Sepsi, colpiti ogni anno tre milioni di neonati

Al terzo posto tra le cause di morte neonatale, le infezioni e la sepsi colpiscono ogni anno 3 milioni di neonati, pari al 2,2% dei nati vivi. La mortalità varia dall’11 al 19%, anche se molto gravi possono essere le morbosità. In occasione della Giornata Mondiale per la lotta alla Sepsi, la Società Italiana di Neonatologia, ha riacceso i riflettori su questo grave problema.

Le infezioni neonatali e la sepsi rappresentano la terza causa di morte neonatale al mondo, con 3 milioni di casi stimati l’anno che colpiscono il 2,2% dei nati vivi e una mortalità che oscilla tra l’11 e il 19%. Tuttavia, le conseguenze delle infezioni che non esitano in decesso possono essere anche molto gravi, tanto da rappresentare il 3% di tutti gli anni di vita persi a causa di morbosità, disabilità o mortalità.

Sepsi neonatale: le sue due forme

La sepsi neonatale può presentarsi in due forme, diverse per età di insorgenza, patogenesi ed eziologia: la prima forma, precoce, ha esordio nelle prime 72 ore di vita del bambino e viene trasmessa direttamente, in linea verticale, dalla madre, prima o durante il parto; diversamente, la seconda forma, definita tardiva, esordisce successivamente, in linea orizzontale, ed è pertanto correlata all’assistenza dei neonati ricoverati.

Il World Sepsis Day

In occasione del 13 settembre, Giornata Mondiale per la lotta alla Sepsi, World Sepsis Day, la Società Italiana di Neonatologia – SIN, ha sottolineato l’importanza di mantenere alta l’attenzione su questo grave problema che, nonostante gli importanti progressi tecnologici e il miglioramento del livello di cure offerte ai neonati pretermine rimane, ancora oggi, una patologia con mortalità e morbosità immutate, almeno con riferimento agli ultimi anni.

L’incidenza della sepsi nei nati pretermine

Questo è in buona parte attribuibile all’immaturità del sistema immunitario dei neonati prematuri, maggiormente esposti al rischio infettivo. Difatti, lo stesso è più alto quanto più prematura è la nascita. Le forme precoci di sepsi interessano l’1,4% dei neonati che presentano alla nascita un peso inferiore al chilo e mezzo, con un’incidenza di circa 28 volte superiore a quella riscontrata nei nati a termine, e con una mortalità del 34%.
D’altro canto, le forme tardive interessano il 19,9% dei prematuri, con una mortalità del 17,1% a livello mondiale.
Dati ancora più allarmanti riguardano i neonati che, alla nascita, hanno un peso inferiore al chilogrammo: per la sepsi precoce, l’incidenza riscontrata è dell’1,8%, con una mortalità del 46%, mentre per la sepsi tardiva del 34% con una mortalità del 17%.

Per la prevenzione, uniformare le procedure e ridurre l’AMR

«I neonati prematuri sono particolarmente a rischio di contrarre infezioni, per la necessità di procedure diagnostico-terapeutiche invasive e di una prolungata degenza ospedaliera. Per prevenire l’insorgenza delle sepsi ospedaliere, è necessario diffondere pratiche cliniche efficaci ed uniformare procedure e precauzioni di prevenzione nelle neonatologie italiane” ha sostenuto il Presidente SIN, Luigi Orfeo. Senza dimenticare la sempre maggiore presenza di patogeni resistenti agli antibiotici, che aggravano l’outcome, con tassi di sequele e mortalità significativamente più elevati». Si stima infatti che, a livello globale, le morti neonatali attribuibili a microrganismi resistenti agli antibiotici siano 214 mila.

Elena D’Alessandri