
È stato pubblicato sul Journal of Clinical Oncology lo studio Long-Term Results of the FOLL05 Trial Comparing R-CVP Versus R-CHOP Versus R-FM for the Initial Treatment of Patients With Advanced-Stage Symptomatic Follicular Lymphoma (Luminari, Ferrari et al.), firmato da specialisti dell’UO di Ematologia dell’Arcispedale Santa Maria Nuova e dell’Università di Modena e Reggio Emilia.
Focus dello studio sono il linfoma follicolare e l’efficacia a lungo termine dei trattamenti messi in atto all’insorgere della malattia. Alla realizzazione della ricerca, avviata nel 2005, ha contribuito anche la Fondazione Grade Onlus. I pazienti coinvolti sono stati 504, tutti con linfoma follicolare in stadio avanzato; tre i metodi immuno-chemioterapici messi a confronto e basati su chemioterapia e immunoterapia con l’anticorpo monoclonale Rituximab: R-CVP (con ciclofosfamide, vincristina e prednisone), R-CHOP (con ciclofosfamide, vincristina, prednisone e doxorubicina) e R-FM (con fluradabina e mitoxantrone).


L’analisi dei risultati ottenuti ha permesso di evidenziare alcuni aspetti: il trattamento immuno-chemioterapico consente un sopravvivenza complessiva molto alta, pari a circa l’83% a 8 anni dalla diagnosi, senza differenze fra i tre trattamenti; questi ultimi si differenziano per percentuali di recidive ed effetti collaterali dovuti alla tossicità. In particolare, il trattamento R-CVP presenta un rischio di progressione del linfoma maggiore degli altri, così come una probabilità maggiore di richiedere un’altra terapia. È quindi meno efficiente.
Allo stesso tempo, i ricercatori hanno osservato nei pazienti una più alta probabilità di morire per cause diverse dal linfoma con la terapia R-FM.
Come in un precedente studio, la terapia R-CHOP sembra essere quella con il miglior rapporto rischio/beneficio per i pazienti.
Francesco Merli, direttore dell’UO di Ematologia dell’Irccs di Reggio Emilia e coautore dello studio, ha dichiarato: «questo studio fornisce importanti osservazioni utili per gli specialisti e per i pazienti e probabilmente contribuirà ad aggiornare le linee guida nazionali e internazionali. In particolare, i medici con i nuovi dati a disposizione sono esortati a discutere con il paziente le diverse opzioni terapeutiche e a considerare nella scelta del trattamento anche il rischio di effetti collaterali acuti o ritardati. Lo studio si aggiunge ad altre osservazioni analoghe che sostengono l’utilità che tutti i pazienti trattati con linfoma follicolare vengano sottoposti a controlli periodici ben oltre il classico periodo di 5 anni».
Stefania Somaré