Uso consapevole degli antibiotici

In occasione della settimana mondiale dedicata alla sensibilizzazione sull’uso degli antibiotici (18-24 novembre), la Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia invita ad aumentare l’attenzione sull’impatto delle infezioni resistenti sui malati di cancro.
In Italia ogni anno almeno 11 mila persone perdono la vita a causa di questa emergenza e tra i pazienti oncologici la mortalità è tre volte più alta rispetto al resto della popolazione.

La diagnosi precoce e l’avvento di nuove terapie hanno fatto crescere progressivamente la sopravvivenza dei malati di cancro nel nostro Paese. Nello specifico, il 65 per cento delle donne e il 59,4% degli uomini risulta vivo a cinque anni dalla diagnosi. Dati incoraggianti, che nel futuro prossimo rischiano però di essere smorzati da due fattori. Uno noto e già da tempo “agitato” dalla comunità scientifica è un effetto indiretto della pandemia da Covid-19, con l’incremento di diagnosi tardive e dunque di malattie più difficili da curare.

L’altro – più subdolo, ma non per questo meno rilevante – è l’impatto che rischiano di avere le infezioni nel momento in cui l’efficacia degli antibiotici è messa a repentaglio dalla resistenza sviluppata nei loro confronti da molti microrganismi.

Un’emergenza globale, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, su cui la Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (FAVO) vuole mantenere alta l’attenzione proprio nella settimana mondiale dedicata alla consapevolezza sull’utilizzo degli antibiotici 2022.

«Visti gli effetti crescenti di questa problematica sui pazienti oncologici, riteniamo che questo sia il momento di incrementare l’informazione e la formazione sulle conseguenze della mancata efficacia di molti di questi farmaci anche nella cura dei tumori – afferma Davide Petruzzelli, membro del Comitato Esecutivo di FAVO e Coordinatore del Gruppo di Lavoro sulle neoplasie ematologiche -. Un impegno che assolviamo da anni, come federazione delle associazioni di pazienti. Ma chiediamo che al nostro fianco ci siano anche le istituzioni sanitarie: per sensibilizzare tanto i medici quanto i pazienti e i loro caregiver».