Tomografia a impedenza elettrica

In occasione del Congresso ICARE Siaarti, svoltosi in ottobre a Roma, Dräger ha rivolto alcune domande alla professoressa Gilda Cinnella, direttrice della Struttura Complessa Universitaria di Anestesia e Rianimazione del Policlinico Riuniti di Foggia, sulla tomografia a impedenza elettrica (EIT) e sul suo utilizzo nella pratica clinica e in tempi di pandemia.

«Negli ultimi due anni, l’EIT è stata ampiamente usata, con ottimi risultati, grazie anche a un’evoluzione del tomografo con nuove funzionalità che consentono un impiego sempre più vasto e importante. Oggi si può contare su un numero maggiore di dati, che vengono abbinati automaticamente e in tempo reale ai parametri relativi all’ossigenazione, mettendo a disposizione del medico informazioni complete e tempestive, già nel corso della visita al paziente».

Quindi, la situazione oggi è diversa rispetto a quella di qualche anno fa?
«Certo: la tomografia a impedenza elettrica si è dimostrata estremamente utile ed è entrata più facilmente nella pratica clinica quotidiana. Due anni fa non era in dotazione a molti centri e chi possedeva questo apparecchio riteneva che potesse essere utilizzato soprattutto in Terapia Intensiva e a scopo di ricerca, per selezionare ed effettuare valutazioni cliniche su determinate categorie di pazienti. Ma proprio chi lo ha usato per motivi di ricerca ha dimostrato che l‘EIT può essere utilizzato non solo in rianimazione ma anche in sala operatoria, dando un contributo notevole direttamente al letto del paziente, senza dovere aspettare l’elaborazione dei dati o i risultati di indagini che potrebbero essere più lunghe».

Quali sono state le ripercussioni alla luce della situazione pandemica con la quale conviviamo da quasi due anni?
«Nei mesi in cui la pandemia da Covid è stata più aspra, ci siamo resi ancora più conto di quanto fosse importante disporre di apparecchiature non invasive per evitare infezioni ai pazienti e in questo la tomografia a impedenza elettrica si è dimostrata molto efficace.

Fortunatamente lo stanziamento da parte dello Stato di risorse economiche per combattere
il virus ha consentito a molti ospedali di acquistare queste apparecchiature, che oltretutto hanno un costo ragionevole, se comparato con la qualità delle informazioni che forniscono. Inoltre, alcuni dei dispositivi in commercio, non utilizzando materiali di consumo, possono anche essere definiti green in quanto non creano rifiuti. L’unico elemento che periodicamente deve essere sostituito sono le cinghie, che con il tempo si usurano».

Quanto alle criticità riscontrate, «l’unico vero problema sono i pazienti obesi, sia perché sono pesanti da sollevare per mettere le cinghie sia perché può capitare che la misura
delle cinghie stesse sia insufficiente a cingere il malato. È un problema
che abbiamo riscontrato in misura inattesa: d’altro canto, l’obesità è una
patologia che espone particolarmente chi ne è affetto a contrarre malattie
e disturbi».

Infine, la formazione: sappiamo che è un argomento al quale tiene
particolarmente…
«Non ha senso avere in dotazione una macchina senza saperla usare.
Per di più, l‘EIT è un apparecchio che si impara facilmente e
rapidamente, sia per quanto riguarda il funzionamento, sia per la lettura
e l’analisi dei dati. Si possono organizzare corsi on line, webinar, e
successivamente sessioni in presenza, per la parte pratica, al letto del
paziente o con un manichino simulatore».