizionale può non essere risolutiva. Su cento pazienti il 10% non guarisce né con i farmaci né con ripetute ablazioni e la loro qualità di vita è inaccettabile. In questi casi affrontiamo il problema su due fronti: dall’interno con un mappaggio elettro-anatomico effettuato con le nostre tecniche interventistiche (accesso di un catetere attraverso i vasi), che individua l’area malata ricostruendo con estrema precisione dove si forma l’anomalia del ritmo, e dall’esterno, con un approccio chirurgico mininvasivo che rimuove la lesione, riportando in ritmo il cuore».

«Si tratta di un atto chirurgico nuovo», continua Polvani, «che si effettua in una sala multifunzionale a cuore battente e in toracoscopia 3D. In sostanza, guidati dal mappaggio elettro-anatomico eseguito dai colleghi aritmologi, effettuiamo l’intervento ablativo in chirurgia  mininvasiva. Pratichiamo tre piccoli fori nel torace e posizioniamo temporaneamente un ablatore che, circondando l’atrio di sinistra, garantisce la completa esclusione dei “focolai aritmici atriali”, ossia le zone di alterata funzionalità che generano l’aritmia. Dopo il chirurgo, interviene nuovamente l’aritmologo per verificare con un nuovo mappaggio l’avvenuta ablazione o, se necessario, per effettuare un intervento transcatetere a completamento della procedura. Possiamo parlare veramente di trattamento integrato aritmologico-chirurgico».

«Si tratta di un intervento salvavita», conclude Tondo, «perché chi soffre di queste forme gravi di fibrillazione atriale è candidato oggi a restare senza cura e a diventare un malato scompensato o soggetto a episodi tromboembolici. Credo non vi sia abbastanza coscienza del fatto che la fibrillazione atriale sia il maggiore fattore di rischio per l’ictus. Inoltre l’intervento in toracoscopia 3D permette una ripresa rapida dagli effetti postoperatori e una sensazione di benessere immediato. Abbiamo presentato i nostri dati al congresso americano di Chirurgia Cardiotoracica lo scorso aprile suscitando stima e interesse per i risultati ottenuti».