Con una nota, Salvatore Manca, presidente nazionale della Società Italiana Medicina di Emergenza-Urgenza, richiama l’attenzione sull’attuale condizione delle Unità di Pronto Soccorso e dei loro operatori.

«Come abbiamo più volte evidenziato», nota Manca, «l’emergenza sanitaria legata alla pandemia ha messo a nudo, amplificandole, criticità del SSN che mettono in crisi soprattutto le Unità Operative di Pronto Soccorso, di Osservazione Breve Intensiva e di Medicina d’Urgenza, che non hanno visto operazioni di adeguamento delle strutture, delle piante organiche e dell’organizzazione nelle UO deputate alla gestione dell’emergenza-urgenza.
È noto che in questa seconda fase pandemica le strutture sono stressate da un eccessivo carico di lavoro, schiacciate tra problemi non risolti sul territorio e problemi dei reparti ospedalieri».

Manca riporta i dati di una recente indagine curata dal Centro Studi SIMEU, dalla quale si evince che ogni giorno circa 12.000 pazienti Covid positivi chiedono assistenza a un Pronto Soccorso e di questi almeno il 10% necessita di immediato trattamento con NIV (ventilazione semintensiva), in attesa di essere trasferito a un reparto specialistico.
Inoltre, il 43% di questi pazienti (circa 5.200) permangono oltre le 24 ore per l’impossibilità di trovare un posto letto nei reparti di degenza, il che significa che in Pronto Soccorso i pazienti Covid-19 vengono accolti, diagnosticati, adeguatamente trattati e molto spesso dimessi per esaurimento dell’iter di cura.
Solo il 21% degli ingressi rimane in Pronto Soccorso meno di 6 ore, standard previsto dal Ministero della Salute per interventi definiti d’emergenza.

Un primo importante passo per superare queste problematiche è sembrato essere l’emanazione del DL n. 34 del 19/05/2020, che negli interventi previsti sulla sanità contiene la disposizione di notevoli finanziamenti per l’adeguamento strutturale delle Unità Operative di Emergenza-Urgenza e per la creazione di nuovi posti letto di Terapia Intensiva e Sub-Intensiva.
Purtroppo, però, questi finanziamenti sono stati scarsamente utilizzati, per cui di fatto poco è concretamente cambiato rispetto alle condizioni di operatività della fase 1.

«Queste carenze, che come SIMEU abbiamo spesso segnalato come disfunzionali anche in tempi pre Covid, sono ora diventate note anche al grande pubblico: l’inadeguatezza strutturale e di dotazione organica delle nostre Unità Operative non ci mette al passo con le esigenze di una moderna Medicina di Emergenza-Urgenza.
Inoltre, alle croniche e spesso gravi insufficienze di medici e infermieri si sono sommate le esigenze legate a una situazione di riconosciuta eccezionalità e la necessità di “sdoppiamento” delle UO di soccorso tra “pulite” e “sporche”.
Percorsi, diagnosi, accoglienza e trattamenti differenziati implicano un grandissimo dispendio di energie per il personale, che era già sottodimensionato prima della pandemia e che non è stato raddoppiato per rispondere alle mutate esigenze di protocollo e per assicurare continuità alle cure e al servizio.
Le istituzioni hanno cercato di fare fronte a questa difficoltà con assunzioni di personale medico neolaureato, di fatto non specializzato e spesso senza esperienza nella gestione di pazienti complessi e dalle casistiche tanto differenziate (da eseguire, peraltro, in tempi rapidissimi) e con una diagnostica avanzata quali quelli che afferiscono alle nostre UO».

I numeri differenti fra prima e seconda ondata

Mai come oggi le competenze degli operatori di Emergenza-Urgenza si sono dimostrate indispensabili e insostituibili per poter gestire in contemporanea l’emergenza Covid e le necessità dei pazienti non Covid, che in questa seconda fase non hanno smesso di fare riferimento al servizio, come invece era accaduto nella scorsa primavera. Si stima siano circa 24.500 al giorno, uno ogni 17 minuti.

«Non è più concepibile dare per scontato lo sforzo di medici e infermieri professionisti dell’Emergenza-Urgenza, che sacrificano molto della loro vita per il loro lavoro, e non si può non riconoscere quanto le nostre strutture siano gravate da richieste di prestazioni che nulla hanno a che vedere con la nostra specialità e competenza e che sottraggono tempo ed energie alla gestione dei casi critici.
Mi giungono numerose le segnalazioni di enormi preoccupazioni da parte di medici e infermieri di Pronto Soccorso sulla gestione del numero e della tipologia di pazienti che ogni giorno afferiscono alle UO. Queste segnalazioni hanno come unico scopo l’analisi finalizzata alla condivisione delle esperienze per poter affrontare al meglio le difficoltà e assicurare la qualità del servizio e delle prestazioni di risposta sanitaria e che invece, purtroppo, vengono spesso strumentalizzate e interpretate in modo pretestuoso da parte di chi dovrebbe invece concretamente essere attivo e decisionale per migliorare lo status dei servizi.
Abbiamo assistito di recente a casi di sanzioni disciplinari nei confronti di colleghi che hanno avuto il coraggio di evidenziare pubblicamente tali criticità.
Come SIMEU vogliamo dare voce ai professionisti dell’emergenza ospedaliera e territoriale che ogni giorno operano in situazioni estremamente complesse, soprattutto per via di limitatezze difficilmente superabili nell’attuale contesto».