Tumore alla prostata, sorvegliato speciale

Valdagni
Riccardo Valdagni parla di tumore alla prostata e sorveglianza attiva

Non in tutti i casi di tumore alla prostata diagnosticati è necessario intervenire con le terapie radicali standard, chirurgia, radioterapia e brachiterapia non scevre da effetti collaterali importanti per il paziente: disfunzione erettile, incontinenza, sanguinamento rettale e urinario.
«In caso di tumori indolenti la sorveglianza attiva è il trattamento più appropriato» ha affermato Riccardo Valdagni (nella foto), direttore del Team Clinico Multidisciplinare della Prostate Cancer Unit, nell’ambito della Giornata della Ricerca svoltasi lo scorso 15 aprile all’Istituto Nazionale dei Tumori a Milano.
Dal 2005 l’Istituto Nazionale dei Tumori propone la sorveglianza attiva ai pazienti in classi di rischio basso e molto basso, con caratteristiche molto favorevoli e con un’evoluzione clinica molto lenta. Nel 2005 è partito il primo protocollo Sain, inserito nelle linee guida diagnostico-terapeutiche istituzionali. Nel settembre 2007 il team italiano si è associato allo studio multicentrico internazionale Prias (Prostate Cancer Research International Active Surveillance), il più ampio studio di sorveglianza attiva che finora ha incluso più di 4500 pazienti.
Ma cosa significa si intende per “sorveglianza attiva”? Quali garanzie per i pazienti? Indicazioni nella videointervista al dottor Riccardo Valdagni.

Tiziana Azzani