Siamo pronti per le digital therapeutics?

Viviamo nel pieno di una nuova ondata di innovazione grazie alla convergenza tra digitale e scienze della vita, tra biologia molecolare e ingegneria elettronica.
«In Italia disponiamo di ricercatori, scienziati e produciamo brevetti, ma la traduzione di queste ricerche in innovazioni di business e in creazione di valore in termini economici è meno ovvia rispetto ad altri Paesi», osserva Anna Gatti, professor of Practice in Strategy and Entrepreneurship.

Per questo motivo la SDA Bocconi ha creato il LIFT Lab. un think-tank con particolare attenzione all’impatto che tale convergenza ha sul business e sulla società.
«Con i nostri partner cerchiamo di capire se queste tecnologie sono pronte per il nostro mercato e quanto sono vicine a diventare una vera opportunità di business, che regolamentazione richiedono, di quali finanziamenti hanno bisogno».

Nel lab, come spiega Patrizio Armeni, associate professor of Practice, SDA Bocconi Co-ordinator of Health Economics and Health Technology Assessment, CERGA, gli esperti valutano le innovazioni e cercano di identificare quelle che vedono le loro prime applicazioni ma non sono ancora diventate di uso comune.
«All’interno del nostro radar abbiamo identificato le digital therapeutics», sottolinea Armeni.
Mette però in guardia sul vero significato di digital therapeutics, che molto spesso non è chiaro.

«Non si tratta di app né di dispositivi. Le digital therapeutics sono interventi medici, che come tali devono essere validati clinicamente e che devono avere un effetto nel trattare, gestire oppure prevenire un insieme di problemi.
Il loro impatto viene misurato nello stesso modo in cui viene misurato quello di un farmaco o un dispositivo, il vettore dell’efficacia, però, in questo caso, è una soluzione digitale».

Nella valutazione della terapia bisogna considerare sia l’efficacia del trattamento sia del vettore usato per somministrare tale trattamento.

Francesco Gabbrielli, direttore Centro Nazionale per la Telemedicina e le Nuove Tecnologie Assistenziali, Istituto Superiore di Sanità, porta l’esempio delle terapie digitali somministrate ai veterani americani che soffrono di patologie psichiatriche. Diversi trial clinici, negli anni, hanno dimostrato che le persone che usano questi software manifestano dei benefici terapeutici.

Qual è la situazione in Italia? Siamo pronti all’uso delle digital therapeutics?
«In Italia attualmente non è prevista né la prescrizione né la rimborsabilità da parte del Servizio Sanitario Nazionale di queste terapie, ma ci stiamo lavorando», racconta Gabbrielli. «Lo scopo del nostro lavoro in Istituto, è di formulare delle ipotesi che ci consentano di seguire la strada della Germania. Abbiamo prima di tutto inserito le terapie digitali tra le tecnologie utilizzabili per la teleriabilitazione (Accordo Stato-Regioni del 18 novembre 2021), poi abbiamo introdotto nei documenti di consensus specialistici il discorso delle terapie digitali».

Per poter usare le terapie digitali, nota Gabbrielli, «bisogna disporre di un’organizzazione sanitaria in grado di accogliere ne miglior modo possibile l’uso di queste tecnologie.
Ogni professione deve riuscire a riadattarsi al nuovo mondo che sta nascendo e che ci prepara alla medicina digitale».

Osserva anche come il punto nodale, la possibile difficoltĂ  da sciogliere, sia di carattere operativo: consiste nel riuscire a gestire in nuovo modo i dati dei pazienti.
Tra le difficoltĂ  riscontrate attualmente cita la tutela della privacy, che, per quanto utile, dovrebbe essere adattata alle necessitĂ  imposte dalle terapie digitali.

«Credo che la legislazione europea sulla tutela dei dati personali sia la più avanzata al mondo. Per rispettarla e lavorare al meglio nella realizzazione di una terapia digitale, penso che il garante della privacy dovrebbe aiutarci nella progettazione dei sistemi, per prevenire la necessità di un’azione repressiva».

Petra Esposito