SLA, in sperimentazione un nuovo farmaco

Una malattia grave e invalidante, che colpisce ogni anno circa tre persone ogni 100 mila, riducendo significativamente l’aspettativa di vita. È la sclerosi laterale amiotrofica, provocata dalla compromissione dei motoneuroni spinali, bulbari e corticali, che conduce alla paralisi dei muscoli volontari e, nel tempo, anche di quelli respiratori.

Ora contro questa patologia si è, però, accesa una piccola luce di speranza. È stato, infatti, portato a termine uno studio preclinico condotto in vari centri nazionali e internazionali, con il finanziamento dalla Fondazione Arisla.

I presupposti dello studio

Due i presupposti alla base della ricerca. Il primo è l’evidenza che, sebbene la SLA sia considerata una malattia dei neuroni motori, la sola protezione di queste cellule nervose da parte di un singolo farmaco bersaglio non è sufficiente per migliorare il decorso patologico. Il secondo è il fatto che una parte rilevante dei pazienti mostra un ipermetabolismo, un’alterazione metabolica che, insieme con una diminuzione dell’indice di massa corporea, è in genere correlata a una prognosi peggiore.

Trimetazidina, un farmaco anti-ischemico

Da qui l’idea di provare a impiegare la trimetazidina, un farmaco anti-ischemico già utilizzato per il trattamento della cardiopatia coronarica. Come modulatore, questa molecola è, infatti, in grado di migliorare il metabolismo del glucosio.

Inoltre, potenzia il metabolismo mitocondriale e favorisce la rigenerazione dei nervi, esercitando un effetto antinfiammatorio e antiossidante, potenzialmente utile a rallentare il decorso della malattia.
Nel corso dell’esperimento è stato trattato, a partire dall’insorgenza della patologia, un gruppo di topi con trimetazidina per via orale, solubilizzata in acqua alla dose di 20 milligrammi per chilo.

I ricercatori hanno poi valutato l’effetto del medicinale sulla progressione della malattia, studiando parametri metabolici, forza di presa, alterazioni istologiche nel muscolo scheletrico, nel nervo periferico e nel midollo spinale.

I risultati

Dall’analisi è emerso che la somministrazione del principio attivo ritarda il declino della funzione motoria, migliora le prestazioni muscolari e il metabolismo, estende significativamente la sopravvivenza globale degli animali, con un aumento di 16 giorni per i maschi e di 12,5 per le femmine.

Inoltre, previene lo smantellamento delle giunzioni neuromuscolari, attenua la perdita dei motoneuroni e riduce la neuroinfiammazione nel midollo spinale e nei nervi periferici.

Anche a partire da questi risultati, i ricercatori dell’Università di Queensland, in Australia, hanno disegnato uno studio clinico pilota per verificare la sicurezza del farmaco negli assistiti.

La voce di ricercatori e pazienti

«Da anni il nostro laboratorio si occupa dei meccanismi molecolari alla base delle disfunzioni metaboliche precoci nella Sla», ha spiegato Alberto Ferri, ricercatore dell’Istituto di farmacologia traslazionale del CNR e responsabile del Laboratorio di neurochimica della Fondazione Santa Lucia Irccs di Roma, uno dei centri in cui si è svolta la sperimentazione. «L’obiettivo che ci siamo posti è identificare nuovi potenziali approcci terapeutici promuovendo sia lo sviluppo di nuovi farmaci, sia l’impiego di medicinali già approvati per altre indicazioni».

«Questo studio ha prodotto risultati importanti», ha commentato Mario Melazzini, presidente della Fondazione Arisla. «Siamo consapevoli dell’urgente bisogno terapeutico delle persone che combattono contro la malattia, ma ora è necessario rispettare i tempi della ricerca, affinché si possano valutare con attenzione la sicurezza e l’efficacia dell’approccio. Il nostro impegno è quello di continuare a investire con l’obiettivo di ottenere ulteriori risultati utili alla sconfitta della patologia».

Paola Arosio