Real world, dati dal Monzino

Gli studi clinici condotti in ospedale o in condizioni “protette” forniscono dati utili a modificare gli approcci terapeutici sui pazienti e a migliorarne gli esiti, ma alle volte si discostano da quanto osservato poi dagli specialisti nel “mondo reale”. Non a caso negli ultimi anni aumentano gli studi condotti su pazienti inseriti nel proprio contesto reale e quotidiano.

Di real world evidence si è discusso anche durante il convegno “Cardiovascular Real World” nato dalla collaborazione tra il Centro Healthcare Research & Pharmacoepidemiology dell’Università Milano Bicocca, pioniere in questo ambito, e il Centro Cardiologico Monzino di Milano.

L’intento è valutare l’impatto di una specifica terapia, di un approccio o di un farmaco utilizzando anche dati provenienti dal mondo reale, su base di popolazione, come quelli presenti nelle banche dati sanitarie amministrative regionali, che provengono dalle SDO degli ospedali e che contengono i dati clinici di ogni paziente, o ancora dati degli studi clinici controllati.
Queste informazioni devono però essere messe a sistema e utilizzato in modo strutturato. Se ciò avviene già per le patologie oncologiche, per esempio, ancora poco viene fatto in ambito cardiovascolare.

Giovanni Corrao, direttore del Centro Healthcare Research & Pharmacoepidemiology della Bicocca, spiega: «c’è un ampio dibattito sul tema dei dati e sulla loro utilità per migliorare le nostre conoscenze e per assumere decisioni sulla nostra salute più consapevoli, meno incerte.
I dati, se opportunamente trattati, possono dirci molto sull’appropriatezza delle cure che stiamo erogando, sulla sicurezza dei presidi terapeutici, sulla sostenibilità dei percorsi preventivi, curativi e riabilitativi.

Esiste, tuttavia, una diffusa convinzione che il problema che stiamo affrontando sia unicamente legato alla disponibilità di dati di buona qualità.
Questo è, però, un problema marginale nel nostro Paese, perché l’Italia ha sviluppato alcune delle banche dati sanitarie più informative del mondo.

Abbiamo ancora molto da lavorare per migliorarne la loro qualità, accessibilità e interconnettibilità. Già fin d’ora possiamo fare molto per capire come funziona il sistema, e non mancano esempi di esperienze virtuose che dall’osservazione delle cure erogate e degli esiti da esse generate nel recente passato, ricavano evidenze sui percorsi di cura associati ai migliori profili di efficacia e costo-efficacia da applicare nel prossimo futuro.

I dati dunque ci sono. I dati da soli, tuttavia, non sono sufficienti. Se non vengono rispettate le norme di buona pratica della ricerca clinica, anche dati di buona qualità possono restituirci un’immagine completamente falsa della realtà. Come sempre, dall’integrazione tra saperi e metodi, può realizzarsi un armonico processo in grado di rendere i dati funzionali al miglioramento continuo della qualità delle cure».

L’approccio real world promette di traslare studi condotti su un basso numero di soggetti a livello di società e popolazione più ampia…

Un obiettivo che interessa molto il Monzino di Milano: «il Monzino punta a diventare uno dei protagonisti della Real Word Evidence nel mondo cardiovascolare», conferma il prof. Giulio Pompilio, direttore scientifico del Monzino.
«Nell’ambito della ricerca siamo convinti che i dati real world debbano integrare quelli degli studi clinici controllati, che sono e restano la via maestra per introdurre nuovi farmaci, ma hanno delle limitazioni.

Coinvolgono, infatti, un numero limitato di pazienti, selezionati sulla base di rigorosi criteri di inclusione ed esclusione, e raramente valutano gli esiti clinici a lungo termine. Insomma, valutano l’efficacia di un nuovo trattamento in condizioni “ideali”, spesso diverse dalla condizione “reale”. Per questo i dati real world, che si riferiscono a popolazioni ampie e non selezionate, sono preziosi.

In campo cardiovascolare sono utili, per esempio, per valutare gli esiti a lungo termine di specifiche patologie; analizzare l’impatto dell’aderenza ai trattamenti per la cura di patologie croniche prevalenti, quali l’ipertensione, il diabete o l’iperlipidemia, sull’insorgenza di eventi cardiovascolari; stabilire il “valore” dei percorsi assistenziali, ovvero l’efficacia misurata in un contesto di reale pratica clinica in relazione ai costi complessivi sostenuti dal SSN; identificare le caratteristiche dei pazienti che potrebbero trarre maggior beneficio da un determinato trattamento; e infine, fornire stime sull’incidenza e sulla prevalenza delle maggiori malattie cardiovascolari».

Tutte informazioni che possono supportare miglioramenti di approccio, ma anche indicarci strumenti di prevenzione importanti.
Anche per questo, Regione Lombardia supporta questa integrazione dei dati real world, particolarmente importanti in ambito cardiologico: si ricorda che le patologie cardiovascolari sono ancora, a oggi, la prima causa di morte al mondo.

Stefania Somaré