Telemedicina nei LEA, si punta sul PNRR

In Italia, sul versante della telemedicina è stato determinante l’impatto della pandemia, ma siamo solo agli inizi.
Al Congresso della Società Italiana di Telemedicina, si è cercato di fare il punto sulla situazione.
Fondamentali saranno i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per garantire livelli essenziali di accesso in tutte le Regioni e per tutte le patologie.

La pandemia da Covid-19, unitamente alle restrizioni imposte dai Governi volte a contenere il contagio che hanno determinato il progressivo venir meno delle visite in presenza, ha comportato un’accelerazione senza precedenti nell’utilizzo e nella conoscenza della telemedicina, anche se in molti casi si è trattato, più semplicemente, di elementi di base: dalla dematerializzazione della ricetta alle videochiamate a scambi di mail, messaggistica e WhatsApp con il proprio medico, lasciando questo potenziale universo a uno stadio ancora estremamente acerbo, con grande frammentazione di esperienze e disparità di accesso alle cure tipiche del regionalismo sanitario nostrano.

È questo, in sintesi, il quadro emerso in occasione della tavola rotonda: «I punti di vista di Ricerca, Istituzioni, Management Sanitario e Componenti Sociali per un approccio efficace all’implementazione della Telemedicina», promossa da Siemens Healthineers in occasione del Congresso 2021 della Società Italiana di Telemedicina, svoltosi online il 22 e 23 ottobre scorsi.

«Purtroppo, In Italia, solo con la pandemia esplosa nel 2020 siamo passati da una visione banale della telemedicina, che la relegava a un utilizzo meramente amministrativo, alla comprensione del suo ruolo potenziale di arma utile a migliorare l’efficacia e la sostenibilità del sistema sanitario», ha evidenziato Antonio Vittorino Gaddi, presidente della SIT. «Ora che abbiamo compreso il potenziale di questo strumento, occorre saperlo governare».

Un sistema che richiede rapida e robusta implementazione

La situazione del nostro Paese è ancora estremamente arretrata rispetto all’utilizzo della telemedicina. Appare dunque importante procedere verso la costruzione di un sistema di telemedicina a livello nazionale, che sia robusto e garantisca equità di accesso.

«Inoltre, non dobbiamo dimenticare che siamo solo all’inizio di una nuova era della medicina, in cui cambierà profondamente il modo di gestire i dati delle persone, ancor prima che si ammalino. Dati che non sono solo clinici e che provengono da fonti diverse.

Avremo sempre più a disposizione enormi quantità di dati per ogni singola persona. E prenderà piede anche un nuovo modo di concepire lo studio del corpo umano.
Le innovazioni di telemedicina devono essere valutate con la sperimentazione clinica secondo il modello dell’Evidence Based Medicine, che però presenta dei limiti se applicato alle soluzioni digitali.
Tale modello dovrà, quindi, essere superato da un metodo di ricerca delle evidenze più evoluto», ha sottolineato Francesco Gabbrielli, direttore del Centro Nazionale per la Telemedicina e le Nuove Tecnologie Assistenziali dell’Istituto Superiore di Sanità.

Superare le differenze regionali anche grazie al PNRR

Alla fine del 2020 sono state pubblicate le “Indicazioni nazionali per l’erogazione di prestazioni in telemedicina”. Ciò nonostante, sono rimaste profonde differenze tra le diverse regioni nell’adempimento delle succitate indicazioni, determinando, di conseguenza, marcate disparità nell’accesso alle cure.
Il PNRR ha stanziato un miliardo di euro a favore della telemedicina.

«Serviranno interventi innovativi di governance. Pur essendo regolate e tariffate al pari delle omologhe prestazioni tradizionali, le prestazioni di telemedicina hanno bisogno di essere riconosciute nei LEA affinché siano garantite in modo equo su tutto il territorio nazionale», ha ribadito Tonino Aceti, Presidente di Salutequità.

Verso un nuovo modello di SSN che non può trascurare la telemedicina

L’esperienza pandemica ha portato ad un radicale ripensamento del sistema sanitario nazionale, oggi attuabile anche grazie alle risorse finalmente stanziate in favore della sanità che – come mai in precedenza – ha mostrato di essere un tassello nodale per la stabilità e l’economia del sistema paese.

In questo nuovo scenario, grande importanza è stata assegnata alla medicina territoriale, all’innovazione e alla digitalizzazione dei servizi. In questo quadro la telemedicina assume una nuova centralità anche in termini di sostenibilità del sistema.

Inoltre, come sottolineato da Tommaso Trenti, presidente della Società Italiana di Biochimica Clinica e Biologia Molecolare Clinica – Medicina di Laboratorio (SIBioC), «sovente ci si trova con enormi quantità di dati in assenza di un referente cui comunicarli. Non ci relazioniamo né con il medico di medicina generale né con lo specialista e quindi referti anche complessi vengono consegnati direttamente al paziente».
Un ulteriore punto che potrebbe essere superato dalla telemedicina e dal teleconsulto.

Elena D’Alessandri