Sangue artificiale, importante scoperta da studio italiano

Il trapianto di cellule staminali del sangue è l’esempio più longevo di medicina rigenerativa e oggi il trattamento standard per numerose tipologie di tumori e malattie genetiche rare. Uno studio condotto dall’Istituto San Raffaele-Telethon di Milano chiarisce il ruolo della vitamina A nello sviluppo di cellule staminali del sangue nella vita embrionale, dando un contributo enorme alla conoscenza dei meccanismi necessari a riprodurre il sangue in laboratorio.

Le cellule staminali del sangue rappresentano oggi un traguardo nonché l’esempio più longevo di medicina rigenerativa, rappresentando lo standard di trattamento per numerose patologie oncologiche e malattie genetiche rare. Ciò nonostante, non è ancora possibile produrre queste cellule su larga scala in laboratorio.

Lo studio, condotto dal gruppo di Andrea Ditadi dell’Istituto San Raffaele-Telethon di Milano, in collaborazione con il Black Family Stem Cell Institute del Mount Sinai Hospital di New York “Identification of a retinoic acid-dependent haemogenic endothelial progenitor from human pluripotent stem cells”, pubblicato sulla rivista Nature Cell Biology, offre un importante contributo a questa sfida che ad oggi appare ancora difficile.

L’importanza di riprodurre in laboratorio le cellule staminali del sangue

La riproduzione in vitro di cellule staminali del sangue consentirebbe un determinante balzo in avanti della medicina rigenerativa, consentendo da una parte l’utilizzo di queste cellule in ambito terapeutico senza rischio di rigetto e dall’altra di studiare con maggiore precisione lo sviluppo del sistema immunitario e la causa di malattie genetiche del sangue.

Lo studio San Raffaele-Telethon

La più grande sfida odierna è quella di comprendere i segnali molecolari che, a partire dallo stato embrionale, guidano lo sviluppo delle cellule staminali del sangue, per cercare di caratterizzare i passaggi che portano alla formazione di quelle specializzate nella produzione dei vari elementi del sangue e ricrearli in laboratorio.

Proprio per raggiungere questo obiettivo, il gruppo di ricerca dell’Istituto San Raffaele-Telethon, SR-Tiget, ha preso le cellule staminali ad uno stadio precoce di sviluppo, identificando il ruolo dell’acido retinoico o vitamina A nella loro differenziazione.

«L’emopoiesi non è un processo lineare e strettamente gerarchico: non tutte le cellule del sangue si sviluppano allo stesso modo e nello stesso momento», ha sostenuto Andrea Ditadi, capogruppo dell’Unità di Sviluppo ematopoietico umano e modellizzazione delle malattie del SR-Tiget di Milano.

«In questo studio, abbiamo descritto il ruolo dell’acido retinoico o vitamina A, che abbiamo utilizzato per dare precisi segnali molecolari alle cellule staminali pluripotenti indotte. Infatti, la vitamina A è essenziale nell’embrione per formare le cellule staminali ematopoietiche ma non altre cellule del sangue. Non tutte le cellule sono però in grado di “rispondere” alla presenza della Vitamina A, ma solo quelle che sono pronte».

Aggiungendo la vitamina A al momento giusto si ottiene la differenziazione delle cellule staminali pluripotenti in cellule che sono molto simili ai progenitori che nell’embrione generano le cellule staminali ematopoietiche”.

L’embrione alla base della ricerca

La ricerca è stata condotta a partire dallo studio dell’embrione che, per prepararsi alla vita, attiva diversi programmi in base alle esigenze che si manifestano. Il suo sangue è difatti differente sia da quello del feto, sia da quello dell’adulto.

«Nelle fasi iniziali in cui siamo solo un piccolo grumo di cellule servono globuli rossi ad altissima affinità per l’ossigeno, ma via via che inizia a formarsi la placenta questo non è più necessario, anzi può diventare controproducente», ha proseguito il Dottor Ditadi.
«Oppure i macrofagi, cellule che nella vita adulta sono essenziali per la difesa dell’organismo dai microbi, nell’embrione svolgono principalmente altre funzioni peculiari come il rimodellamento dei tessuti che consente, per esempio, di separare le dita di mani e piedi.

Da questi esempi si evince come, per ambire a ottenere cellule staminali ematopoietiche funzionanti in vitro, dobbiamo conoscere a fondo tutti i segnali che ne guidano lo sviluppo fin dalle primissime fasi della nostra vita».

Elena D’Alessandri