Sanità del futuro, cosa vogliono gli italiani?

Anche grazie ai fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza la sanità italiana dovrebbe andare incontro a una serie di trasformazioni che dovrebbero renderla più efficace e funzionale. Quali sono gli aspetti che non dovrebbero mancare, secondo gli italiani? Per scoprirlo il Censis ha avviato un’indagine in collaborazione con Janssen Italia, presentandone i risultati durante il primo “The Italian Health Day”, organizzato dal Ministero della Salute.

RinnovAzione: questa la parola chiave, sebbene un neologismo, che esce dal Report. È l’unione delle parole ricerca, innovazione, azione e rinnova, parole che escono chiare dalle risposte fornite dai partecipanti all’indagine.

Ricerca, anzitutto, perché fondamentale per trovare nuove soluzioni di cura alle malattie croniche e acute, un investimento essenziale secondo la maggior parte dei partecipanti e non certo una voce di spesa da tagliare in continuazione (93,7%). Il 90,9% degli italiani ha infatti fiducia nei ricercatori scientifici e l’89.5% nei farmaci, mentre il 66,4% crede anche nelle imprese del farmaco. È però necessario che vi sia una stretta cooperazione tra Stati e imprese del farmaco nella ricerca e nella sperimentazione scientifica (90,1%), a garanzia di qualità.

Innovazione come motore per migliorare la sanità e i percorsi terapeutici. Alte le aspettative dimostrate nei confronti dell’innovazione: il 94% degli italiani crede porterà una maggiore efficacie nelle cure e quindi una qualità di vita migliore anche in caso di patologie croniche, mentre il 92% spera possa condurre a risposte più rapide verso virus e batteri emergenti, e quindi nel contrastare eventuali future epidemie o pandemie.

Infine, il 91,1% dei rispondenti si aspetta che l’innovazione porti a una riduzione del rischio di ammalarsi, tramite vaccini, ma anche piani di prevenzione efficace. Certo, c’è la consapevolezza di essere parte del sistema: l’82,1% dichiara di avere stili di vita sani e appropriati, mentre il 66.5% di sottoporsi a regolari accertamenti di prevenzione, il 66.9% di informarsi in autonomia rispetto alla propria salute e il 41,6% di dialogare attivamente con i medici, ponendo quesiti ed esponendo il proprio punto di vista.

Insomma, il Report dà un’immagine di cittadino impegnato nella gestione della propria salute e non più di un soggetto passivo. Essenziale, per molti, il ruolo del medico di base, visto come garanzia che le ragioni della salute prevarranno sempre su altri vantaggi. Il 92,1% degli interpellati si fida del proprio medico di medicina generale.

Ci sono però delle richieste: secondo il 93,9% dovrebbe essere il perno su cui costruire la sanità del futuro, mentre secondo il 94,7% sarebbe utile che i medici tornassero a occuparsi principalmente dei pazienti, senza avere più tanto carico amministrativo burocratico. Ma il medico di medicina generale non è la sola figura sanitaria che deve essere potenziata, secondo i cittadini: lo stesso vale anche per gli operatori sanitari (79,9%) e per gli stessi pazienti e i loro caregiver (78,7%), in prima linea nei percorsi di cura.

Ma cosa servirebbe, riassumendo, per migliorare davvero la sanità, cosa che crede possibile il 61% degli intervistati? Ecco le risposte portate dal Report: interlocutori precisi sul territorio, strutture, operatori ecc. (96,6%); semplificare l’accesso alle cure (95,7%); più medici (50,9%); tecnologie e attrezzature diagnostiche per le cure più moderne (46,7%); più posti letto negli ospedali (39,6%); potenziare l’assistenza domiciliare digitale (34,0%).

C’è infine un ultimo punto toccato dall’indagine: in un’epoca in cui si parla sempre più spesso di condivisione dei dati, di big data, di fascicoli sanitari e così via, si è chiesto agli interlocutori cosa pensino di questa gestione dei dati.

Il 70,1% si è detto disposto a rendere disponibile i propri dati di salute, anche a fini di ricerca, il 66,2% è convinto che questi dati vengano gestiti nel rispetto della privacy e, infine, il 65% è favorevole ai fascicoli sanitari digitali allargati in cui affluiscano dati dalle più diverse fonti, anche da device e wearable utilizzati nel quotidiano.

Per concludere, gli italiani non si sono certo dimenticati di due temi chiave della sanità: cure e percorsi sempre personalizzati, in una visione della sanità paziente-centrica.
Anna Lisa Mandorino, Segretaria generale di Cittadinanzattiva, conclude: «mettere il paziente al centro vuol dire capovolgere l’ottica e pensare a servizi sanitari che raggiungano i cittadini, siano prossimi e capillari sul territorio, e si avvalgano della digitalizzazione come strumento per rispondere in modo veloce e personalizzato alle loro esigenze. Allo stesso tempo, soprattutto per i percorsi di prevenzione e di gestione delle malattie croniche, occorre che ci sia una rete di collegamento strettissima tra i professionisti, a partire da medici di medicina generale, pediatri di libera scelta ed operatori presenti nelle nuove case di comunità: così si può vincere la sfida di rafforzare davvero l’assistenza territoriale, come previsto dal PNRR».

La ricerca è stata realizzata nell’ambito del progetto I Cantieri per la Sanità del Futuro, avviato nel 2021 da Censis e Janssen Italia al fine di individuare le direttrici di sviluppo della Sanità post-Covid.

Stefania Somaré