Tumore alla tiroide, termoablazione inserita nelle linee guida

Circa il 3-4% dei tumori umani interessano la tiroide. Questi colpiscono prevalentemente donne tra i 40 e i 60 anni e comunque l’incidenza nelle donne è oltre 3 volte maggiore rispetto agli uomini: 15-18 casi ogni 100.000 abitanti contro 5.
In molti casi i tumori alla tiroide sono piccoli, restano limitati alla ghiandola perché poco attivi e crescono anche lentamente: caratteristiche che portano spesso i clinici a optare per una strategia di attesa e osservazione, piuttosto che su un intervento chirurgico invasivo.

E se si potesse trattarli senza aprire la ghiandola? Probabilmente, si preferirebbe eliminare le masse piuttosto che rischiare che evolvano in qualcosa di più pericoloso.

Ebbene, la termoablazione potrebbe essere una risposta. Già sperimentata presso l’Istituto Europeo di Oncologia, questa tecnica si è guadagnata le pagine dello European Thyroid Journal con un documento elaborato presso IEO in collaborazione con il Dipartimento di Endocrinologia e Metabolismo dell’Ospedale Universitario di Odense, in Danimarca, e dell’Arcispedale Santa Maria Nuova Irccs-ASL di Reggio Emilia e con l’Unità Tiroide dell’American Hospital di Parigi, in Francia.

Si tratta di vere e proprie linee guida, «una pietra miliare per la diffusione dei trattamenti mininvasivi nel trattamento dei pazienti con tumore della tiroide, oltre a essere un grande riconoscimento per l’Italia e per l’Istituto Europeo di Oncologia, ancora una volta leader nel mondo nel campo della ricerca sui trattamenti mininvasivi in ambito oncologico», dichiara Giovanni Mauri, radiologo della Divisione di Radiologia Interventistica dello IEO, ricercatore presso l’Università degli Studi di Milano e primo autore del lavoro.
Mauri è stato anche tra i primi a utilizzare la termoablazione in questo contesto: ecco perché è stato chiamato dalla European Thyroid Association e dalla Cardiovascular and Interventional Society of Europe a guidare il gruppo che ha elaborato le linee guida.

Nell’abstract del documento, comunque ad accesso libero, si legge che le procedure con termoablazione nell’adulto sono in aumento, in quanto ben tollerate. Tuttavia, è necessario procedere con la formazione degli operatori, che devono conoscere e condividere con i pazienti informazioni relative a possibili complicanze.
Occorre inoltre sapere quanto la termoablazione è davvero efficace per il trattamento dei tumori benigni della tiroide: secondo il documento, questa tecnica produce una riduzione del nodulo tiroideo con miglioramento dei sintomi se questo è un tumore solido non iperattivo.

Occorre essere coscienti che il nodulo potrebbe riformarsi, quindi occorre effettuare controlli ben scanditi nel tempo e, in caso di recidive, decidere se ripetere il trattamento termoablativo o se rivolgersi invece alla chirurgia. Una decisione che deve prevedere anche l’opinione del paziente.
Quando il tumore non è benigno ma classificabile come “nodulo tossico autonomo funzionante (AFTN)”, la via d’elezione è la terapia con iodio radioattivo, ma si può pensare di prendere in considerazione la termoablazione, in particolare in presenza di pazienti giovani e di un tumore di piccole dimensioni.

Nel caso di noduli incistati il trattamento più efficace ed economico è l’ablazione con etanolo, ma in caso di recidiva si può prendere in considerazione la termoablazione.
In linea generale, conclude l’abtract, la termoablazione è un’opzione valida in caso di tumore benigno che dà sintomi o problemi estetici. Tuttavia, l’uso di questa tecnica si può valutare anche in presenza di tumori più aggressivi, anche metastatici, che però non si possono trattare chirurgicamente.

(Lo studio: Papini E, Monpeyssen H, Frasoldati A, Hegedüs L: 2020 European Thyroid Association Clinical Practice Guideline for the Use of Image-Guided Ablation in Benign Thyroid Nodules. Eur Thyroid J 2020;9:172-185. doi: 10.1159/000508484)

Stefania Somaré