Tumore al seno, studio IEO supporta la chirurgia conservativa dei linfonodi ascellari

Tumore al seno

Il tumore al seno metastatico colpisce meno del 10% delle donne con carcinoma mammario, ma interessa comunque migliaia di donne. Via di propagazione, i linfonodi dell’ascella e le vie linfatiche. Proprio per questa ragione, sono molte le donne che si vedono asportare, insieme al seno malato, anche i linfonodi dell’ascella interessata.

Questa procedura, ben motivata, produce però una serie di problematiche al braccio, compreso il linfedema: senza i linfonodi i canali linfatici del braccio non funzionano più al meglio e si hanno quindi gonfiori estesi, dolore e difficoltà di movimento. Ma come si fa a decidere se è il caso o meno di asportare i linfonodi? Ci si basa sulla biopsia del linfonodo sentinella, il primo dei linfonodi della rete linfatica che si dirama dalla ghiandola mammaria e quindi il primo a venire interessato dalla presenza di cellule tumorali metastatiche “in partenza”.

Questa struttura viene comunemente individuata attraverso la linfoscintigrafia in fase preoperatoria, ma in alcuni casi resta nascosto. Secondo alcuni studi recenti la mancata visualizzazione del linfonodo sentinella è indice di un avvio di metastasi e darebbe quindi al chirurgo indicazione di procedere con l’asportazione.

Non tutti sono d’accordo, però. Un gruppo di ricerca dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano ha quindi condotto uno studio per capire come è meglio comportarsi quando non si riesce a individuare il linfonodo sentinella. 30.508 le pazienti coinvolte tra il 2000 e il 2017.

Scopo dello studio, capire cosa succede se si effettua individuazione e analisi di questo linfonodo direttamente in sala operatoria.

Francesca Magnoni

Spiega bene lo studio la dottoressa Francesca Magnoni, chirurgo senologo IEO e prima firma del lavoro: «abbiamo applicato durante l’intervento una procedura già nota di Medicina Nucleare che permette di identificare il linfonodo sentinella grazie al segnale, rilevabile da una sonda, del tracciante radioattivo iniettato in corrispondenza della ghiandola mammaria. Il tracciante segue lo stesso percorso delle cellule tumorali attraverso il sistema linfatico e come loro si posiziona nel primo linfonodo che incontra: il linfonodo sentinella.

Il nostro studio ha evidenziato che su un totale di 30.508 pazienti, all’interno del gruppo di 525 (1.7%) in cui il linfonodo sentinella non è stato identificato durante la linfoscintigrafia, in 385 (73%) è stato visualizzato successivamente in fase intra-operatoria. In quest’ultimo sottogruppo ben 280 (72.7%) avevano un linfonodo sentinella negativo e dunque il chirurgo non ha eseguito la dissezione ascellare. In conclusione, abbiamo dimostrato che oltre la metà delle pazienti in cui il linfonodo sentinella non è visualizzabile, non ha metastasi ascellari e può evitare lo svuotamento dell’ascella».

I risultati di questo studio danno una importante indicazione: è possibile estendere la chirurgia conservativa e preservare la funzione del braccio in moltissime donne.

Paolo Veronesi, direttore del Programma Senologia IEO e coautore dello studio, sottolinea l’importanza della «tutela dell’immagine corporea di ogni donna che è un valore che guida le nostre scelte cliniche e di ricerca. Milioni di donne nel mondo hanno evitato un intervento non necessario di dissezione ascellare grazie alla procedura del linfonodo sentinella che qui è stata messa a punto e sperimentata alla fine degli anni ‘90.

Questo nuovo studio eviterà la dissezione ad altre migliaia e migliaia di donne. È inoltre una dimostrazione di come la cura, anche chirurgica, del tumore del seno è sempre più personalizzata, grazie alla multidisciplinarietà e la disponibilità di tecnologie avanzate».

Il tumore al seno è il primo, per incidenza, a colpire la donna ed è anche uno dei più studiati e per i quali si stanno identificando strategie di cura in grado di cronicizzare la malattia e permettere alla donna di tornare alla propria vita. Non a caso è uno dei tumori per i quali la sopravvivenza a 5 anni non è più sufficiente a descrivere i risultati del percorso terapeutico perché sono moltissime le donne che vivono 10 e più anni oltre l’evento patologico. È altresì vero che la ricerca si concentra soprattutto sui primi stadi della malattia, su una diagnosi precoce e un inizio di intervento mirato e repentino.

Pochi gli studi che invece indagano il carcinoma metastatico, la forma più grave di tumore e quindi anche quella più difficile da curare. Secondo dati dell’AIRC, “solo il 7 per cento di tutte le pubblicazioni dedicate al tumore mammario si focalizza sulla malattia metastatica, a dimostrazione di come l’attenzione per questo problema sia ancora piuttosto bassa” (https://www.airc.it/news/tumore-al-seno-laltra-faccia-della-malattia). Un aspetto da tenere in considerazione.

(Lo studio: Magnoni F, Corso G, Gilardi L, Pagan E, Massari G, Girardi A, Ghidinelli F, Bagnardi V, Galimberti V, Grana CM, Veronesi P. Does failed mapping predict sentinel lymph node metastasis in cN0 breast cancer? Future Oncol. 2022 Jan;18(2):193-204. doi: 10.2217/fon-2021-0470. Epub 2021 Dec 9. PMID: 34882010)

Stefania Somaré