Trapianto a cuore fermo: un aiuto dalle tecniche di perfusione

Luciano De Carlis

Le liste d’attesa per chi è in attesa di trapianto d’organo sono fitte. In Europa una pratica che aiuta a ridurre questo problema è la donazione a cuore fermo (DCD, Donation after Circulatory Death), pratica che però è resa difficile nel nostro Paese, dove per poter dichiarare la morte cardiaca di un individuo occorre attendere 20 minuti in assenza di battito cardiaco, come indicato dalla legge n.578 del 29 dicembre 1993.

In tale lasso di tempo, però, i vari organi avviano il processo di necrosi, motivo per cui teoricamente non sarebbero adatti al trapianto. Eppure c’è chi, da tempo, ha trovato il modo di utilizzare la DCD.

Tra questi, il Centro Trapianti dell’ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda di Milano, dove negli ultimi 3 anni sono stati eseguiti 25 interventi di trapianto con questa tecnica, praticamente la metà di tutti quelli effettuati in Italia nello stesso periodo.

Il trucco sta in un uso adeguato dell’ECMO, la circolazione extracorporea, sul paziente ormai dichiarato deceduto. Passati i 20 minuti richiesti dalla legge, quindi, il paziente viene attaccato alla ECMO in modo da riportare sangue ai suoi organi e mantenerli vitali per tutto il tempo necessario a verificarne la possiblità di utilizzo.

Gli organi che superano i test vengono prelevati e posti in un sistema di perfusione che li rigenera ulteriormente.

Luciano De Carlis, direttore della UO di Chirurgia Generale e dei Trapianti dell’Ospedale Niguarda, spiega: «con queste procedure speciali abbiamo superato il limite dei 20 minuti di arresto cardiaco e i risultati ci dicono che gli organi che vengono trapiantati con questi accorgimenti danno migliori risultati in termini di ripresa funzionale.

È quanto emerge dal confronto con i casi di trapianto DCD realizzati all’estero, dove il tempo necessario ad accertare la morte è più breve e il ricorso ai macchinari di riperfusione non è una necessità stringente. Alla luce di questi esiti migliori, però, anche i colleghi all’estero stanno allargando l’utilizzo di questo tipo di trattamento combinato che, con queste tempistiche, ha una paternità tutta italiana. Vale la pena ricordare che la donazione a cuore fermo, se sviluppata con impegno e attenzione, può contribuire anche in Italia ad aumentare in modo significativo le possibilità di trapianto».

Ovviamente esiste un protocollo da seguire per poter effettuare la DCD, che deve comunque tenere conto del consenso alla donazione del paziente.