Un medico su due in Italia è donna eppure solo una su tre ricopre ruoli di vertice in sanità. Su questo tema l’Università degli Studi dell’Insubria, in collaborazione con Regione Lombardia e con il contributo incondizionato di Novo Nordisk, ha organizzato un evento che ha il duplice obiettivo di aprire un dibattito sul ruolo delle donne nel mondo del lavoro, soprattutto in ambito sanitario, e di presentare i risultati del corso di alta formazione accademico svoltosi nel 2020-2021 per lo sviluppo di soft skills nelle donne medico.
Durante l’evento saranno presentati il progetto pilota “Wonder Woman” (2020) e il progetto formativo “Ipazia: agorà donna” (2021), che prevede lo sviluppo di un percorso formativo accademico a livello nazionale.

È in atto un grande dibattito a livello nazionale e internazionale sul mismatch di competenze, ovvero le competenze necessarie e richieste per la costruzione di una carriera soddisfacente che non vengono comunemente insegnate nei percorsi formativi istituzionali.
A questo aspetto si aggiunge la necessità, a livello globale, di sviluppare i talenti individuali per aumentare soddisfazione e produttività. Tutto questo è ancora più rilevante per le donne e, in particolare, per chi studia discipline scientifico-tecnologiche.

Una dimostrazione emerge dai dati in campo medico. Le donne sono circa il 50% dei medici in Italia, ma solo una su tre ricopre ruoli di vertice, come direttore di Unità Operativa o direttore generale, secondo i dati del rapporto Oasi 2019 del Cergas Bocconi. Anche nel resto del mondo il gender gap è marcato: dei circa 43 milioni di persone che lavorano nel settore sanitario, oltre il 70 per cento sono donne, ma queste ricoprono solo il 35 per cento dei ruoli manageriali, secondo il World Economic Forum’s 2018 Global Gender Gap Report. A penalizzare le donne sono prevalentemente ostacoli di ordine culturale e sociale, difficoltà a conciliare vita lavorativa e familiare, limiti nell’accesso a network di influenza e mancanza di modelli femminili a cui ispirarsi.

Da questi presupposti si è sviluppata in Lombardia un’iniziativa pilota ideata e realizzata dall’Università dell’Insubria attraverso un corso di alta formazione dedicato a specialiste diabetologhe incentrato sullo sviluppo del talento e delle soft skills per una migliore gestione della carriera medica femminile. Il gruppo di professioniste formate dal corso costituirà un gruppo di coordinamento per lo sviluppo del progetto formativo a livello nazionale. L’obiettivo è coinvolgere professioniste sanitarie formate sulle soft skills, ampiamente riconosciute come distintive nella costruzione e nello sviluppo di percorsi di carriera di successo, per creare una rete nazionale di collaborazione.

«Il corso di alta formazione da cui ha preso le mosse il progetto Ipazia è stata un’esperienza che ha messo in discussione il punto di vista e gli approcci alla gestione della carriera di ognuna delle partecipanti. Il percorso è stato ideato come un processo di empowerment per sviluppare il potenziale inespresso delle donne e lo sprigionamento delle risorse individuali», afferma Caterina Farao, assistant professor presso il Dipartimento di Economia dell’Università degli Studi dell’Insubria coordinatrice e responsabile scientifica della parte formativa del progetto Ipazia.
«Con questo progetto vogliamo creare un percorso di consapevolezza e di trasformazione dell’approccio delle donne mediche alla gestione della propria carriera all’interno delle strutture sanitarie al fine di cambiare la cultura organizzativa a partire dal basso. In questo modo si può riuscire anche a infrangere il glass ceiling, che non consente l’ascesa verticale delle donne nella sanità pubblica e privata, e raggiungere così un maggior equilibrio di genere».

Il progetto “Ipazia: agorà donna” è stato ideato da Annalisa Giancaterini, dirigente medico presso la U.O.S.D. Malattie Endocrine, del Ricambio e della Nutrizione ASST Brianza, dopo la sua partecipazione al corso di alta formazione ideato e realizzato dall’Università degli Studi dell’Insubria.
«Le donne più facilmente perdono la possibilità di far carriera nel corso degli anni, accumulando uno svantaggio che riduce le possibilità di essere nominate in ruoli apicali o adeguati al livello delle proprie competenze», dice Annalisa Giancaterini.

Il progetto si articola su diversi livelli. Il livello formativo prevede un upgrade accademico per il gruppo di professioniste del progetto pilota lombardo, con l’obiettivo di approfondire maggiormente i contenuti e creare un gruppo di esperte che supporti il coordinamento della rete nazionale che si verrà a creare a seguito dell’estensione del corso a livello nazionale.
A seguito di questo, si creerà un percorso formativo accademico nazionale di 1° livello, con corsi suddivisi per macroaree geografiche, incentrato sulle competenze trasversali e soft skills, quali: career management skills, negoziazione e gestione dei conflitti, management in sanità, competenze strategiche, sviluppo di linee di progetto che permettano riconoscimento professionale e di carriera, empowerment e crescita dell’autostima, strumenti per influenzare attivamente il proprio percorso professionale, change management, capacità di cogliere opportunità di apprendimento per uscire dalla propria zona di comfort.

A livello Istituzionale, l’obiettivo è quello di aprire il confronto su più livelli, avviare interlocuzioni e tavoli tecnici con le istituzioni con l’obiettivo di poter incidere sulla cultura, sulle politiche sociali e lavorative. A livello professionale, si vuole permettere il confronto e la collaborazione tra figure con ruoli differenti per creare una rete professionale al femminile in grado di proporre e realizzare progetti di ricerca, ideare e sperimentare nuovi modelli di comportamento organizzativo e organizzativi.

«Il contributo delle donne nel settore sanitario è cresciuto ampiamente negli ultimi anni, ma solo poche rivestono ruoli manageriali», afferma Emanuela Baio, consulente del Presidente della Regione Lombardia in ambito sanitario.
Il raggiungimento della parità di genere e il superamento del gender gap, evidenziato anche dal fatto che le donne sono poco rappresentate nelle posizioni manageriali, fanno parte degli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile dell’ONU. Il progetto Ipazia è un passo importante verso il raggiungimento di questo obiettivo, verso una salute più equa».