Sicurezza in ospedale, cosa pensano gli italiani?

Professionalità, competenza, igiene e attenzione sono le parole che per i cittadini italiani dovrebbero essere racchiuse nel concetto di sicurezza sanitaria. È quanto emerge dalla ricerca “Sicurezza del paziente in ospedale”, realizzata da Doxapharma con il contributo incondizionato di Becton Dickinson.
L’indagine è stata condotta su un campione di 750 persone (48% maschi e 52% femmine) e offre uno spaccato su percezione e vissuto degli italiani sul tema della sicurezza applicata alle prestazioni erogate nelle strutture sanitarie.

I dati emersi mostrano un giudizio positivo sulle procedure di sicurezza: l’88% degli intervistati sa che negli ospedali sono presenti protocolli, e questo conferma la fiducia nel sistema, tuttavia 4 italiani su 10 si dicono scettici sulla corretta esecuzione di queste procedure nella pratica quotidiana.

«L’Italia è uno dei Paesi che più si sono adoperati per migliorare la qualità e la sicurezza delle cure ed è uno tra i pochi Paesi ad avere una legge che ha introdotto importanti cambiamenti in questo ambito. Grazie alle pratiche per la sicurezza promosse dal Ministero della Salute, negli ultimi si è verificata in alcune Regioni una riduzione notevole dei casi sentinella, allineando l’Italia ai Paesi europei con la sanità più avanzata, con circa 8 casi su 100.000», dichiara Riccardo Tartaglia, presidente dell’Italian Network for Safety in Healthcare.

Quando si parla di rischio o di eventi avversi in ospedale, quali sono le prestazioni sanitarie più temute dagli italiani?
L’85% degli intervistati si pone il problema della sicurezza durante una prestazione sanitaria o ospedaliera. I prelievi del sangue e gli esami diagnostici sono le prestazioni maggiormente effettuate ma percepite a minore rischio, al contrario di trasfusioni di sangue (45%) e prestazioni di pronto soccorso (30%) che, seppur meno frequenti, risultano a più alto rischio.

Il 52% esprime timore rispetto a un intervento in anestesia generale. Fra i luoghi considerati più sicuri svetta la terapia intensiva (73% degli intervistati), mentre la sala operatoria si attesta al 28%.

«È indubbio che reparti chirurgici, sale operatorie e terapie intensive siano aree ospedaliere nelle quali vige la massima attenzione dal punto di vista igienico-sanitario e di rispetto delle procedure», dichiara Nicola Petrosillo, direttore del Dipartimento Clinico e di Ricerca in Malattie Infettive dell’Istituto Spallanzani di Roma. «Gran parte del lavoro di prevenzione viene effettuato proprio in queste aree: singoli episodi di infezione, talora fatali, non sono la regola. Occorre però un’analisi completa, anche in questi casi, dei possibili errori e di come migliorare la qualità dell’assistenza erogata».

Secondo l’OMS, il 10% dei pazienti in ospedale subiscono un evento avverso correlato alla gestione sanitaria e nel 50% dei casi questi eventi sono prevenibili. In Italia il tasso d’incidenza degli eventi avversi è del 5,2%, con una prevenibilità del 56%, mentre presenta una prevalenza delle infezioni ospedaliere dell’8%, contro una media europea del 6,5%. Ciò che preoccupa è che fino al 50% queste infezioni sono dovute a germi multiresistenti, per i quali le opzioni terapeutiche sono limitate.

«Molti passi avanti sono stati fatti nell’ambito della prevenzione del rischio, ma molto resta da fare per arginare almeno i più frequenti. L’unico studio italiano condotto sugli eventi avversi individua in Italia l’area medica e non quella chirurgica come quella più a rischio: si stima che dal 6 al 12% degli eventi avversi sia generato da errori diagnostici e che circa il 5% si verifichi in ambito ambulatoriale».

Sempre secondo la ricerca Doxa gli italiani sono all’erta sull’igiene e sulla qualità dei materiali e degli strumenti. La preoccupazione è legata a questi aspetti: scarsa igiene della struttura ospedaliera (65%), mancanza di sicurezza di strumenti come aghi o bisturi (62%), mancato controllo delle sacche di sangue per le trasfusioni (61%).

Petrosillo precisa che: «il rischio infettivo legato a prestazioni sanitarie o ospedaliere non è azzerabile, ma può essere ridotto al minimo mediante adeguate misure di prevenzione. Va detto che, a causa dell’invecchiamento della popolazione, i pazienti sono sempre più complessi e quindi sempre più suscettibili alle infezioni in un contesto nazionale in cui c’è larga diffusione di germi multiresistenti nelle strutture assistenziali.
Per quanto riguarda, invece, le preoccupazioni legate alle trasfusioni, il rischio di contrarre un’infezione a seguito di trasfusione di sangue è pressoché nullo, come dimostrato dal sistema di sorveglianza nazionale coordinato dal Centro Nazionale Sangue».

Vi sono aspetti che fanno pensare che le procedure sanitarie siano diventate più sicure negli anni. Le ragioni indicate dagli intervistati sono, in particolare, presenza di macchinari all’avanguardia (22%) e più attenzione verso il paziente (17%).

«L’innovazione, in termini di terapie e dispositivi tecnologici e di personale altamente qualificato, è fondamentale per garantire qualità dell’assistenza, al passo con le conoscenze e in linea con i Paesi più evoluti. L’innovazione deve garantire, oltre che maggiore efficacia, maggiore sicurezza per il paziente e per gli operatori. Un dispositivo efficace nel ridurre complicanze di varia natura a carico del paziente deve essere sicuro anche per l’operatore, evitando pericolose esposizioni e conseguenti danni», conclude Petrosillo.

Infine, dalla ricerca emerge che a preoccupare gli italiani sono ancora i continui tagli al settore sanitario (33%) e la carenza di personale (24%).

«Questi ultimi dati sono veri in parte, essendo l’Italia un Paese con un alto tasso di medici per abitanti e con troppi ospedali per il numero di medici disponibili», conclude Tartaglia. «Sarebbe auspicabile una politica sanitaria che riorganizzi le strutture secondo i volumi di attività e il valore delle cure, ossia sulla base dei risultati ottenuti. In questo senso il Programma Nazionale Esiti (PNE), sviluppato da AGENAS per conto del Ministero della Salute, fornisce a livello nazionale valutazioni comparative di efficacia, sicurezza, efficienza e qualità delle cure prodotte nell’ambito del servizio sanitario».

Cristina Suzzani